La strada per Damasco

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Soltanto un paio di anni fa Bashar Assad era dato per spacciato. Ehud Barak in persona ne aveva previsto la caduta entro poche settimane, e con lui le migliori menti dell’intelligence militare e civile. Come e’ possibile dunque che questo oftalmico dotato di scarso carisma e di nessuna esperienza politica sia ancora in grado di gestire una guerra civile che insanguina il paese da più di due anni ed è costata decine di migliaia di vittime? In che modo Assad (che in arabo significa ‘leone’) riesce a cavalcare la tigre della rivolta popolare? E’ convinzione diffusa che finchè Assad riuscirà a controllare l’esercito e i servizi di sicurezza e mantenere dei buoni rapporti con l’élite sunnita, le sue probabilità di sopravvivenza siano considerevoli; tutto questo senza contare il supporto politico e militare che riceve da Russia e Cina. Israele per il momento cerca di tenersi fuori il più possibile ma i margini di manovra si assottigliano ogni giorno di più. I tentativi di fare arrivare via terra sistemi missilistici russi sofisticati alle milizie di Hizballah in Libano non lasciano molte scelte all’esercito israeliano che in casi del genere ha già distrutto perlomeno un paio di convogli. Anche il presidente siriano si è visto costretto a reagire non solo a parole dopo il secondo attacco aereo avvenuto nella periferia di Damasco ordinando alle sue truppe di aprire il fuoco contro una pattuglia motorizzata di Zahal. In aggiunta la Siria ha puntato tutta una serie di batterie missilistiche verso Tel Aviv e dintorni. Il messaggio di Bashar è chiaro: c’è un limite oltre il quale non intendo transigere, e si avvicina sempre di più, la corda è ormai tesa al massimo e potrebbe spezzarsi da un momento all’altro. Gia’ adesso il presidente siriano dichiara sempre più palesemente che dietro la rivolta popolare c’e’ lo zampino delle potenze occidentali e di Israele. In un filmato video trasmesso la settimana scorsa dalla TV siriana si vede una jeep israeliana colpita durante degli scontri fra l’esercito ed i ribelli a prova del coinvolgimento di Zahal. Dopo un accurato esame la risposta israeliana parla di una camionetta rimasta in Libano durante il definitivo ritiro delle truppe dal paese dei cedri nel 2000. Messo alle corde non è da escludere che Bashar cerchi di aprire di sua iniziativa un ulteriore fronte contro Israele per serrare i ranghi contro un nemico comune. I possibili scenari prevedibili sono i seguenti: Assad rimane al potere , paradossalmente il male minore dal punto di vista israeliano. El Qaida e altri gruppi terroristici si attestano nella zona del confine siro-israeliano trasformandola di fatto in un avamposto iraniano. Una coalizione laica e democratica riesce a defenestrare il presidente siriano e la minoranza alauita spezzando di fatto l’asse fra l’Iran, Siria e Hizbollah. In attesa di un responso possibilmente chiaro e definitivo Israele continua a rimanere uno spettatore il più passivo possibile augurando cinicamente il successo ad entrambe le parti.