Devar Torà / Viaggi in nave prima di Shabbat

Vayiggàsh

7 dicembre 2013 – 4 tevèt 5774

Devar Torà

Quando incontriamo qualcuno o ci congediamo da lui, lo “salutiamo”. Così si dice in italiano, anche se il nostro saluto può usare differenti espressioni, ciascuna con un significato differente: si va dalle frasi di ossequio e sottomissione (il non più usato “bacio le mani” ma anche il comunissimo “ciao” che deriva da schiavo, nel senso che “sono tuo servo”, un senso che ora si è perso), a quelle bene augurali come “buongiorno” (o “buonasera” ecc.) o “salve” (in latino “stammi bene”), da cui appunto il verbo “salutare”.

In ebraico c’è la forma augurale (boqer tov…) e la sheelat Shalom, la richiesta di Shalom (che essendo anche un nome divino va detta con certe cautele).

Nel racconto dell’incontro di Yaaqov con il Faraone è detto ben due volte, all’inizio e alla fine: “Yaaqov benedì il Faraone” (Bereshit 47:7 e 10). Una ripetizione strana. Che cosa si nasconde dietro le due espressioni? Che cosa ha detto Yaaqov? Rashì spiega la prima espressione come una sheelat Shalom, la seconda come una benedizione. E integrando la prima spiegazione Rashì ricorre, come fa in alcuni casi, al vocabolario non ebraico, e cita l’espressione “saluder”. Non che questo risolva il problema, perché appunto “salutare” ha tanti significati. Ma lo studio della Torà e dei suoi commenti è appunto una domanda continua. (Rav R. Di Segni)

Halakhà

La delizia dello Shabbat – 5

Viaggi in nave prima di Shabbat

A partire dal giovedì non si intraprendono viaggi in mare aperto, se non per questioni di mitzwà, per via del malessere che ne potrebbe derivare, in particolare nei primi tre giorni dall’inizio del viaggio. Se tuttavia si è certi che si arriverà a destinazione prima di Shabbat, è permesso partire. (Shulchan Arukh, Orach Chayim cap. 248) (Rav A. Di Porto)