Parashat Mishpatim

Parashat Mishpatim. L’insieme di dettagli e visione è ciò che fa un leader

Appunti di Parashà a cura di Lidia Calò
La nostra parashà ci accompagna attraverso una transizione sconcertante. Fino ad ora, il libro di Shemot ci ha accompagnato nella perlustrazione e il dramma della narrazione: la schiavitù degli israeliti, la loro speranza di libertà, le piaghe, l’ostinazione del faraone, la loro fuga nel deserto, la traversata del Mar Rosso, il viaggio al Monte Sinai e la grande alleanza con Dio.

Improvvisamente, ci troviamo ora di fronte a un tipo di letteratura completamente diverso: un codice di legge che copre una sconcertante varietà di argomenti, dalla responsabilità per i danni alla protezione della proprietà, alle leggi di giustizia, allo Shabbat e alle feste. Perché parlarne qui? Perché non continuare la storia, portando del prossimo grande dramma, il peccato del vitello d’oro? Perché interrompere il flusso? E cosa c’entra questo con la leadership di Moshè?

La risposta è questa: i grandi leader, siano essi amministratori delegati o semplicemente genitori, hanno la capacità di collegare una visione ampia con dettagli altamente specifici. Senza la visione, i dettagli sono semplicemente noiosi.

C’è una storia ben nota di tre operai che sono impiegati nel taglio di blocchi di pietra.
Alla domanda su cosa stiano facendo, uno risponde: “Tagliare la pietra”, il secondo risponde: “Guadagnarsi da vivere”, il terzo risponde: “Costruire un palazzo”.
Coloro che hanno un quadro più ampio sono più orgogliosi del proprio lavoro e lavorano di più e meglio. I grandi leader comunicano una visione. Ma sono anche meticolosi, persino perfezionisti, quando si tratta di dettagli.

Thomas Edison notoriamente disse: “Il genio è l’ispirazione per l’uno per cento, il novantanove per cento è traspirazione”. È l’attenzione ai dettagli che separa i grandi artisti, poeti, compositori, registi, politici e capi di società dalla media. Chiunque abbia letto la biografia di Walter Isaacson, del compianto Steve Jobs, sa che aveva un’attenzione ai dettagli al limite dell’ossessione. Ha insistito, ad esempio, sul fatto che tutti i negozi Apple avessero scale di vetro. Quando gli è stato detto che non c’era un vetro abbastanza forte, ha insistito perché fosse inventato, ed è quello che è successo (deteneva il brevetto).

Il genio della Torah è stato quello di applicare questo principio alla società nel suo insieme. Gli israeliti avevano attraversato una serie di eventi trasformativi. Mosè sapeva che prima non c’era stato niente di simile. Sapeva anche, da Dio, che niente di tutto ciò era accidentale. Gli israeliti avevano sperimentato la schiavitù per poter amare la libertà. Avevano sofferto in modo che, sapessero cosa si provasse a stare dalla parte sbagliata del potere tirannico.

Sul Monte Sinai Dio, tramite Mosè, aveva dato loro una dichiarazione di missione: diventare “un regno di sacerdoti e una nazione santa”, sotto la sola sovranità di Dio. Dovevano creare una società fondata sui principi di giustizia, dignità umana e rispetto per la vita. Ma né gli eventi storici né gli ideali astratti – nemmeno i principi generali dei Dieci Comandamenti – sono sufficienti a sostenere una società nel lungo periodo. Da qui il progetto straordinario della Torah: tradurre l’esperienza storica in una legislazione dettagliata, in modo che gli israeliti vivessero quotidianamente ciò che avevano appreso, intrecciandolo nella trama stessa della loro vita sociale. …

In un famoso libro scritto negli anni ’80, il professore di diritto di Yale, Robert Cover, scrisse parlando di “Nomos e Narrazione”. Con il suo libro intendeva mostrare come sotto le leggi di una data società c’è un nomos, cioè una visione di un ordine sociale ideale che la legge è destinata a creare. E dietro ogni nomos c’è una narrazione, cioè una storia sul perché i plasmatori e i visionari di quella società o gruppo arrivarono ad avere quella visione specifica dell’ordine ideale che cercavano di costruire. Gli esempi di Cover sono in gran parte presi dalla Torah, e la verità è che la sua analisi suona meno come una descrizione della legge in quanto tale, che come una descrizione di quel fenomeno unico che conosciamo come Torah. La parola “Torah” non è traducibile perché significa molte cose diverse che appaiono insieme solo nel libro che porta quel nome. Torah significa “legge”. Ma significa anche “insegnamento, istruzione, guida” o, più in generale, “direzione”. È anche il nome generico dei cinque libri, dalla Genesi al Deuteronomio, che comprendono sia la narrativa che la legge.
In genere, diritto e narrativa sono due distinti generi letterari che hanno pochissime sovrapposizioni. La maggior parte dei libri di legge non contengono narrazioni e la maggior parte delle narrazioni non contiene leggi. Inoltre, come fa notare lo stesso Cover, anche se le persone in Gran Bretagna o in America oggi conoscono la storia dietro una data legge, non esiste un testo canonico che riunisca le due cose. In ogni caso, nella maggior parte delle società ci sono molti modi diversi di raccontare la storia. Oltre a ciò, la maggior parte delle leggi vengono emanate senza una dichiarazione del motivo per cui sono nate, di ciò che erano destinate a ottenere e di quale esperienza storica ha portato alla loro emanazione. Quindi la Torah è una combinazione unica di nomos e narrazione, storia e legge, le esperienze formative di una nazione e il modo in cui quella nazione ha cercato di vivere la sua vita collettiva in modo da non dimenticare mai le lezioni apprese lungo il percorso. Riunisce visione e dettaglio in un modo che non è mai stato superato.

È così che dobbiamo guidare se vogliamo che le persone vengano con noi, dando il meglio di loro. Ci deve essere una visione che ci ispiri, che ci dica perché dobbiamo fare quello che ci viene chiesto di fare. Ci deve essere una narrazione: questo è quello che è successo, questo è quello che siamo, ed è per questo che la visione è così importante per noi.
Poi ci deve essere la legge, il codice, l’attenzione meticolosa ai dettagli, che ci permettono di tradurre la visione in realtà e trasformare il dolore del passato nelle benedizioni del futuro. Questa straordinaria combinazione, che non si trova in quasi nessun altro codice di legge, è ciò che dà alla Torah il suo potere duraturo. È un modello per tutti coloro che cercano di condurre le persone alla grandezza.

Di Rav Jonathan Sacks z”l