Così i terroristi manipolano le narrazioni mediatiche per i loro fini. Parla un portavoce della Jihad islamica

Israele

di Redazione
La divisione di Intelligence dell’IDF ha rivelato in esclusiva lunedì la registrazione dell’interrogatorio del portavoce dell’ufficio politico della Jihad Islamica, Tariq Salami Odeh Abu Shlouf. Secondo quanto riportato da i24news, il terrorista ha gettato luce sui modi in cui le organizzazioni terroristiche manipolano i media arabi e internazionali, evidenziando la diffusione sistematica di false rappresentazioni e menzogne.

Durante il suo interrogatorio, l’uomo è tornato sull’incidente accaduto all’ospedale Ahly Al-Arabi Baptist Hospital (Al-Mamadani) all’inizio della guerra, il 17 ottobre. Un attacco missilistico della Jihad islamica è fallito e ha colpito l’ospedale, provocando morti e feriti. Hamas ha subito accusato Israele di aver bombardato l’edificio e il mondo intero si è precipitato a condannarlo. L’IDF tuttavia ha subito dimostrato di non avere nulla a che fare con tutto ciò. «La Jihad ha orchestrato la narrazione secondo cui un razzo israeliano avrebbe colpito l’ospedale Al-Mamdani», ha confessato il terrorista, ammettendo che l’organizzazione ha deliberatamente ingannato l’opinione pubblica, accusando Israele di essere responsabile dell’incidente.

Il terrorista ha poi fornito dettagli su come è stata orchestrata e divulgata questa menzogna. «Per diffondere questa storia, l’organizzazione ha intrapreso varie azioni. Hanno fabbricato una storia in cui il razzo, attribuito all’«occupazione», avrebbe preso di mira un ospedale. Hanno basato la loro narrazione su alcuni articoli della stampa internazionale», ha spiegato.

Riguardo alle immagini fuorvianti provenienti dalla Striscia di Gaza, che ritraggono bambini e adulti feriti, il portavoce della Jihad ha dichiarato: «Le decisioni riguardanti la diffusione di tali immagini dipendono dal dipartimento o dalle direttive del movimento. Abbiamo notato un particolare interesse nello sfruttare una certa narrazione e lo abbiamo implementato. La decisione è presa dal segretario generale, Ziad Nakhaleh, e poi discussa dal dipartimento dei media tramite WhatsApp. Anche se la storia è falsa, viene comunque promossa».

Tariq ha inoltre svelato che i gruppi terroristici mantengono contatti diretti e costanti con Hamas, sfruttando tutte le risorse disponibili negli ospedali e nei servizi della Striscia di Gaza. «È in queste stanze che si prendono decisioni cruciali, come l’attacco ad Israele. Hanno accesso a internet ed elettricità 24 ore su 24. Hanno requisito una stanza per la radiologia, l’urgenza, la medicina interna o i specialisti senza interrompere completamente i servizi», ha dichiarato.

Del resto, la strategia mediatica jihadista non rappresenta affatto una novità, avendo una storia che precede di gran lunga l’attuale conflitto tra Israele e Gaza. Nell’intricato labirinto della propaganda terroristica, la Jihad prospera tra un costante flusso di tweet e chat segrete, che si celano persino dietro i riflettori dei videogiochi. La retorica jihadista si sviluppa attraverso un continuo bombardamento di messaggi cifrati, accompagnati da fotomontaggi e video d’azione, capaci di catturare l’attenzione.

Con grande capacità, lo Stato Islamico ha saputo capitalizzare e continua a farlo sfruttando l’evoluzione del panorama digitale e dei social media per diffondere la sua propaganda. Coinvolgendo attivamente il pubblico nella creazione e diffusione dei propri messaggi, l’organizzazione terroristica ha sfruttato ogni canale disponibile: dai social media alle riviste digitali, dalle radio locali ai manifesti, con l’intento di plasmare le opinioni pubbliche, reclutare nuovi adepti e consolidare il proprio dominio territoriale.

In breve, la Jihad ha dimostrato (e continua a dimostrare) una sorprendente abilità nel modellare la sua strategia comunicativa per rafforzare il proprio potere, attrarre nuovi seguaci e influenzare le opinioni sia nel mondo occidentale che arabo. Oltre alle immagini di guerra e alle esecuzioni brutali, la sua propaganda dipinge costantemente un quadro di controllo territoriale e capacità di soddisfare i bisogni della popolazione.

Il portavoce Tariq era uno dei 500 terroristi arrestati in un’operazione congiunta IDF-Shin Bet presso l’ospedale di Shifa, dove stava lavorando per promuovere attività di incitamento e propaganda. «Ogni zona e ogni ospedale ha un ruolo specifico. Per Shifa, sono l’ambulanza e l’urgenza. C’è un individuo che ha legami con il capo dell’ambulanza, che utilizza per trasportare leader, ricercati, feriti e altri individui. Viaggia insieme a loro», ha concluso.