Benny Gantz

Guerra in Ucraina: aumenta la pressione diplomatica su Israele

Mondo

di Francesco Paolo La Bionda
Martedì 18 ottobre il governo ucraino ha inviato a Israele una richiesta ufficiale chiedendo di inviargli sistemi di difesa aerea, come l’Iron Dome, per proteggersi dalla pioggia di missili e droni di fabbricazione iraniana che la Russia sta riversando sulle infrastrutture ucraine, in particolare quelle energetiche. Nella missiva, l’Ucraina ha sottolineato che l’esperienza che gli iraniani stanno acquisendo con l’utilizzo sul campo delle loro armi gli permetterà di fare progressi nella loro fabbricazione, aumentando i rischi per lo Stato ebraico.

Il giorno dopo, il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz ha risposto pubblicamente annunciando che il paese non avrebbe fornito sistemi di armamento a Kiev, pur dicendosi disponibile a inviare invece sistemi di allerta missilistica, assieme ad altri dispositivi salva-vite. La decisione è arrivata dopo che il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitri Medvedev aveva avvertito che se Gerusalemme avesse fornito armi agli ucraini, le relazioni bilaterali con Mosca sarebbero state irrimediabilmente compromesse.

Un difficile equilibrio diplomatico, fra Russia e occidente

Fin dall’inizio del conflitto nell’Europa orientale, Israele si è trovata in una posizione difficile, dettata dalla necessità di mantenere relazioni funzionali sia con lo schieramento occidentale sia con i russi.

La delicatezza del rapporto con Mosca non è dettata solo dalla presenza nello Stato ebraico di un milione di immigrati russofoni e dei loro discendenti, arrivati in massima parte dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, ma anche dallo schieramento militare russo in Siria, dove il Cremlino supporta il regime di Bashar al-Asad con migliaia di truppe.

In particolare, a preoccupare Gerusalemme è la possibilità che la Russia utilizzi i suoi sistemi di difesa aerea per abbattere gli aerei militari israeliani che regolarmente colpiscono le milizie iraniane e quelle loro alleate, incluso Hezbollah, in territorio siriano. Nonostante anche Teheran sia alleata di Damasco, Mosca ha finora permesso a Israele di colpire i pasdaran senza intervenire, anzi coordinandosi con l’aviazione israeliana per evitare incidenti. Eventualità che se dovesse cambiare potrebbe consentire all’Iran di stabilire una presenza incontestata al confine stesso di Israele.

Allo stesso tempo, i rapporti strettissimi con gli Stati Uniti e l’occidente hanno richiesto che Gerusalemme prendesse posizione almeno sulla carta. Così, già il 25 febbraio scorso, con l’Ucraina appena invasa, l’allora ministro degli Esteri israeliano Lapid aveva condannato formalmente le azioni di Mosca. Parole a cui hanno fatto seguito, ad aprile, le condanne per i crimini di guerra commessi dai russi e a settembre quella per la mobilitazione dei riservisti.

Mosca non risparmia le minacce

Dal canto sua la Russia ha reagito a ogni mossa dello Stato ebraico in favore dell’Ucraina con minacce più o meno esplicite all’estero e soffiando sul fuoco dell’antisemitismo in patria. Così, dopo il pronunciamento di Lapid a febbraio, il Cremlino ha risposto condannato l’annessione delle alture del Golan da parte di Israele. Riferimento significativo dato che l’alleato siriano di Mosca rivendica ancora come suoi quei territori.

Ma la Russia ha giocato anche la carta dell’antisemitismo, sia aumentando la retorica contro gli ebrei nei media filogovernativi sia con uscite sconvolgenti come quando a maggio il ministro degli Esteri Lavror, intervenuto durante una puntata di Zona Bianca su Rete4, rispolverò la vecchia teoria priva di fondamento delle radici ebraiche segrete di Hitler.

Infine, Mosca usa come ostaggi gli ebrei russi, che a decine di migliaia si stanno già preparando a emigrare in Israele.  A luglio, sulla base di una nuova legge è stata ordinata la chiusura della filiale locale dell’Agenzia ebraica, l’ong che si occupa appunto dell’emigrazione ebraica in Israele. La vicenda è finita in tribunale e la serrata è stata per ora posticipata.

La collaborazione russo-iraniana testa la pazienza israeliana

La decisione di Mosca di rifornirsi di armi iraniane, sebbene inutilmente negata da Teheran, ha però messo alla prova la prudenza e la pazienza di Gerusalemme. A peggiorare il quadro dal punto di vista israeliano è la presenza, secondo fonti statunitensi, di addestratori iraniani in Crimea, dove avrebbero insegnato alle truppe russe a utilizzare i droni kamikaze da lanciare contro i bersgali ucraini.

Il 20 ottobre l’attuale primo ministro israeliano Yair Lapid è intervenuto con decisione sul tema, dichiarando durante una conferenza stampa che la cooperazione tra Russia e Iran rappresenta un “serio problema non solo per Israele, ma anche per l’Ucraina, l’Europa e il mondo intero”.

Parte di Israele e del mondo ebraico chiede una presa di posizione netta

Non tutti in Israele, dove l’opinione pubblica è schierata in maggioranza a favore dell’Ucraina, e nelle comunità ebraiche si trovano d’accordo con l’equilibrismo diplomatico di Gerusalemme. Diverse personalità hanno pubblicamente chiesto una presa di posizione netta a favore dell’Ucraina e dell’Occidente, esponendo motivazioni sia morali sia strategiche.

Il noto filosofo Bernard-Henri Lévy, ebreo francese, il 19 ottobre ha dichiarato che Israele dovrebbe supportare “incondizionatamente” l’Ucraina, dato che entrambi i paesi affrontano avversari, peraltro in combutta, che vogliono negarne la legittimità come nazione.

Il giorno dopo in Israele invece, Alon Liel, che è stato direttore generale del ministero degli Esteri israeliano, ha definito quello dello Stato ebraico “un tradimento dell’Occidente”, aggiungendo che se il conflitto in Ucraina dovesse finire con una vittoria occidentale, la posizione di neutralità israeliana sarà ricordata negativamente.

 

(Foto: Wikipedia)