Eurovision 2024: oltre 1400 le firme per estromettere Israele dalla competizione ma gli organizzatori non cedono

Mondo

di Pietro Baragiola

Aumentano le proteste per la partecipazione di Israele alla 68° edizione dell’Eurovision Song Contest, la più grande competizione musicale europea e uno dei principali eventi televisivi non sportivi che si tengono ogni anno.

 

Nelle ultime settimane più di 1400 cittadini del Nord Europa hanno firmato due petizioni distinte per richiedere l’esclusione di Israele dalla competizione, accusando il Paese di “crimini di guerra” lungo la Striscia di Gaza.

 

 

L’European Broadcasting Union (EBU), organizzatrice dell’Eurovision, ha risposto ai reclami ricordando che “il festival rimane un evento non-politico che unisce il pubblico di tutto il mondo attraverso la musica”. Questo commento è stato però duramente attaccato dai membri delle due petizioni che hanno citato, come precedente, l’esclusione della Russia per via della guerra in Ucraina.

 

“Paragonare Israele alla Russia è mostruoso e inaccettabile” ha risposto l’ambasciatore israeliano Ziv Nevo Kulman, affermando che l’offensiva dello Stato ebraico è iniziata solamente dopo l’attacco di Hamas. “Il 7 ottobre il nostro Paese è stato brutalmente colpito da una malefica organizzazione terroristica che fa apertamente appello al suo annichilimento. Promuovere il boicottaggio di Israele significa premiare il terrorismo di Hamas, azione incompatibile con i valori dell’EBU e dell’Eurovision”.

 

 

Le raccolte firme

Tutto è iniziato quando l’Islanda ha lanciato la prima petizione all’emittente televisiva nazionale RÚV, stabilendo che “o Israele viene escluso dalla competizione o l’Islanda si ritira”.

 

Questa protesta ha trovato subito il sostegno della Finlandia dove numerosi artisti e professionisti dell’industria musicale hanno chiesto alla propria tv pubblica, Yle, di boicottare il festival, minacciando di non mandare la loro artista all’edizione di quest’anno se verrà ufficialmente confermata la partecipazione di Israele. “Non è in linea con i nostri valori conferire ad un Paese che commette crimini di guerra e che continua la sua occupazione militare un palcoscenico pubblico per ripulire la propria immagine in nome della musica” hanno dichiarato i membri della petizione, invitando gli altri Paesi europei ad unirsi a loro.

 

Ville Vilén, rappresentante di Yle, insieme al capo della comunicazione Jere Nurminen ha dichiarato di voler incontrare gli autori della petizione ed ha assicurato che il broadcaster sta seguendo con attenzione la situazione in Medio Oriente e discuterà presto con l’EBU e le altre emittenti pubbliche sul come rispondere adeguatamente a queste proteste.

“La situazione non va comunque in alcun modo paragonata con la guerra tra la Russia e l’Ucraina perché quella di Israele è semplicemente la risposta ad un attacco terroristico e non una guerra di invasione di uno Stato nei confronti di un altro” ha affermato Vilén.

 

Nel frattempo, sui social è partita una nuova campagna lanciata dalla giovane attivista americana Beatrice Quinn che, già lo scorso settembre, aveva sostenuto l’esclusione di Israele dall’Eurovision 2024. “Uno stato apartheid che ha ucciso 8mila persone in un mese non ha alcun diritto di partecipare all’Eurovision” ha postato la ragazza sui suoi account Instagram e X. A gennaio Quinn ha lanciato la raccolta firme #EuroQuision che, negli ultimi giorni, ha visto la partecipazione di alcuni concorrenti delle precedenti edizioni del festival musicale come la francese Fatima Zahra Hafdi (in arte “La Zarra”) e i finlandesi Olavi Uusivirta, Paleface e Axel Ehnstrom.

 

Oggi le proteste sono arrivate in Irlanda e persino in Norvegia dove i manifestanti dell’organizzazione Aksjonsgruppa for Palestine si sono radunati davanti alla sede dell’emittente televisiva NRK per sostenere il boicottaggio dell’Eurovision.

 

Dopo aver visto come queste proteste si sono diffuse a macchia d’olio in tutto il Nord Europa, i responsabili dell’EBU hanno deciso di rilasciare un comunicato stampa ufficiale per chiarire una volta per tutte la questione: dichiarando di non avere alcuna intenzione di escludere Israele. “Eurovision Song Contest è una competizione per le emittenti pubbliche da tutta l’Europa e dal Medio Oriente – non per i governi – e l’emittente israeliana Kan vi partecipa da 50 anni, rispettando sempre tutte le regole della gara” ha dichiarato un portavoce dell’EBU alla rivista britannica The Guardian. “Ci auguriamo però che l’odierno conflitto in Medio Oriente termini presto e si raggiunga una pace duratura”.

 

 

Israele all’Eurovision

Dalla sua prima partecipazione nel 1973 ad oggi, Israele è uno dei Paesi che ha ottenuto il maggiore successo all’Eurovision: ben quattro vittorie (1978, 1979, 1998, 2018) e altrettante presenze sul podio.

 

Nonostante le recenti proteste stiano facendo parecchio scalpore va ricordato che, negli ultimi 50 anni, questa non sarebbe la prima volta che lo Stato ebraico parteciperebbe durante un conflitto.

 

Il debutto israeliano al festival con la cantante Ilanit nel 1973 avvenne solo otto mesi dopo il terribile attacco terroristico del Settembre Nero ai Giochi Olimpici di Monaco in cui la metà della formazione olimpica israeliana fu sterminata da un commando palestinese.

 

Nel 2009 le cantanti paladine della pace Noa e Mira Awad parteciparono all’evento a meno di cinque mesi dalla fine dell’Operazione Piombo Fuso (reazione israeliana al lancio di razzi Qassam perpetrato da Hamas). In questo caso il messaggio di pace contenuto nel brano There must be another way non riuscì a sedare le polemiche per la contemporanea presenza sul palco di una artista israeliana e di una palestinese.

 

Secondo la tradizione, ogni nuova edizione dell’Eurovision dev’essere ospitata dal paese che ha vinto l’anno precedente. Nonostante però la vittoria della cantante israeliana Netta abbia riportato il festival a Tel Aviv nel 2019, l’evento ha rischiato la cancellazione in seguito ai violenti bombardamenti registrati sui cieli tra Israele e Gaza.

 

 

Il conflitto ha portato ripercussioni anche lo scorso anno, spingendo gli organizzatori dell’edizione 2023 a rafforzare le misure di sicurezza intorno alla popstar Noa Kirel, ex soldato dell’esercito militare israeliano, che con il suo brano Unicorn si è aggiudicata il terzo posto della competizione. “Il mio obiettivo era quello di portare gioia al popolo d’Israele durante quella spettacolare finale e spero davvero di esserci riuscita” ha commentato la cantante.

 

L’Eurovision 2024 si terrà dal 7 all’11 maggio a Malmö, in Svezia, paese d’origine della cantante Loreen (vincitrice dell’edizione 2023), e Israele è pronta a partecipare.