Esperti smentiscono le accuse di carestia nel Nord di Gaza

Mondo

di Redazione
Il Famine Review Committee (FRC) ha rigettato le accuse di carestia nel nord di Gaza, e ha concluso che l’afflusso di aiuti e la disponibilità di cibo sono aumentati significativamente nei mesi di marzo e aprile, garantendo quasi il 100% del fabbisogno calorico giornaliero.

Il presidente Sergio Mattarella

Qualcuno ha informato il Presidente Mattarella che l’ONU e l’UNRWA sono istituzioni che “fiancheggiano” Hamas?

Opinioni

di Angelo Pezzana
[La domanda scomoda] La prossima volta che Sergio Mattarella si recherà a New York in visita all’Onu, sarà opportuno informarlo sulla natura che la caratterizza: insieme alla Corte Penale Internazionale, sono le due istituzioni che rappresentano l’odio mondiale contro Israele. Per l’Onu agisce l’UNRWA, che nel massacro del 7 ottobre ha collaborato con Hamas,

Le verità (scomode) sul conflitto israelo-palestinese, l’Onu e l’Occidente: una serata di grande successo al Teatro Franco Parenti

Israele

di Ilaria Myr
la conferenza ‘La verità sul conflitto israelo-palestinese’, organizzata dall’associazione Setteottobre ha visto la partecipazione di tre relatori internazionali d’eccezione: l’ex portavoce del governo israeliano, Eylon Levy, il direttore esecutivo di UN Watch, Hillel Neuer, e la fondatrice di Arabs Ask, Rawan Osman. Si è parlato di Onu, di guerra e dell’occidente inerte che non capisce che se continua ad appoggiare Hamas sarà la prossima volta.

La Corte Internazionale di Giustizia ordina a Israele lo stop alla sua offensiva militare a Rafah

Mondo

di Redazione
Venerdì 24 maggio la Corte internazionale di giustizia (ICJ) – il più altro Tribunale delle Nazioni Unite – ha emesso nuove misure provvisorie che ordinano a Israele di terminare immediatamente le operazioni militari a Rafah, nel sud di Gaza, e di aprire il valico di frontiera del governatorato per le consegne urgenti di aiuti.

Le nuove misure sono arrivate in risposta alla richiesta del Sudafrica avanzata il 10 maggio in relazione alle accuse iniziali di dicembre secondo cui Israele stava violando i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio durante la guerra a Gaza, scoppiata dopo gli attacchi terroristici di Hamas contro Israele in ottobre che uccise più di 1.200 persone e ne lasciò altre 250 prese in ostaggio.

Leggendo le nuove misure provvisorie in una sessione aperta alla Corte dell’Aja, il giudice della Corte Internazionale di Giustizia, Nawaf Salam, ha annunciato che Israele deve rispettare i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul Genocidio di «fermare immediatamente la sua offensiva militare e qualsiasi altra azione nel governatorato di Rafah che possa infliggere sul gruppo palestinese di Gaza condizioni di vita che porterebbero alla sua distruzione fisica totale e parziale».

 

 

In un articolo lungo e dettagliato  The Times of Israel riporta che si tratta di un significativo ma alquanto ambiguo irrigidimento nel trattamento riservato alle accuse di genocidio contro Israele; un trattamento che la Corte Internazionale di Giustizia ha adottato ordinando venerdì a Israele di interrompere le operazioni militari nella città di Rafah, nel sud di Gaza, per evitare il rischio di distruzione della popolazione civile che vi si rifugia.

«Israele deve fermare immediatamente la sua offensiva militare e qualsiasi altra azione nel governatorato di Rafah, che possa infliggere al gruppo palestinese di Gaza condizioni di vita che potrebbero portare alla sua distruzione fisica totale o parziale», afferma la sentenza. Una decisione di grande rilevanza politica che incrementerà le pressioni internazionali per una tregua, dopo oltre sette mesi di guerra; pressioni che verranno esercitate soprattutto su Israele. Il Governo però ha già detto che non la rispetterà. Le richieste della Corte sono infatti vincolanti ma solo in teoria, non avendo davvero i mezzi per metterle in pratica.

L’ordinanza, scrive ancora il quotidiano israeliano, è stata approvata con 13 voti contro 2 dai giudici della Corte, con il dissenziente vicepresidente Julia Sebutinde dell’Uganda e il giudice ad hoc Aharon Barak di Israele.

Secondo l’interpretazione di Sebutinde, Barak e  altri due giudici della Corte, la sentenza non era un ordine diretto a fermare l’operazione di Rafah, ma piuttosto un ordine limitato che istruiva Israele a non violare la Convenzione sul genocidio in quella campagna militare. Il quinto dei cinque giudici che hanno scritto opinioni o dichiarazioni separate, il sudafricano Dire Tladi, ha tuttavia espresso il punto di vista opposto, sostenendo che la sentenza, in «termini espliciti, ordinava allo Stato di Israele di fermare la sua offensiva a Rafah».

Mentre alcuni interpretano la decisione come un ordine generale di fermare l’offensiva, la formulazione sembra includere alcune condizionalità che permetterebbero a Israele di continuare le operazioni a Rafah fintanto che si garantisca che le condizioni dei palestinesi che vi trovano rifugio non si deteriorino tanto da rischiare la loro distruzione di massa. In particolare, quasi un milione degli 1,4 milioni di palestinesi rifugiati a Rafah, sono già stati evacuati.

Tale interpretazione è stata resa esplicita dal giudice tedesco Georg Nolte che ha scritto che «La misura che obbliga Israele a fermare l’attuale offensiva militare a Rafah è condizionata dalla necessità di prevenire condizioni di vita che potrebbero provocare la distruzione fisica dell’intero o in parte del gruppo palestinese a Gaza».

 

Nella decisione di venerdì, i giudici della Corte Internazionale di Giustizia hanno espresso ancora una volta che la loro principale preoccupazione riguardo agli obblighi di Israele ai sensi della Convenzione sul genocidio, in base alla quale il Sudafrica ha portato Israele in tribunale, è che Israele non crei le condizioni di vita progettate per distruggere la popolazione palestinese a Gaza.

In tutte e quattro le sentenze emesse dalla Corte contro Israele a partire dal 26 gennaio, è stato chiarito che la principale esposizione per Israele alle accuse di genocidio ai sensi della Convenzione sul genocidio è la clausola esplicita dell’articolo due. Questa afferma che una forma di genocidio è «l’infliggere deliberatamente al gruppo (nazionale, etnico, razziale o religioso) condizioni di vita calcolate per provocarne la distruzione fisica totale o parziale».

La sentenza della Corte di venerdì ha affermato che le preoccupazioni espresse nella sua decisione di febbraio, quando il Sud Africa aveva chiesto per la prima volta che la Corte ordinasse a Israele di non invadere Rafah, «si sono materializzate, e che la situazione umanitaria deve ora essere definita disastrosa».

Ha affermato che gli sviluppi a Rafah, con l’evacuazione di centinaia di migliaia di palestinesi dalla città, sono stati «eccezionalmente gravi» e che «non è convinta» che gli sforzi di evacuazione di Israele e altre misure per proteggere i civili di Gaza «siano sufficienti a alleviare l’immenso rischio al quale è esposta la popolazione palestinese a causa dell’offensiva militare a Rafah».

Insieme agli ordini riguardanti l’operazione militare israeliana a Rafah, la Corte ha anche ordinato a Israele di «mantenere aperto» il valico di frontiera di Rafah tra Egitto e Gaza per consentire la «fornitura senza ostacoli su vasta scala» di aiuti umanitari alla regione.

Il valico di Rafah è stato chiuso da quando l’IDF ha lanciato un’operazione all’inizio di questo mese per prendere il controllo del lato di Gaza del passaggio.

Israele accusa l’Egitto di essersi rifiutato di riaprire il valico poiché il Cairo non vuole riaprirlo finché l’IDF gestisce effettivamente l’altro lato, e Israele ha faticato a reclutare un altro organismo per gestire il valico.

La Corte ha inoltre ordinato a Israele di consentire «l’accesso senza ostacoli alla Striscia di Gaza» alle commissioni d’inchiesta, alle missioni di accertamento dei fatti o ad altri organi investigativi incaricati dalle Nazioni Unite di indagare sulle accuse di genocidio.

Questo ordine potrebbe spingere le agenzie delle Nazioni Unite a inviare delegazioni per avviare indagini sulle accuse di genocidio mosse dal Sud Africa e da altre nazioni contro Israele in tribunale.

La Corte ha ordinato a Israele di riferire entro un mese su come ha eseguito gli ordini.

Se la Corte dovesse ritenere che Israele abbia violato gli ordini, potrebbe riferire tali violazioni al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che potrebbe poi decidere se adottare o meno misure punitive contro Israele di conseguenza.

Inoltre, la Corte ha osservato di aver precedentemente chiesto il rilascio degli ostaggi presi durante l’attacco guidato da Hamas il 7 ottobre e ha ripetuto tale appello. «La Corte è profondamente turbata dal fatto che molti ostaggi sono ancora in cattività e ordina il loro rilascio immediato e senza condizioni», ha dichiarato.

Intanto, il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha riunito alcuni ministri del suo governo per «consultazioni».

A sua volta il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres ha dichiarato: «Le decisioni dell’Aja sono vincolanti, siano rispettate e confida che siano debitamente rispettate dalle parti». Lo ha affermato il portavoce del Palazzo di Vetro in una nota.

La sentenza in questi giorni è oggetto di continue analisi da parte di giuristi, politici e media.

 

 

Con la risoluzione dell’Onu (e il tradimento degli Usa) prosegue la delegittimazione di Israele

Taccuino

di Paolo Salom
Questa risoluzione, mal scritta (è stata proposta da Cina e Russia: vi rendete conto?) è la patente che gli odiatori di Israele attendevano per completare l’opera di demolizione dell’unico Stato ebraico al mondo. L’America, in vista di elezioni presidenziali hanno preferito sacrificare la pedina a loro giudizio meno indispensabile nei pesi e contrappesi di un mondo sempre più instabile.

Gli ebrei americani: generazioni a confronto. Il sionismo, Israele, la giustizia. Le “ragioni” di un divorzio annunciato?

Mondo

di Redazione
Per la prima volta nella storia, gli Stati Uniti si sono astenuti in una votazione contro Israele al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Lo hanno fatto sulla Risoluzione che chiede il cessate il fuoco a Gaza,  in sottordine la liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, mentre non si fa menzione alcuna del pogrom del 7 ottobre.

consiglio sicurezza onu vota cessate fuoco a Gaza (UN Photo/Eskinder Debebe)

Gaza: il Consiglio di Sicurezza dell’ONU approva una risoluzione che esige un immediato cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Gli Stati Uniti non pongono il veto

Mondo

di Giovanni Panzeri
La risoluzione “esige un immediato cessate il fuoco per il mese del Ramadan, rispettato da tutte le parti in causa, che porti a una cessazione del conflitto duratura e sostenibile, ed esige il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi, garantendo l’accesso umanitario per assolvere alle loro esigenze mediche e di altro tipo, infine esige che le parti rispettino i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale verso tutte le persone da loro detenute”.

L’International Legal Forum chiede le dimissioni della funzionaria ONU Francesca Albanese

Mondo

di David Fiorentini
La richiesta arriva in seguito all’ennesima polemica scaturita dalla funzionaria ONU, la quale ha retwittato un post del presidente francese Macron che definiva il massacro perpetuato da Hamas il 7 ottobre come il peggiore incidente antisemita del secolo. “Il peggiore massacro antisemita del secolo? No, signor Presidente”, ha scritto Albanese su X. “Le vittime del 7/10 sono state uccise non a causa del loro ebraismo, ma in risposta all’oppressione di Israele.”