Media e Israele: quando l’informazione è davvero libera

Israele

di Ilaria Myr

“Se il sistema mediatico di un Paese è  lo specchio dello stato della sua democrazia , allora possiamo dire che Israele, l’unica democrazia del Medio Oriente, è un esempio per molte nazioni ”. Si è espresso così Claudio Pagliara, corrispondente della Rai da Gerusalemme, durante la serata di presentazione della nuova veste grafica del sito Israele.net. Un intervento, il suo, tutto dedicato alla natura del giornalismo nello Stato ebraico e all’importanza della libertà di opinione sui media.

“Faccio fatica a pensare a un ‘Bruno Vespa’ israeliano  – ha continuato -. I giornalisti infatti non prendono mai posizioni accomodanti; al contrario, nei confronti dei politici, e in particolare del Primo Ministro,  gli articoli sono sempre critici, e sempre alla ricerca di una sua insufficienza. Questo perché in Israele esiste ancora l’idea che il giornalismo sia il quarto potere, di cui una democrazia che funziona ha bisogno: per questo anche la politica non si sognerebbe mai di criticare i media, come avviene invece fin troppo spesso in Italia. A monte, c’è un reciproco rispetto fra le parti e la coscienza che sia normale fare informazione e che debba essere  fatta in questo modo”.
La libertà di espressione emerge chiaramente anche dalla varietà delle opinioni che vengono ospitate sui media e dal fatto che non esista la censura. Per l’elezione del sindaco ultraortodosso di Bet Shemesh, ad esempio, per giorni i media sono stati dominati dalle più diverse posizioni. “Tutto ciò dimostra quanto Israele sia una democrazia viva, nonostante tutti pericoli  cui è sottoposta –  ha aggiunto il giornalista -. E questo suo mostrare le proprie spaccature interne non deve essere visto come una debolezza ma, al contrario, come una grande forza, da cui prendere esempio”.

Molto interessante anche l’intervento dell’altro giornalista invitato alla serata, Paolo Salom del Corriere della Sera che, attraverso aneddoti  legati alla sua vita professionale, ha fatto capire quanto fra le popolazioni arabe sia radicato l’odio per Israele. “Anche sui media arabi c’è una grande libertà: di criticare Israele – ha esordito -. Decenni di infanzia monotematica sulla malvagità degli israeliani fanno sì che Israele sia un tabù per milioni di persone nel mondo: mi è capitato di conoscere una giornalista di Dubai, che inizialmente era molto prevenuta nei confronti del collega israeliano, ma che poi ha accettato pure di stringergli la mano: ‘Tanto non può farmi del male, no?’”.

Per scalfire convinzioni così granitiche ci vorrà sicuramente  molto tempo, ma potranno essere d’aiuto anche i nuovi media – web e social network – che accorciando le distanze permettono di fare conoscere “l’altro” e il suo mondo. “Facendo capire quanto sia sfaccettata la realtà di Israele, si contribuisce a sgretolare muri e barriere radicati, e a far sperare così che Israele esista sempre in forza e sicurezza”.