L’interesse per il Chassidismo di Martin Buber

di Michael Soncin
Martin Buber (1878-1965) è stato tante cose: una «figura complessa, tra i massimi intellettuali ebrei del XX secolo, storico del giudaismo e filosofo», ha detto Daniela Dana Tedeschi, Presidente dell’Associazione Figli della Shoah, durante la conferenza di Kesher di domenica 26 novembre dal titolo: L’interesse di Martin Buber per il Chassidismo: un fenomeno di moda?

La giornata è stata un’occasione per tratteggiare «l’interesse singolare di Buber per il chassidismo, che l’ha visto impegnato per molti anni della sua vita parallelamente agli studi di filosofia. Buber è un viennese, ed è lì che è cresciuto e si è formato, in contesto storico tra l’800 e il 900 ricco di grandi fermenti culturali. Ma da dove scaturisce l’interesse per il chassidismo?». A porre la domanda nelle vesti di moderatrice del dibattito è stata Esterina Dana, docente di lettere, membro della giuria selezionatrice del Premio letterario Adei Wizo Adelina della Pergola.

«È un interesse che definirei paradossale, perché quando Buber nasce a Vienna nel 1878, l’ebraismo dell’Europa orientale veniva percepito in un modo alquanto problematico, con un certo disprezzo, dagli ebrei integrati del centro dell’Impero austroungarico», sottolinea Cyril Aslanov, professore di linguistica, formatosi presso L’École normale supérieure di Parigi, oggi membro dell’Accademia della lingua ebraica a Gerusalemme.

Vienna per gli ebrei di quel tempo, spiega Aslanov, costituiva una spaccatura con l’ebraismo dell’Europa orientale, ma era proprio lì che si trovavano le radici di Buber, precisamente a Leopoli, dove all’età di 3 anni verrà mandato dai genitori dal nonno Solomon Buber che era un rappresentante dell’Haskalah, l’illuminismo ebraico. Filologo, persona dalla grande cultura, aveva pubblicato un midrash del VII secolo. In questo episodio galiziano della sua vita Buber ritorna alla fonte est europea della sua famiglia, trovandosi così in una posizione dove conosceva entrambi i fronti.

Come ha accennato il professore Aslanov, quando Buber inizia ad interessarsi al chassidismo, l’ebraismo dell’Europa orientale non era molto accettato dagli ebrei acculturati di Vienna o della Germania, ma ad un certo punto ci troviamo di fronte ad una svolta significativa nella percezione del chassidismo. Siamo tra l’’800 e il 900 quando vi è una reazione verso il pensiero razionalista, ed è in questo modo che Buber cerca far conoscere al pubblico il tesoro del chassidismo. Altro paradosso che evidenzia Aslanov riguarda il contrasto, il divario che c’è tra l’haskalah professata dal nonno e il chassidismo. «I maskilim, così erano chiamati i rappresentanti dell’haskalah, disprezzavano profondamente il chassidismo, tanto come gli ebrei acculturati».

Il 1906 è un anno importante per Buber, perché è l’anno della pubblicazione dell’adattamento dei famosi racconti di Rabbi Nachman, ritenuto il rappresentante più irrazionalista del chassidismo. «In questo modo Buber riesce a non solo a seguire il suo interesse per l’irrazionalismo, ma anche a diffondere un interesse per il chassidismo da parte del pubblico».

E ciò che è interessante è il modo in cui Buber ripropone questi racconti (precisamente il titolo uscito in Italia per Guanda è Le storie di Rabbi Nachman di Martin Buber). «Prima di Buber lo scrittore yiddish Isaac Leyb Peretz aveva già proposto un adattamento di queste leggende. Buber invece di rivolgersi ad un pubblico capace di leggere lo yiddish, scrive questi racconti in tedesco, facendo da mediatore».

 «L’innovazione è stata nel trasferire l’interesse per i sentimenti del popolo dalla cultura tedesca alla cultura ebraica messa a disposizione di lettori ebrei acculturati e anche non ebrei. I racconti di Buber hanno affascinato sia gli ebrei assimilati o acculturati che i non ebrei che volevano sapere di più su questo fenomeno spirituale del chassidismo, un movimento di ribellione, antirazionalista contro il rigorismo dell’ebraismo lituano».