Claudine Gay dirigente Harvard

Camera dei rappresentanti USA approva la risoluzione che chiede le dimissioni dei presidenti di Harvard e del MIT a causa della loro testimonianza sull’antisemitismo

Mondo

di Marina Gersony
Mercoledì  13 dicembre sera la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato una risoluzione che condanna le testimonianze delle presidenti di tre università d’elite americane che la scorsa settimana si erano rifiutate di dichiarare esplicitamente che invocare il genocidio degli ebrei costituirebbe una violazione delle regole degli atenei. Una vicenda, per come si è svolta, che ha fatto il giro del mondo suscitando scalpore e indignazione

I legislatori – come riporta l’Algemeiner – hanno approvato la misura bipartisan con un voto 303-126, rimproverando formalmente i commenti di Claudine Gay dell’Università di Harvard, Elizabeth Magill dell’Università della Pennsylvania (Penn) e Sally Kornbluth del Massachusetts Institute of Technology (MIT). Tutti tranne un repubblicano hanno votato a favore del provvedimento. Il voto, tuttavia, ha diviso i democratici, con 125 contrari alla risoluzione e decine di votanti a favore. Tre democratici hanno votato presenti.

La risoluzione richiedeva le dimissioni di Gay e Kornbluth, dopo che la Magill si era dimessa per quella che i critici descrissero come una risposta insufficiente al crescente antisemitismo nel campus. «Il presidente Magill si è dimesso e gli altri presidenti dovrebbero seguirne l’esempio», afferma la risoluzione. «Gli atti di odio, intimidazione, discriminazione e violenza basati sull’etnia o sulla religione non hanno posto nel nostro Paese o nella comunità globale».

Martedì 5 dicembre, per più di tre ore, Gay, Magill e Kornbluth hanno evitato di rispondere in modo netto e chiaro, tergiversando o fornendo risposte ambigue alle domande poste dai membri della commissione per l’istruzione e la forza lavoro della Camera, schivando domande taglienti su come hanno risposto alla crescente ostilità nei confronti di Israele e della comunità ebraica nei loro campus.

Di seguito la ricostruzione dell’intera vicenda che ha fatto scalpore suscitando indignazione in tutto il mondo.

«Invocare al genocidio degli ebrei viola o non viola le regole di condotta delle vostre università?», è stata la domanda esplicita che la deputata repubblicana Elise Stefanik, ex studentessa di Harvard, aveva rivolto alle tre presidenti chiedendo loro se «invocare o fare appello al genocidio degli ebrei» costituisse effettivamente molestie e violasse i codici di condotta delle rispettive istituzioni.

Dopo una controversa e accesissima udienza del Congresso sull’antisemitismo USA nei campus universitari, il Congresso aveva avviato un’indagine sull’antisemitismo nelle università d’élite, un fenomeno in crescita dopo gli attacchi scioccanti del 7 ottobre contro Israele da parte dei terroristi guidati da Hamas che hanno ucciso 1.200 persone, per lo più civili, e catturato circa 240 ostaggi. La preoccupazione principale riguarda la carenza di obiettività da parte delle istituzioni educative più prestigiose, come attestato da varie indagini e come abbiamo riportato in dettaglio su questo stesso sito (Clicca QUI).

Dopo essersi astenute dal rispondere chiaramente e dal condannare esplicitamente gli appelli al genocidio degli ebrei come violazione delle norme contro le molestie in ambito universitario, le tre dirigenti avevano fornito risposte ambigue, generiche e carenti di dettagli. Avevano sottolineato che la violazione delle regole delle rispettive istituzioni sarebbe avvenuta solo nel caso in cui l’invocare il genocidio avesse generato episodi di bullismo.

Interrogata dalla deputata Stefanik sulla conformità dell’atto di «invocare il genocidio degli ebrei» al codice di condotta di Harvard, la presidente dell’ateneo Claudine Gay aveva evitato una risposta affermativa, dichiarando che «solo quando il discorso si trasforma in condotta, interveniamo». La presidente del MIT, Sally Kornbluth, senza rilasciare una dichiarazione netta e chiara, aveva precisato a sua volta che il linguaggio che invoca il genocidio degli avrebbe potuto essere oggetto di «indagine come molestia solo se pervasivo e grave». Le dichiarazioni ambigue della Magill, avvocata sostenitrice della libertà di espressione e che in seguito si sarebbe dimessa, avevano aggiunto incertezza alla discussione; sollecitata sulla possibilità di disciplinare gli studenti che invocano il genocidio degli ebrei, la Magill dichiarò che «la questione dipende dal contesto», scatenando così critiche vibranti e immediate condanne.

 

Come riportato dal Times of Israel, la deputata Stefanik aveva quindi concluso indignata: «Dopo la testimonianza patetica e moralmente fallimentare di questa settimana da parte dei rettori e rettrici in risposta alle mie domande, l’Education and Workforce Committee (Comitato per l’Istruzione e la Forza Lavoro) sta avviando un’indagine ufficiale del Congresso impiegando pienamente il potere di citazione contro istituzioni come Penn, MIT, Harvard e altri. «Sfrutteremo tutta la nostra autorità congressuale per ritenere queste scuole responsabili del loro fallimento sulla scena globale».

La reazione all’udienza è stata bipartisan. Josh Shapiro, governatore democratico della Pennsylvania, aveva osservato che le risposte della presidente dell’università del suo Stato, Elizabeth Magill «sonoinaccettabili». Mentre l’accademico progressista Laurence Tribe, professore di Harvard, si era detto d’accordo con la deputata Stefanik, che ha interrogato con determinazione la presidente Claudine Gay: «Non sono un fan di Stefanik, ma stavolta sono d’accordo con lei», ha scritto il professore su Twitter/X:  «La risposta esitante ed evasiva mi disturba profondamente, e lo stesso vale per molti miei colleghi, studenti e amici».

La Casa Bianca aveva risposto alla controversia sottolineando l’inaccettabilità degli appelli al genocidio: «È incredibile che sia necessario dirlo: gli appelli al genocidio sono mostruosi e antitetici a tutto ciò che rappresentiamo come Paese», aveva  detto in una nota un portavoce del presidente Joe Biden. Mentre musei come Yad Vashem avevano accusato i presidenti di minimizzare e contestualizzare l’antisemitismo. L’udienza si era inserita ad ogni modo in un contesto più ampio di indagini governative sul crescente antisemitismo e islamofobia nei campus universitari, che hanno portato alcune scuole a affrontare azioni legali e perdite di finanziamenti.

Virginia Foxx, presidente della commissione per l’Istruzione, aveva avvertito che altre università dovrebbero aspettarsi di essere coinvolte nelle indagini.

La ritrattazione

Nel clamore dell’intera vicenda, e in seguito alle crescenti critiche, le tre dirigenti avevano cercato in qualche modo di ritrattare, rettificare o mitigare le loro affermazioni durante l’udienza al Congresso Usa: la presidente Gay aveva emesso una dichiarazione cercando di correggere le interpretazioni distorte delle sue osservazioni osservando che le richieste di genocidio contro gli ebrei non sono tollerate ad Harvard. Aveva sottolineato che gli appelli alla violenza o al genocidio contro la comunità ebraica sono categoricamente vili e che coloro che minacciano gli studenti ebrei saranno chiamati a risponderne.

D’altro canto, la presidente Magill, sembrava inizialmente aver ritrattato alcuni dei suoi commenti che avevano suscitato una forte indignazione, ammettendo di aver dato la priorità alle preoccupazioni sulla libertà di parola a scapito di altre considerazioni. Aveva riconosciuto che l’appello al genocidio del popolo ebraico è «malvagio, chiaro e semplice» e dichiarato che costituisce molestia o intimidazione. «In quel momento, ero concentrata sulle politiche di lunga data della nostra università in linea con la Costituzione degli Stati Uniti, secondo le quali la parola da sola non è punibile», aveva detto Magill in un video. Aveva sottolineato tuttavia che l’appello al genocidio è inaccettabile e che sarebbe stato oggetto di un’attenzione seria e approfondita per quanto riguarda le politiche dell’università.

Intanto, come riportato da The Times of Israel, alcuni atenei hanno affrontato azioni legali e hanno perso le donazioni dei sostenitori ebrei e filo-israeliani per la loro risposta all’attivismo anti-israeliano nei campus, portando alcuni a sospendere i gruppi studenteschi filo-palestinesi. Nessuna delle tre università rappresentate nel comitato aveva sospeso tali gruppi.

 

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