Un Sabato israeliano

Israele

Finora in Israele la scelta su come osservare, rispettare, festeggiare il Sabato oscillava fra due modelli, quello della Halakha, la legge ebraica, e quello del denaro, in sé inconciliabili fra loro. Ora è stata presentata da parte del Partito Nazionale Religioso una bozza di legge che ne propone un terzo tipo: il Sabato israeliano.

Il progetto classico dei sionisti religiosi che inquadrava la sfera pubblica israeliana nello spirito della legge tradizionale è stato infatti completamente superato laddove si pensi che qualcosa come 230 000 israeliani lavorano di sabato nei centri commerciali a loro volta frequentati dal 40% dei cittadini che costituiscono una fascia di consumi di oltre 5 miliardi di NLI: il modello ‘kasher’ è stato soppiantato da quello degli affari.

La bozza di legge supera la posizione intransigente che non accettava compromessi in materia religiosa. Significa che anche da parte dell’autorità religiosa ora si è preso atto della nuova realtà sociale, culturale ed economica dello Stato, con milioni di nuovi immigranti, per lo più laici, e di come sia mutato il complicato mosaico delle relazioni fra religione e Stato.

Per contrastare la deriva culturale del consumismo è nata la proposta di una legge sabbatica che è un segno importante del coinvolgimento dell’estasblishment rabbinico in tale questione. E non si tratta di un compromesso. Si è compreso che la natura ebraica dello Stato non è determinata unicamente da questioni inerenti la santità della terra, e che la decisione non è materia di coercizione religiosa. E’ una nuova presa di coscienza e di assunzione di responsabilità. E ciò è illustrato eloquentemente dal nome stesso della legge: Shabbat – giorno di cultura e di riposo. I rabbini che l’hanno proposta non propongono un sabato religioso né un sabato sacro. Vogliono un sabato di cultura. Ma non di cultura dello shopping.

Il nucleo della proposta mostra che il rabbinato è interessato a preservare il volto ebraico dello Stato di Israele anche al di fuori della cornice della Halakha. Il giudaismo è dunque una cultura unica così come una cornice nazionale; non la mera osservanza delle 613 mitzvot bensì un sistema di valori sociali, un atteggiamento sociale e un complesso di memorie storiche comuni e condivise, di cui la halakhah è solo una delle componenti. Si tratta senza dubbio di una presa di posizione coraggiosa con ampie implicazioni educative. Permette di avvicinarci a un’intesa sul significato e sull’essenza dello ‘Stato ebraico’.

E’ curioso notare come a pochi giorni di distanza dalla pubblicazione di queste note su Haaretz, sia emersa la stessa questione, pardon, la ‘questione domenicale’ nientemeno che sul quotidiano cattolico Avvenire: se una volta il ‘settimo giorno’ bisognava riposare, vi si legge, oggi lo si dedica a lavorare, per guadagnare di più, o nei centri commerciali per spendere di più. Che i vescovi si siano ispirati ai rabbini (fratelli maggiori)?