“Smettiamo di voler distruggere Israele”: il messaggio di speranza del palestinese Eid Bassem

Israele

di Roberto Zadik

eid bassemUna testimonianza importante in questi anni difficili per Israele e per il mondo ebraico arriva da una fonte insospettabile e inaspettata come un sito palestinese. Il sito “Times of Israel”, autorevole portale israeliano di informazione in inglese, riporta la lettera contenuta nel blog di Eid Bassem, direttore e fondatore del Gruppo di Monitoraggio per i Diritti Umani Palestinesi che si trova a Gerusalemme.

Il testo è molto autocritico e cerca di essere obbiettivo e non, come spesso accade, fazioso o rabbioso o peggio ancora antiisraeliano e antisemita e in questi tempi in cui l’Europa è travolta da episodi gravi di intolleranza  le parole di Bassem sembrano veramente molto attuali e pertinenti.

“Sono un palestinese orgoglioso della mia identità e nato in un campo rifugiati da una grande famiglia, ma voglio solo la pace e il bene per il mio popolo e mi piacerebbe che tutto questo odio e distruzione finissero. Dopo 66 anni di errori e occasioni perse è venuto il momento per noi palestinesi di creare le condizioni per la pace e di lavorare per un futuro migliore. È ora di smettere di voler distruggere Israele e di abbandonare l’idea di buttare tutti gli ebrei a mare. Bisogna smettere di dar retta agli integralisti islamici e ai regimi arabi che ci strumentalizzano per una guerra distruttiva e insensata contro Israele”.

Parole forti e emozionanti che colpiscono per la sincerità e la moderazione e che esprimono senza troppi giri di parole concetti molto interessanti e anche originali. “Bisogna essere realistici. I palestinesi stanno sbagliando. A Gaza le nostre scuole vengono controllate da fanatici islamici che indottrinano i nostri figli e Hamas usa i nostri civili come scudi umani in una battaglia perdente contro Israele. Hamas mantiene il potere con la violenza e  questo garantisce, purtroppo, che il denaro venga speso in questo modo, per armare i palestinesi invece che per farli vivere meglio. Mentre il Presidente Abbas è molto rapido nel denunciare Israele quando attacca Hamas, invece si rivela assolutamente inefficiente quando non riesce a fermarlo dal provocare Israele”.

Ma il blog di Bassem non si ferma qui e prosegue con fermezza e precisione nelle sue argomentazioni.

“Nel West Bank, mentre Abbas non è stato in grado di bloccare la costruzione degli insediamenti israeliani, invece, nella zona l’unica cosa positiva sono le buone attività intraprese con le compagnie israeliane ma il movimento BDS (Boicottaggio, Sanzioni e disincentivazione economica) sta facendo del suo meglio per portarci via il lavoro. Il governo di Abbas sta diventando una dittatura che utilizza i fondi internazionali per consolidare il proprio potere più che per sviluppare l’economia palestinese. A Gerusalemme Est, l’Amministrazione palestinese ha perso così tanta credibilità nella popolazione locale che la maggioranza della gente preferisce vivere sotto il controllo delle autorità israeliane anche se ancora oggi alcuni di noi sembrano incapaci di vivere pacificamente in mezzo agli ebrei. Nei campi palestinesi nei Paesi arabi, i nostri diritti umani vengono costantemente violati e veniamo semplicemente strumentalizzati dalle popolazioni arabe per ragioni egoistiche e opportunistiche”.

Nel suo testo egli approfondisce anche  importanti punti come il rapporto con Israele e un nuovo approccio verso lo Stato ebraico.

“Nonostante quello che pensiamo, dobbiamo restare in Israele ed esso ha diritto a esistere. È il Paese degli ebrei, ma anche una nazione per gli arabi israeliani che vivono meglio di qualunque arabo nei Paesi arabi. Dobbiamo accettare questo dato di fatto e andare avanti. L’antisemitismo inneggiato da Hamas, Fatah e dal movimento BDS non è una risposta ai problemi palestinesi. Bisogna invece sapere convivere pacificamente e democraticamente a fianco degli israeliani. Abbiamo perso molte opportunità di farlo. Come nel 1947 quando i regimi arabi hanno incoraggiato la popolazione palestinese a rifiutare gli accordi di spartizione territoriali dettati dai piani delle Nazioni Unite. Abbiamo fallito anche nel periodo fra il 1947 e il 1967 quando ci siamo opposti alla proposta di creare uno Stato vicino a Israele e un’altra occasione buttata è stata quando, diverse volte ormai, ci hanno proposto la soluzione dei “due Stati” e noi non l’abbiamo mai accettato.

 

Noi sappiamo che gli israeliani vogliono vivere pacificamente e che la maggioranza di loro sono amichevoli e ben disposti verso di noi. Siamo anche a conoscenza che a causa della violenza palestinese in Israele spesso e volentieri hanno vinto le elezioni partiti di destra. Sappiamo anche che l’Egitto è stato capace di assicurare un accordo di pace molto favorevole per Israele per la fine delle ostilità e che un modo di fare tranquillo e pacifico giocherebbe a nostro favore molto di più che non un’aggressività estremista e retorica. Israele non accetterà mai un’influenza palestinese che miri a stravolgere il carattere ebraico del Paese. Questo significa che insistere sul ritorno di milioni di profughi palestinesi nello Stato ebraico si è rivelato una tremenda delusione. Inoltre i villaggi palestinesi dove questi ultimi dovrebbero tornare a vivere non esistono più da molto tempo. Stiamo mentendo a noi stessi”.

La conclusione della lettera di Bassem è particolarmente efficace. “Per fare la pace con Israele dobbiamo assolutamente cambiare il nostro approccio. Abbiamo bisogno di accettare che il diritto di ritorno palestinese verrà risolto mediante una compensazione economica che permetterà ai profughi di insediarsi anche nei Paesi arabi o nei Territori Palestinesi e non solo in Israele. Dobbiamo tener conto del fatto che la sicurezza di Israele è una priorità da salvaguardare a qualunque condizione ed è fondamentale per noi accettare che Gerusalemme Est resti una parte di Israele. L’elemento più importante, però, è che noi abbiamo bisogno di un governo eletto democraticamente che risponda in maniera efficiente ai bisogni della gente e per questo è necessario il sostegno della comunità internazionale. Così nel 2008 ho scritto a Nathan Sharansky, importante dissidente sovietico e autore del libro “The case for democracy” (Il caso per la democrazia”) che affermava il principio basilare che senza pace non ci può essere la democrazia. Fino a quando il cosiddetto leader palestinese impiegherà i fondi internazionali solo per fini personali o per corruzione, la popolazione palestinese non si fiderà di lui e cercherà un’alternativa che purtroppo viene rappresentata attualmente da Hamas.  Ebbene sette anni dopo è ancora più chiaro che questa mentalità non porta da nessuna parte. Il Presidente Abbas non ha più nessuna fiducia fra i  palestinesi e anche se egli volesse istituire un accordo di pace sarebbe per lui molto difficile proporlo con successo alla popolazione.  Sembra dunque che l’unica strada per i palestinesi sia una società il più possibile civile e dotata di forti istituzioni democratiche che includa la salvaguardia dei diritti umani e la fine delle violenze perpetrate dai palestinesi e dagli altri arabi. Questo  deve essere garantito dagli organismi internazionali che devono assicurarsi che i loro soldi vengano spesi in nome di questi obbiettivi e non per finanziare Hamas o Fatah. Non c’è dubbio che sia necessario un maggiore impegno per invertire l’attuale tendenza della società palestinese che sembra indirizzata verso la corruzione e la violenza sia nella Striscia di Gaza che nel West Bank . Ironicamente è solo a Gerusalemme Est, paradossalmente, che viene governata dalle autorità israeliane, che la maggioranza palestinese si sente adeguatamente rappresentata dai loro politici”.

Bassem finisce in bellezza con una nota speranzosa: “nonostante il presente, credo che il nostro futuro sarà brillante anche se abbiamo bisogno di orientarci verso la pace. Possiamo farlo con una democrazia solida che persegua i nostri interessi vivendo tranquillamente assieme a Israele e agli ebrei e beneficiando del successo economico israeliano e dei valori democratici del Paese. Abbiamo il potere di trasformare un nemico di lunga data in un amico. Compiere questa scelta ci permetterà di dare un futuro migliore alla nostra gente”.