Devar Torà / La delizia dello Shabbat

di Ufficio Rabbinico

Vayèshev

23 novembre 2013 – 20 kislèv 5774

Devar Torà

Quando si leggono le prime righe della parashà di questo Shabat, dedicate a Yosef, la reazione è di immediata antipatia per questo personaggio: prediletto e viziato dal padre, fa la spia al padre contro i fratelli, frequenta -forse con senso di superiorità-  i fratelli meno “nobili” in quanto figli delle concubine, e poi si mette a raccontare sogni provocatori in cui tutti si inchinano a lui, e che non possono non irritare chi li ascolta. Eppure si avverte già qualcosa di strano, perché non c’è solo l’irritazione per un ragazzo presuntuoso con delirio di superiorità, ma la vaga sensazione che in queste premonizioni c’è una verità, come il seguito del racconto mostrerà. Quindi le cose non stanno come sembrano, la realtà è diversa da come appare, la reazione istintiva può essere giustificata ma va controllata, il senso delle cose lo si capisce talvolta solo dopo molti anni. Una bella lezione su come rapportarsi a tutto ciò che ci circonda e ci accade. (Rav R. Di Segni)

Halakhà

La delizia dello Shabbat – 3

Il venerdì si usa preparare il pane in casa. E’ bene che l’impasto superi la misura minima che richiede il prelievo della challà (1560 g di farina). Prelevando la challà, una piccola quantità di impasto che viene fatta bruciare in forno, si recita la berakhà. Se l’impasto è di misura minore a 1200 grammi  non si fa il prelievo; tra 1200 e 1560 g si preleva senza benedizione. Su due pani fatti con questo impasto si farà l’ha-motzì nei pasti dello Shabbat.

La challà è carica di significati simbolici; l’impasto di acqua e farina ricorda la creazione di Venerdì del primo uomo dalla terra e dall’acqua, e il peccato primordiale che rovinò questo impasto; la preparazione della challà è una sorta di riparazione (Bereshit Rabbà 17, Midrash Tanchumà).

Per questo motivo ha un valore particolare impegnarsi personalmente nella preparazione del pane. Tuttavia, se questo non fosse possibile, si cerchi almeno di mangiare pat Israel durante lo Shabbat. (Ramà, Orach Chayim 242, 1; Mishnà Berurà 242, 6).