La sinistra ebraica e le manifestazioni

Mondo

Milano, 18 Novembre 2006. Sono le 16.00 e il nostro striscione è ripiegato a terra: “L’Hashomer Hatzair per l’autodeterminazione di tutti i popoli e per una soluzione pacifica: due popoli due Stati.”
Nessuna bandiera, nessuna Stella di Davide, solo un messaggio di pace.
Così avrebbe dovuto essere quello della manifestazione di oggi.
L’Hashomer Hatzair è un movimento ebraico-laico, socialista diffuso in diversi paesi del mondo. Sionista? Anche! Ma è fondamentale capire di che Sionismo si tratti: sosteniamo a prescindere il diritto di Israele ad esistere, in quanto autodeterminazione di un popolo, ma questo non porta ad un appoggio incondizionato alla politica di governo che ci rispecchia solo quando agisce verso una soluzione binazionale, equa e pacifica.
La manifestazione di oggi ci era sembrata l’occasione giusta per portare avanti il nostro messaggio, in quanto presentata dai media inizialmente come moderata e non schierata. Con il passare dei giorni è venuto alla luce in modo sempre più esplicito un messaggio diverso da quello originale; l’adesione di gruppi sempre più radicali ha trasformato il corteo in un ennesimo pretesto per esprimere una posizione unilaterale anti-israeliana.
La nostra mancata adesione è dovuta sia all’assoluto distacco dalla linea proposta, che vedeva Stelle di Davide grondanti di sangue e slogan come “basta al terrorismo israeliano”, sia alla paura di una strumentalizzazione della nostra presenza in quanto ebrei, senza considerare il nostro messaggio. Al nostro interno siamo combattuti tra la rabbia per l’astensione che si traduce nell’occasione mancata per mostrare all’opinione pubblica la nostra posizione e lo sconforto dato dall’impossibilità di realizzare una manifestazione superpartes che porti un reale messaggio di pace.

Hashomer Hatzair Milano

Lettera aperta dei parlamentari Peppino Caldarola, Furio Colombo, Emanuele Fiano

Cari amici della Tavola della Pace,

e organizzatori del corteo del 18 Novembre a Milano,

per sabato avete organizzato una grande manifestazione nazionale,
per richiamare tutti all’attenzione nei confronti della questione mediorientale.
Di fronte a un accorato e forte appello di pace come il vostro, innanzitutto va
a voi il nostro saluto di amici di Israele e della pace tra Palestinesi e
Israeliani, e l’augurio che la manifestazione esprima nel migliore dei modi, in
coerenza con i suoi enunciati, la voglia ineliminabile di pace che tutti noi
desideriamo per quella regione.

In passato gli amici di Israele, e in particolare chi, come
noi, combatte perché a sinistra vengano riconosciute le ragioni dello Stato di
Israele e venga cancellata ogni lettura unilaterale del dramma
israelo-palestinese, hanno polemizzato e discusso con parte dello schieramento
di forze che lotta per la pace, giudicando che troppo spesso nei ragionamenti,
negli slogan e nei simboli, le ragioni di una parte pesassero più di quelle
della parte contrapposta. E che la parola pace significasse a volte il non voler
guardare dentro nodi problematici e aspri.

Oggi che leggiamo nel vostro documento la condanna netta del
terrorismo.
Oggi che questa condanna è finalmente, lo speriamo, fatta propria
da tutto il movimento della pace, noi vogliamo dialogare, incontrarci e
respingere con voi nettamente e senza infingimenti la violenza del
fondamentalismo assassino; una condanna che non può essere mitigata in alcun
modo dal fatto che si possa – e si debba- criticare quelle scelte problematiche
o sbagliate, che lo Stato di Israele può aver compiuto, nella drammatica
necessità di difendersi da nemici che lo vogliono annientare.

Noi leggiamo nella condanna che esprimete la voglia di sbarazzarvi
una volta per tutte della finzione caricaturale e odiosa che vuole dipingere
come “resistenza” una forma barbara e crudele di lotta, che annienta il
principio stesso della vita. Nessuno, nella sinistra italiana, figlia della vera
Resistenza, quella al tiranno nazifascista; nessuno, che sappia sinceramente
quale sia il grande valore di quella parola, può utilizzarla per connotare
l’odio di chi vuole distruggere uno Stato, cancellando l’unica democrazia del
Medio Oriente; nessuno può parlare di “resistenti” pensando ai capi terroristi
che mandano a morire giovani, sfruttando le loro frustrazioni e abusando della
vera sofferenza di un popolo, per alimentare una spirale di odio infinita.

Voi scrivete: “La pace è l’unica sicurezza per Israele, per la
Palestina e per tutti”. Scrivete una grande verità. Una verità che moltissimi
cittadini di Israele condividono. Una verità pronunciata recentemente con forza
ancora una volta da David Grossman, che ha visto morire suo figlio Uri nel
dovere – sacro per ogni israeliano – di difendere la propria patria. “Abbiamo
scoperto che la forza militare non può alla fine assicurare la nostra
esistenza”, diceva pochi giorni fa, e subito però ha aggiunto chiaramente che
la sua patria rimane per lui un “miracolo” laico: nazionale, politico, umano.
Ha detto il suo dolore, il suo grande dissenso dal governo Olmert,
ma ribadendo sempre – indefettibilmente – il valore di Israele per se stesso, e
per i suoi concittadini; ma di più: facendo capire come esso sia valore per il
mondo, per il mondo libero tutto, per qualsiasi coscienza democratica che non
ammetta ipocrisie sulla parola libertà, sulla parola pace, sulla parola
giustizia.

Per questo noi oggi vi auguriamo di poter scandire i vostri slogan
nella sincerità di un approccio che veda tutta la complessità del problema, e
che non transiga di fronte alla scelta criminale di chi usa la legittima
aspirazione del popolo palestinese ad uno stato, ed a condizioni di vita umane e
civili dignitose, per aumentare l’odio e annientare il “nemico ebraico”.

Proviamo però al di là della retorica a penetrare nei problemi, e
nelle questioni che ancora ci dividono.

Voi dite: abbattere il muro, comprensibilmente sentito come simbolo
di distanza, di incomunicabilità. Noi siamo con voi, se giustamente criticate
il tracciato, quando una scelta sbagliata di Israele porta a prendere con il
muro fette di territorio palestinese.

Se il ragionamento è quello, pure la corte suprema di Israele,
sappiatelo, è con voi. Ma vi chiediamo: è vero o no che con il muro il numero
di attentati suicidi in Israele è
drasticamente diminuito? Se Israele – come dovrebbe fare – ponesse
il tracciato del muro sui suoi confini; non sarebbe allora un suo legittimo
diritto utilizzarlo per fermare i kamikaze?

Scrivete di combattere con i mezzi della legalità internazionale il
terrorismo. Vogliamo provare a dire che un passo necessario di quella lotta è
il disarmo senza condizioni e immediato di tutte le milizie che combattono in
Palestina, e che impediscono con la loro esistenza la nascita di un vero Stato
palestinese, il cui presupposto come per ogni Stato è il monopolio della forza?
Perché non diciamo nettamente che il governo palestinese e l’Anp, se vogliono
avere forza e legittimità, devono neutralizzare il nemico interno, e stabilire
un’autorità unica e indiscutibile, che impedisca il proliferare delle
organizzazioni terroristiche?

Voi scrivete che la questione israelo-palestinese è il cuore di
tutti i conflitti del Medio Oriente. E qui a noi pare esserci un salto non
giustificato, un esprimere con la forza emotiva dei simboli qualcosa che non ha
verità nella realtà. La guerra in Libano – con la determinante azione (sia
pure nascosta) dei regimi liberticidi siriano e iraniano – aveva qualcosa a che
fare con la questione palestinese?
La guerra Iran – Iraq che per anni scosse quel panorama aveva
ragione nelle politiche di Gerusalemme?
La repressione delle libertà che oggi avviene in Iran e in altri
paesi di quell’area ha veramente una sua ragione nella questione
israelo-palestinese? E pensate veramente che la sciagurata azione del presidente
iraniano abbia la sua ragion d’essere nei diritti dei
palestinesi?

Voi chiedete di sospendere ogni cooperazione militare con Israele.

Potete indicarci un’altra situazione di dissenso per la quale si sia
chiesto un simile blocco ?

Per esempio abbiamo mai interrotto o sospeso o allentato rapporti di
cooperazione di qualunque tipo con l’Inghilterra di Blair che pure si è presa
la responsabilità della tragica guerra in Irak?

Dovrete ammettere che i sentimenti di pace vostri e nostri non ci
hanno mai indotti a chiedere la punizione di un paese amico, proprio perché con
un paese amico si può esprimere dissenso, criticare le scelte, ascoltare la
ragioni e discutere insieme di nuovi percorsi.

Perché Israele non dovrebbe essere trattato da paese amico nel
momento in cui, giustamente, si vuole esprimere solidarietà e amicizia anche
con i palestinesi?

Voi chiedete di tornare alla politica; ma se politica deve essere,
allora il primo passo è ritornare alla realtà, alla difficile e tormentata
contorsione del quotidiano, al vedere con lucidità la meschinità e l’arroganza
di chi si riempie la bocca dei diritti dei palestinesi, e dall’altro lato non
appoggia realmente la crescita di una classe dirigente degna di quel
nome, e non permette a quello stato di sorgere.

I ragazzi che domani abiteranno Israele e Palestina come stati in
pace, lo potranno fare se anche noi sapremo superare le visioni preconfezionate
e le semplificazioni simboliche.

Se saremo capaci di operare concretamente nella realtà, forse
appariremo tutti meno eroici e meno poetici. Ma la parola pace avrà acquisito
un grammo di verità in più.

Noi sappiamo che Israele potrà vivere solo nella pace, solo se ci
saranno due popoli, due Stati, due democrazie, ma sappiamo anche che oggi
Israele vive in stato d’assedio, circondato da potenti minacce. Perciò diciamo
un sì convinto alla pace e un altrettanto no convinto a processare Israele.

Noi dunque non ci saremo, per evitare che un pur legittimo dibattito
possa prestarsi a diventare processo.

Vi auguriamo il successo pieno di una manifestazione pacifica e
serena.

Furio Colombo, Peppino Caldarola, Emanuele Fiano