All’Ucei la chiave delle catacombe ebraiche di Venosa

Arte

Il 21 ottobre 2007 sono state inaugurate le catacombe ebraiche di Venosa dopo i lunghi lavori di recupero statico e funzionale. Per l’occasione si è tenuto un convegno nella sala del trono del Castello Pirro del Balzo.

Presenti le autorità cittadine e regionali ed un rappresentante del governo, ha avuto luogo a Venosa una cerimonia, che segnava la fine di una prima tappa nel recupero di una vasta catacomba ebraica alle porte della cittadina che ha dato i natali ad Orazio.

Questa necropoli ebraica, nota agli studiosi sin dal XVI secolo ma esaminata con maggior rigore dopo la metà dell’Ottocento, è stata in un primo tempo trascurata ed in parte spogliata ma conserva una vasta collezione di epigrafi che sono state studiate, nel corso del tempo, anche da Isaia Graziadio Ascoli (già nel 1880) e da Umberto Cassuto nel 1934.

La natura estremamente friabile del terreno ne ha sempre reso difficile la conservazione ed è solo da pochi anni che è stato intrapreso un lavoro di consolidamento dell’ingresso e di alcuni percorsi, in modo da rendere visitabile una parte di questo ipogeo.

Un affresco, che ornava un arcosolio importante, con al centro una menorah, affiancata da un lulav, un etrog, uno shofar ed una fiala di olio, è fortunatamente stato fotografato a colori ma, purtroppo, frane successive ne bloccano attualmente l’accesso. Questo fatto evidenzia quanto siano necessari interventi di consolidamento che, molto probabilmente, permetteranno di accedere anche ai numerosi altri cunicoli per ora inesplorati e che sicuramente forniranno altro interessante materiale.

Le iscrizioni (oltre 75) per ora decifrate e pubblicate, mostrano che la popolazione ebraica, dal III al V secolo era sicuramente bene integrata e che alcuni notabili occupavano cariche civili, partecipando attivamente alla gestione della città. Dalle stesse epigrafi risulta anche che la comunità ebraica era molto legata alla terra d’origine, con la presenza di emissari venuti da Gerusalemme, con la affermazione di attesa della ricostruzione del santuario, ripetuta su numerose pietre tombali.

In occasione, quindi, del completamento di questa prima parte dei lavori di recupero di queste catacombe il sindaco di Venosa, Miranda Casagrande, ha organizzato una cerimonia di apertura, che è stata preceduta da interventi, nella sala del trono del castello Pirro del Balzo, del sindaco stesso, del presidente della regione Basilicata Vito De Filippo, dal sottosegretario ai rapporti con il parlamento e riforme istituzionali Giampaolo D’Andrea, dal prefetto di Potenza Mauriello, dal magnifico rettore dell’università della Basilicata, Antonio Mario Tamburro. Hanno successivamente esposto la natura degli interventi (consolidamento, illuminazione, monitoraggio sismico, ecc.) il Soprintendente Archeologico della Basilicata Prof. Massimo Osanna e la Soprintendente Archeologica di Napoli e Caserta ma anche Direttrice dei Lavori di recupero del Parco Archeologico di Venosa, la Dottoressa Maria Luisa Nava.

Hanno quindi portato il loro saluto rav Riccardo Di Segni, rabbino capo della comunità ebraica di Roma, Giacomo Saban, in rappresentanza del presidente dell’Ucei, Bruno Orvieto, presidente della Fondazione per i Beni culturali ebraici in Italia.

I presenti si sono poi recati alle catacombe dove rav Di Segni ha tagliato il nastro che chiudeva l’ingresso principale mentre il sindaco consegnava all’unione, nella persona del professor Saban, la chiave delle catacombe stesse.

Infine i presenti hanno potuto visitare il percorso delle catacombe aperto al pubblico. Le visite sono continuate per tutta la giornata.

Intervento di Giacomo Saban, in rappresentanza dell’Ucei

Circostanze molto speciali hanno impedito al Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Avvocato Renzo Gattegna, di essere qui con noi per partecipare a questa importante cerimonia che è stata organizzata per fare partecipe l’Ebraismo italiano al completamento di una prima tappa, fondamentale, dei lavori di recupero del complesso di catacombe ebraiche che si trovano alle porte di Venosa.

È quindi toccato a me, che da più anni mi occupo del recupero del patrimonio culturale ebraico in Italia ed in particolare delle catacombe ebraiche, sia di quelle di Roma e specificamente quelle di Villa Torlonia, sia di queste di Venosa che fra poco andremo a visitare, a rappresentare il Presidente dell’Unione e portarvi non solo il suo saluto, ma un ringraziamento sentito, suo e di noi tutti.

È forse una forzatura, la mia, ma ritengo che nei primi secoli dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme, nei primi secoli della Diaspora, l’Italia sia stata il punto attraverso il quale si è sviluppata la migrazione degli ebrei che lasciavano la Giudea. In un certo qual senso ritengo che la penisola italica fosse il punto d’approdo della stragrande maggioranza degli ebrei che si allontanavano da Gerusalemme distrutta e dai territori gestiti da un proconsole romano per spargersi in Europa e, secoli più tardi, dall’Europa nel Nuovo Mondo. L’Italia, in un certo senso, ebbe quel ruolo che New York avrebbe avuto, tanti secoli più tardi, come punto d’arrivo ai nostri emigranti in America…

Quindi le sepolture dei primi secoli che troviamo sul territorio nazionale sono sepolture non soltanto degli antenati di alcuni degli ebrei che abitano ora questa penisola, ma sono anche l’ultima dimora di alcuni degli antenati di coloro che, secoli più tardi, varcando le Alpi e andando da una parte oltre i Pirenei alla ricerca di una nuova vita o seguendo i monarchi carolingi verso l’Europa del Nord, hanno dato luogo a comunità ebraiche sparse un po’ ovunque nel mondo.

In quanto ebrei italiani, abbiamo quindi il dovere di preservare e proteggere questi siti perché ne siamo responsabili non solo verso noi stessi e non solo verso l’Italia, poiché indubbiamente si tratta di patrimonio nazionale, ma anche verso gli ebrei, ovunque essi siano nel mondo. Ci sarà forse chi osserverà che ci sono comunità ebraiche, nello stesso bacino del Mediterraneo, collocate in siti molto più vicini a Gerusalemme che non questi posti dove ci troviamo. Eppure è documentato che le vicende degli ultimi venti secoli hanno causato sconvolgimenti e migrazioni tali che, ad esempio, almeno nel secolo scorso c’erano certamente molti più ebrei i cui antenati provenivano da queste zone a Salonicco o Costantinopoli che non in tutta l’Italia meridionale! Basti pensare alle sinagoghe chiamate Calabria, Puglia, Otranto (oltre alle tre chiamate Italia Yashan, Italia Hadash, Italia Shalom e Sicilia) presenti a Salonicco sin dal XVI° secolo fino ai nostri giorni o a quelle chiamate Italia, Sicilia Grande, Sicilia Piccola, Calabria (anzi Calavrés) e Messina citate nei documenti ottomani.

Vi esprimo dunque, a nome dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, tutta la nostra gratitudine per l’interesse, la collaborazione, l’aiuto che avete dato alla realizzazione di quest’opera.

Vorrei però ringraziare – in modo particolare – la cittadinanza di Venosa, nella persona del suo Sindaco, il Dottor Carmine Miranda Castelgrande, che ha interpretato in maniera così efficace il desiderio della sua città di conservare anche questo particolare tassello del suo passato.

Voglio anche ringraziare le autorità regionali, in primis il Dottor Giacomazzi in quanto Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Basilicata, che hanno dimostrato il loro interessamento costruttivo alla conservazione di questo che è un tesoro proprio di questa parte d’Italia.

Questo tesoro ha subito in passato – specie nella seconda metà dell’Ottocento depredazioni che ci hanno fatto perdere sia artefatti che informazioni e la presenza stessa del Prefetto, che ringrazio, mi rassicura in quanto significa che cose del genere non si potranno più ripetere…

Vorrei esprimere la nostra riconoscenza al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e chi qui ne è stata il delegato, la Soprintendente Dottoressa Maria Luisa Nava, che ringrazio ancora ed ancora. La Dottoressa Nava ha curato e continua a curare il recupero del Parco Archeologico di Venosa e con lei voglio ringraziare il suo successore alla Soprintendenza Archeologica della Basilicata, il Professor Massimo Osanna. Sono già venuto altre volte a Venosa e so bene che la Dottoressa Nava è stata secondata in queste sue fatiche da validissime persone, competenti sia nel campo archeologico che nel settore del restauro e ancora in quello edilizio: a tutti loro, singolarmente, i nostri più sentiti ringraziamenti.

Prima di concludere vorrei dire qualcosa di più specifico su queste catacombe. Il lavoro che è stato fatto ci permette di essere sicuri che le parti ristrutturate e che potranno essere aperte al pubblico sono sufficientemente consolidate e protette ma quelli di noi che hanno seguito le vicende di queste catacombe sanno bene che c’è ancora moltissimo da fare. Un valente studioso, l’amico professor Cesare Colafemmina ha, alcuni anni fa, scoperto una zona in cui c’era un bellissimo affresco, per fortuna da lui fotografato dettagliatamente. Questa parte delle catacombe è purtroppo attualmente bloccata da crolli e questo dipinto, veramente unico per la sua importanza, è inaccessibile e non sappiamo nemmeno se è tuttora esistente e recuperabile. C’è dunque ancora molto da fare, tanto più che se si riesce a trovare adeguati finanziamenti si potrà riaprire quel settore ed eventualmente continuare ad esaminare i vari corridoi la cui esistenza ci è nota ma a cui non è stato possibile accedere. In questo modo potremmo probabilmente trovare altri interessanti reperti. I cataloghi di iscrizioni giudaiche ci indicano che fino al 1995 a Venosa sono stati catalogati 75 epigrafi e forse c’è già qualcosa in più, grazie ai lavori successivi a quella data. Ma nessuno di noi può minimamente valutare quanto altro materiale sia nascosto ancora in quel sito.

Colgo dunque quest’occasione per salutare il rappresentante del Governo, il Sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, il Senatore Giampaolo D’Andrea, che so di essere per formazione culturale un professore d’università, uno storico e so che è originario precisamente di questa regione. Ho dunque motivo di credere che il Sottosegretario non può essere indifferente al lavoro che si può ancora fare a Venosa e sono sicuro che farà presente alle Autorità che ulteriori ricerche in questo sito vanno incoraggiate.

Intervento di Bruno Orvieto, presidente della Fondazione Beni culturali ebraici in Italia onlus
Gli interventi del Rabbino Capo Di Segni e del Prof. Saban, che hanno preceduto questo mio saluto, dànno una misura dell’interesse che l’Ebraismo italiano attribuisce ai beni culturali ed in particolare a quelli che lo riguardano; essi sono la traccia di una presenza che nella nostra Penisola dura ininterrottamente da oltre duemila anni e che fa della comunità ebraica italiana la più antica comunità ebraica del Mondo dopo quella di Terrasanta.

Quella degli Ebrei è sempre stata in Italia una comunità decisamente minoritaria, ma attraverso i secoli essa ha interagito con grande intensità con il più generale contesto sociale, partecipando all’evoluzione dei valori umani, contribuendo al formarsi dei capisaldi della cultura, assumendo una parte attiva nell’avanzare del progresso scientifico e ricoprendo un importante ruolo anche nel processo dello sviluppo economico. I nostri beni culturali sono dunque i testimoni di una convivenza che, pur con i suoi alti e bassi, ha attraversato venti secoli, e più, esempio al tempo stesso di integrazione e di valorizzazione delle diversità; una presenza, quella degli Ebrei, che ha sempre generato valore aggiunto nella vita e nella cultura del Paese, lasciando un segno assai più evidente di quanto sia stata, nel tempo, la loro incidenza numerica rispetto alla generalità della popolazione.

Chi vi parla è qui oggi a rappresentare la Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia, della quale porta il saluto a tutti gli intervenuti ed il ringraziamento per quanto è stato fatto e per quanto si continuerà a fare. Per chi non ci conoscesse dico subito che siamo una Onlus, costituita nel 1986 dall’Unione delle Comunità Ebraiche, appunto con lo scopo di curare la valorizzazione e la promozione, in Italia e all’estero, del patrimonio culturale ebraico italiano. Si tratta di un compito che la Legge 101/89 riconosce come proprio degli enti rappresentativi dell’ebraismo, non tralasciando però di riferirsi, per il suo svolgimento, alla collaborazione con lo Stato. E questa collaborazione, lucidamente indicata dalla legge del 1989, non solo è prova del comune interesse alla tutela del patrimonio culturale ebraico, ma anche conferma dell’intento dello Stato di impegnarvisi direttamente, con le proprie risorse tecniche, organizzative e finanziarie.

Gli interventi di recupero delle catacombe sono solo un esempio di questa collaborazione: la Pubblica Amministrazione è il soggetto attivo dei progetti, ma trova nell’Unione e nella Fondazione delle “sponde” di sostegno e affiancamento, che aiutano ad impiantarli ed a portarli a termine correttamente. Mi riferisco non soltanto all’intervento di Venosa del quale oggi si inaugura il primo lotto, ma anche a quello che sta per iniziare a Roma, nelle catacombe di Villa Torlonia, per il quale l’impegno di parte ebraica è stato, e continua ad essere, ben più consistente.

Al settore delle catacombe ebraiche la Fondazione si è dedicata fin dal momento della sua nascita e da allora il professor Saban ne è stato attento studioso ed efficace referente per gli enti e per le Autorità interessate. Nessuno meglio di lui credo sia in grado di giudicare l’opera di chi ha gestito il recupero e la valorizzazione dei monumenti che oggi ci avete invitato ad inaugurare e posso assicurarvi che l’apprezzamento che egli ha espresso nei confronti dei Dirigenti che con determinata passione e grande tenacia hanno portato a conclusione questa prima parte del progetto e nei confronti dei loro collaboratori che vi hanno contribuito, non è un atto convenzionale, ma il frutto della valutazione di un esperto che ha seguito negli anni lo sviluppo degli eventi e poi l’avanzare dei lavori fra difficoltà di ogni tipo ed ha potuto misurare l’efficacia dell’impegno profuso da una squadra competente ed affiatata nel perseguimento del risultato finale. Mi associo quindi al suo ringraziamento anche se, arrivato da poco alla presidenza della Fondazione, non ho avuto modo di condividere da vicino questa entusiasmante esperienza per tutto l’arco della sua durata e di conoscerne tutti i protagonisti; ma di almeno uno di loro ho potuto apprezzare direttamente l’impegno, la sensibilità e la grandissima competenza: mi riferisco alla Soprintendente D.ssa Nava, che dell’intervento che andiamo ad inaugurare è l’indiscussa artefice e che mi permetto di adottare qui come persona simbolo di tutto il gruppo che così efficacemente ha lavorato.

Detto questo, torno brevissimamente, e concludo, alla Fondazione che presiedo: è una piccola struttura che non ha grandi mezzi, anzi, quelli economici ci mancano proprio, ma in quasi vent’anni di lavoro è riuscita ugualmente a svolgere tutto un insieme di attività nei differenti settori di interesse del patrimonio culturale ebraico, tale da consentirle oggi di mettere a disposizione l’ampia esperienza maturata ed anche di esercitare un ruolo di motore propulsivo e di supporto nelle attività che riguardano i beni culturali, anche se svolte da parte di soggetti terzi che ne abbiano titolarità o possesso.

L’impegno della Fondazione può quindi svilupparsi ora in tre direzioni:
1. il supporto ad altri enti che debbono tutelare e recuperare i propri beni culturali e/o attivarne la promozione;
2. la cura dei rapporti con Amministrazioni pubbliche e private nella sensibilizzazione delle stesse, sia nei confronti dell’interesse scientifico per la materia, sia in relazione ai problemi della ricerca fondi;
3. infine (ma non da ultimo) lo svolgimento diretto di progetti da gestire in proprio.

Il problema di oggi, come è stato evidenziato, è quello di finanziare il proseguimento dei lavori in Venosa, tanto nella bellissima “Incompiuta”, quanto nel sito delle catacombe, dove la natura del terreno fa temere il verificarsi di nuove frane e la conseguente perdita di altre parti dei cunicoli sepolcrali con gli importanti reperti in essi contenuti. La presenza qui dei rappresentanti del Governo e dei competenti Organi ministeriali, insieme a quella degli esponenti degli enti locali, ai loro più alti livelli, fa sperare che si possano rapidamente instaurare le più efficaci sinergie ed in particolare quelle necessarie per ottenere il finanziamento dei lavori ancora da eseguire sulla base dei progetti che già sono a disposizione.

Sono grato fin d’ora a tutte la Autorità per quanto, meritoriamente, vorranno fare, sapendo peraltro di poter poi contare sulla garanzia di competenza, affidabilità ed efficienza che i Dirigenti dei Beni Culturali hanno così ben dimostrato di saper dare. Noi della Fondazione saremo sempre al vostro fianco.

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