Puma termina l’accordo con la nazionale di calcio israeliana: “la decisione è stata presa prima della guerra”

Israele

di Pietro Baragiola
Il gigante dell’abbigliamento sportivo, Puma, ha deciso di non rinnovare la sponsorizzazione della nazionale di calcio israeliana dopo la scadenza del contratto prevista per il 2024.

La notizia è stata pubblicata dal quotidiano britannico Financial Times ed è stata confermata martedì 12 dicembre dall’azienda sportiva tedesca.

“È una decisione che avevamo già preso nel 2022 e non ha niente a che vedere con l’odierno conflitto tra Israele e Gaza” ha dichiarato un portavoce di Puma all’agenzia di stampa Reuters, spiegando che la decisione è dovuta a caratteri puramente economici.

Ciononostante, sono ancora in molti a pensare che i veri responsabili di questo gesto siano stati i continui boicottaggi propalestinesi che Puma ha dovuto affrontare durante i suoi cinque anni di collaborazione con la squadra israeliana.

La decisione di Puma

La Israel Football Association ha firmato il contratto con Puma nel 2018, rimpiazzando Adidas come sponsor e produttore delle divise della sua nazionale.

Questa collaborazione però ha attirato sul marchio tedesco le attenzioni indesiderate del movimento filo-palestinese “Boycott, Divestment and Sanctions” (BDS) che si occupa di imporre pressione economica e politica su Israele, sabotando le società e i prodotti associati al Paese.

Inizialmente il BDS ha accusato ingiustamente Puma di finanziare gli insediamenti israeliani in Cisgiordania, ritenuti illegali secondo la legge internazionale sui diritti umani. Questi tentativi di diffamazione sono aumentati notevolmente nel corso degli anni, raggiungendo un picco dopo lo scoppio dell’offensiva israeliana a Gaza, finché l’azienda sportiva è arrivata ad annunciare pubblicamente la decisione di terminare il suo contratto con l’IFA.

Questa scelta farebbe parte della nuova strategia di marketing promossa da Puma che inizierà a concentrarsi su un numero minore di squadre ma con una grande importanza internazionale, seguendo il motto “fewer-bigger-better” (“di meno – più grandi – migliori”). Oltre a Israele, l’azienda sportiva è pronta a chiudere il suo contratto anche con la nazionale serba prima di presentare i suoi nuovi acquisti per la stagione 2024: “intendiamo includere due nuove squadre nazionali, di cui una molto importante nel panorama calcistico”.

Oggi i membri del movimento BDS si attribuiscono il merito della chiusura del contratto tra IFA e il gigante sportivo tedesco, esattamente come fecero dopo l’abbandono di Adidas, e continuano ad estendere la loro campagna di boicottaggio verso le altre società ancora legate ad Israele.

I boicottaggi del BDS

Il BDS è stato fondato nel 2005 con lo scopo di convincere Israele a cedere su tre fronti: terminare l’occupazione in terra palestinese, garantire piena uguaglianza per i cittadini arabo-palestinesi e rispettare il diritto di ritorno dei profughi.

Le azioni di questa organizzazione si estendono dal semplice boicottaggio di prodotti fino ad azioni globali che chiedono ai governi di imporre sanzioni ed embarghi contro Israele in modo da portare le principali aziende a chiudere ogni tipo di accordo economico con gli “invasori israeliani”.

Questi boicottaggi non hanno colpito solo compagnie israeliane come la Sodastream ma anche colossi internazionali come Ben & Jerry e la società francese di telecomunicazioni Orange, costrette ad interrompere la vendita dei loro prodotti in territorio israeliano.

Molte rinomate catene di fastfood come McDonald’s, Domino’s Pizza e Burger King sono state prese di mira per aver offerto cibo gratis ai militari dell’IDF, mentre Starbucks è sotto attacco dopo aver citato in causa alcuni suoi dipendenti per aver pubblicato diversi messaggi di sostegno palestinese sui loro social media.

Le manifestazioni legate al BDS si sono rapidamente diffuse in tutto il mondo grazie all’hashtag #BDSMovement che i membri dell’organizzazione usano costantemente per informarsi a vicenda sui marchi legati a Israele e sulle nuove tattiche per boicottarli. Tra i numerosi sostenitori troviamo il fumettista italiano Zerocalcare che, nel dicembre 2016, ha contribuito alla campagna contro l’azienda informatica HP, criticata aver fornito la propria tecnologia alle truppe israeliane.

Da diversi anni, inoltre, il BDS sta mettendo in atto una nuova campagna minatoria per convincere cantanti e altre celebrità a non visitare Israele. “Le performance in Israele da parte di artisti di fama mondiale sono solo una tattica del governo israeliano per distogliere l’attenzione dalle atrocità commesse verso il popolo palestinese” ha affermato un portavoce dell’organizzazione, raccontando che artisti come Sam Smith e Lana del Rey hanno cancellato i loro tour nel Paese. Ciononostante, alcune celebrità come Bruno Mars hanno tenuto testa pubblicamente ai membri del BDS, affermando che “ora più che mai è importante stare al fianco del popolo israeliano”.

(Nella foto, la nazionale israeliana under 21. Fonte: Israel Football Association su Facebook)