di Pietro Baragiola
In questi giorni il Wall Street Journal ha rivelato i dettagli di un nuovo accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas, sostenuto da un patrocinio egiziano-americano.
Da quando il Qatar ha cacciato i leader di Hamas da Doha all’inizio di novembre, l’Egitto è emerso come un potenziale canale chiave tra le parti in guerra, insieme alla Turchia, dove si è trasferita la maggior parte dei leader di Hamas.
I funzionari egiziani hanno così dato il via a diverse trattative per avvicinare le due fazioni, colloqui che si sono ulteriormente intensificati dopo il cessate in fuoco in Libano della scorsa settimana.
Martedì 26 novembre il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha affermato pubblicamente che il governo americano farà ‘nuove pressioni con la Turchia, l’Egitto, il Qatar, Israele e altri per raggiungere un cessate il fuoco a Gaza che garantisca il rilascio degli ostaggi e la fine della guerra, senza Hamas al potere’.
Dei 251 ostaggi catturati il 7 ottobre 2023, si ritiene che 97 siano ancora a Gaza, di cui 34 sono stati già confermati morti dall’IDF.
Secondo un rapporto rilasciato mercoledì, Biden avrebbe chiamato il Primo Ministro Israeliano Benjamin Netanyahu per spingerlo a spostare immediatamente l’attenzione sul raggiungimento di un accordo per garantire la sicurezza degli ostaggi rimasti.
“Con la fine dei combattimenti in Libano abbiamo finalmente l’opportunità di siglare un cessate il fuoco duraturo. Riportiamo a casa gli ostaggi” ha detto il presidente a Netanyahu, come riportato dal sito di notizie Axios.
Secondo i media americani anche l’amministrazione entrante del neo eletto Donald Trump sarebbe stata recentemente contattata da diversi funzionari egiziani per fare ulteriori pressioni verso un accordo e creare una zona cuscinetto tra Israele e la Striscia.
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Dall’inizio del 2024 gli Stati Uniti, il Qatar e l’Egitto hanno condotto molteplici tentativi per spingere le due fazioni in Medio Oriente a raggiungere un accordo ma, fino ad ora, sono tutti falliti.
Il rinnovato supporto americano di questi ultimi giorni ha permesso però ad una nuova delegazione egiziana di recarsi in Israele per iniziare colloqui solidi e duraturi.
I colloqui in Israele
Giovedì 28 novembre la delegazione egiziana è arrivata a Tel Aviv dove ha presentato ‘una visione globale per un accordo di cessate il fuoco’, secondo quanto riportato dall’organo di informazione Al-Akhbar.
Tra i numerosi punti trattati si è parlato anche di agevolare il trasferimento di medicinali per i palestinesi e gli ostaggi feriti lungo la Striscia di Gaza concentrandosi sulla riapertura del valico di Rafah, un importante punto di transito che l’Egitto ha chiuso lo scorso maggio quando Israele ha preso il controllo della regione di confine.
Se le trattative andranno a buon fine il valico potrebbe essere riaperto già dai primi giorni di dicembre.
Di seguito riportiamo alcuni dei diversi punti chiave trattati nell’accordo:
- Una tregua di 42 giorni, suddivisa in 12 iniziali seguiti da altri 30;
- Lo scambio dei rimanenti ostaggi e prigionieri tra le parti;
- L’apertura dei negoziati per una risoluzione globale del conflitto;
- Il ritiro dell’IDF dalla Striscia di Gaza;
- L’apertura del valico di Rafah durante il periodo di guerra.
Secondo quanto emerso da alcune fonti che hanno preferito restare anonime, la Striscia di Gaza e la gestione del valico verranno affidate ad un Comitato di sostegno comunitario, formato da figure indipendenti sotto la supervisione dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP).
A Israele verrà concesso il diritto di veto sui permessi di uscita verso l’Egitto mentre il Cairo garantirà l’impegno palestinese a non permettere ad Hamas di controllare né il valico né la Striscia ‘nel prossimo futuro’.
Questo accordo permetterà a 200 camion umanitari provenienti dall’Egitto di entrare a Gaza sin dalle prime settimane di riapertura.
Secondo il rapporto, l’ANP supervisionerà anche tutte le operazioni amministrative e di sicurezza durante e dopo il periodo di tregua ed effettuerà operazioni di ricostruzione interna per garantire una futura stabilità politica nella regione.
Israele non sarà obbligato a ritirare le proprie forze durante il cessate il fuoco e il rilascio dei prigionieri dovrebbe iniziare 7 giorni dopo l’inizio della tregua, dando priorità ai prigionieri più anziani e malati.
“Contemporaneamente si svolgeranno anche discussioni più ampie e lunghe, senza pressioni militari sul territorio” afferma il rapporto.
Secondo il quotidiano palestinese Ajyal, le nuove proposte hanno visto una maggiore flessibilità da parte di Hamas e questo dovrebbe aprire la strada a discussioni politiche a lungo termine per risolvere il conflitto.
La delegazione di Hamas in Egitto
Sabato 31 novembre Hamas ha inviato una propria delegazione nel Cairo per accettare l’offerta di cessate il fuoco mediata da Stati Uniti ed Egitto, parlare di un accordo che preveda il rilascio degli ostaggi e spiegare le proprie condizioni.
Questo annuncio è arrivo solo due giorni dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco tra Israele e il gruppo Hezbollah.
“Hamas è isolato. Hezbollah non combatte più con lui e i suoi sostenitori in Iran sono preoccupati da altri conflitti” ha dichiarato il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan alla CNN. “Quindi penso che potremmo avere la possibilità di fare numerosi progressi.”
I colloqui di pace sono stati però rallentati dal fatto che domenica l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) ha sospeso la consegna di aiuti attraverso il valico di Kerem Shalom a causa dei continui saccheggi nella regione.
“È un problema ricorrente lungo la Striscia” ha affermato in un comunicato stampa il COGAT, l’organismo militare responsabile degli aiuti umanitari a Gaza, promettendo di risolvere al più presto la questione.