La legatura di Isacco spiegata da Haim Baharier

Ebraismo

di Paolo Castellano

baharier2Manca poco al capodanno ebraico ed è quindi tempo di riflettere sul significato di questa ricorrenza che ha una grande importanza nella cultura ebraica. Sul tema è intervenuto lo scrittore Haim Baharier domenica 6 settembre durante la giornata della cultura ebraica presso il Memoriale della Shoah di Milano presentando la sua lezione dall’enigmatico titolo: “La mucca Rossa“.

Lo studioso ha dato avvio alla conversazione ponendo una domanda al pubblico: “PerchĂ© fare una lezione proprio al binario 21? Un luogo di memoria ma di una memoria terribile”. Ha continuato dicendo di essersi posto l’interrogativo sul perchĂ© fosse stato scelto proprio quel luogo e non altri. In una settimana è riuscito a trovare una risposta esauriente partendo da alcune riflessioni personali.

“Siamo ad una settimana dal capodanno, che secondo la tradizione Israel dura due giorni. Due perchĂ© l’ebreo è duale. Nel secondo giorno si legge un brano della Torah del Pentateuco: la “La legatura di Isacco”.

Abbiamo il padre dell’identitĂ  di Israel, Abramo, che decide su ordine divino di sacrificare il suo unico figlio avuto con Sara. E lo deve sacrificare presso il monte Moria, questo termine indica il timore di Dio. Per tre giorni camminano. Arrivati nel luogo prescritto, Isacco viene legato, è un 30enne, il padre sfila il coltellaccio e mentre compie l’estremo gesto viene interrotto da un angelo che si rivolge ad Abramo e gli dice: ‘Ma cosa stai facendo?’.

Questo è indubbiamente uno degli episodi piĂą stimolanti del Pentateuco. Sembra una passione mancata. Uno dei maestri dell’800 diceva che quello che succede e non succede sul Moria serve al popolo di Israel per resistere all’antisemitismo; questo evento avrebbe impiantato la forza di resistere”.

Baharier si è chiesto se sia davvero una storiella e ha ripreso la domanda iniziale cercando di dare una risposta: “E’ certo una storiella. Ma una storiella del non avvenuto come può aiutarci sull’avvenuto? Allora si tratta di una finzione per sacrificarci? Una struttura antisemita: Israele come compensazione della Shoah? PerchĂ© parlare qua al memoriale? Cosa è successo al monte Moria? Mi sono dato una risposta. Abramo ha condotto il figlio lì per il timore di Adonai. La sua è una paura elaborata. Il timore è una forma elaborata del rispetto. Cos’è questo monte allora? La prova di Abramo la conosciamo, ma quella di Isacco? La prova di Isacco è la resistenza. Questo ci porta a pensare che dopo quello che si è subito,  si possa credere nuovamente nell’uomo. La giornata della cultura è questo: il popolo di Israel deve credere nell’umanitĂ ”.

Dopo le riflessioni sull’ereditĂ  della Shoah, Baharier ha svelato il misterioso tema della “Mucca Rossa”: “Cos’è? E’ una ritualitĂ  particolare. Bisogna prendere una mucca rossissima e ridurla in cenere; mischiare le ceneri con l’acqua che servirĂ  a purificare gli impuri. Quest’acqua – le ceneri della mucca rossa –  sono una memoria. Un farmaco che sancisce il percorso di guarigione. Sancisce la fine di un periodo. Quando vengo a contatto con la morte vengo contaminato. La morte non fa parte della vita. Avere un contatto con essa è qualcosa di rischioso e c’è un percorso culturale e spirituale per elaborarla che si chiama lutto e l’acqua arriva al termine del lutto. Chiunque  partecipi al rito diventa impuro. Alcuni commentatori fondandosi sul testo che racconta la ritualitĂ , si sono convinti che si tratti di una metafora e di una tradizione della cultura ebraica. La mucca rossa viene chiamato il principio della Torah. Come si riassume questo principio? Purifica gli impuri e rende impuri i puri. Eccellente spiegazione della cultura ebraica che ha la capacitĂ  di narrare la convivenza e di legge  la relazionalitĂ . La cultura può essere un antidoto, una possibilitĂ  di convivenza. Quando diciamo che  non c’è cultura ci riferiamo a una mancanza di dialogo o di accoglienza”.

L’intellettuale ha terminato la sua lezione con una battuta ironica: “La cultura dovrebbe purificare e invece quando ti occupi di cultura è il contrario”.