La notizia del giorno per molti, specie in Israele, è che, il presidente americano Barack Obama, tornerà in Israele. Dopo la prima visita del 2008, Obama, all’inizio del suo secondo mandato incontrerà il premier israeliano Benjamin Netanyahu; si recherà quindi in Cisgiordania e in Giordania. Quanto alle date, qualcuno ipotizza marzo, altri pensano che più probabilmente sarà in aprile. Ma al di là del toto-data, ciò su cui i commentatori sono concentrati ora sono le ragioni di una visita che ha sorpreso molti per la sua improvvisa imminenza, e che è e annunciata con tanta enfasi dalla stessa Casa Bianca.
Secondo Emanuel Rosen, giornalista e commentatore politico per Channel 10, alla base di tutto c’è il negoziato di pace. In passato, ricorda Rosen, Obama aveva posto come condizione del suo ritorno in Israele, la ripresa delle trattative con i palestinesi. Obama d’altra parte aveva programmato la visita in Israele in un altro periodo dell’anno – in concomitanza possibilmente con il convegno annuale organizzato dal presidente Shimon Peres. Ora, l’anticipazione del viaggio a questa primavera, fa pensare, sempre secondo Rosen, che delle trattative fra Obama e Netanyahu sul tema dei negoziati di pace sia già stato avviato e che anzi siano ormai in stato avanzato.
Su Haaretz, Chemi Shalev, fra le altre cose, pone l’accento invece sui vantaggi in politica estera che Netanyahu riceverebbe da questa visita – inattesa in tempi così stretti anche per gli addetti ai lavori di Washington. Secondo Shalev infatti, in questa fase delicata di formazione del nuovo governo, Netanyahu potrebbe servirsi della visita di Obama e delle prospettive di ripresa dei colloqui di pace, per invogliare i partiti di sinistra a sostenere la sua coalizione di governo. Dall’altra parte, scrive ancora Shalev, l’annuncio già dato delle pressioni che Netanyahu intende esercitare sugli Stati Uniti, potrebbe persuadere i partiti di destra. Va da sé, osserva ancora Shalev, che la visita sarà un momento fondamentale anche per capire il tenore delle relazioni Israele-USA in generale, e più in particolare l’atmosfera fra i due presidenti, finora piuttosto tesa. “La ‘chimica’ tra i due leader sarà presa in attento esame da tutti gli osservatori, osserva Shalev, “così come i decibel dei manifestanti di destra, che inevitabilmente si ritroveranno davanti al suo albergo a gridare ‘Obama Go Home’. Il potenziale di sconsiderate provocazioni che potrebbero andare in onda sulle TV americane e che potrebbero trasformarsi in un vero e proprio motivo di imbarazzo nazionale per Israele, è quasi infinito”.
Isabel Kershner, corrispondente da Gerusalemme per il New York Times, scrive che la sosta di Obama in Israele sarebbe un modo per dimostrare, a chi ne dubitasse, il pieno sostegno americano allo stato ebraico e insieme, il segnala dell’inizio di un ambizioso sforzo di rilancio del processo di pace in fase di stallo. Il portavoce della Casa Bianca Jay Carney ha dichiarato infatti che “l’inizio del secondo mandato del presidente americano e la formazione di un nuovo governo israeliano offrono l’opportunità non solo di riaffermare i legami profondi e duraturi che uniscono gli Stati Uniti e Israele, ma anche di discutere la strategia da seguire su una vasta gamma di questioni di interesse comune, compresi Iran e Siria”.
Il portavoce di Netanyahu ha osservato a sua volta che la visita del presidente Obama sarò “un’occasione importante per sottolineare l’amicizia e la forte partnership che lega Israele e gli Stati Uniti.”