Il Cairo summit in risposta a Trump: il piano dei leader arabi per ricostruire Gaza vale 53 miliardi di dollari e l’incognita sul ruolo di Hamas

Mondo

di Ludovica Iacovacci
La visione “Riviera del Medio Oriente” del presidente statunitense Donald Trump per il futuro della Striscia, una fusione tra Miami Beach e Costa Azzurra che prevede il trasferimento dei palestinesi altrove, riceve una risposta da parte del mondo arabo: il piano egiziano per ricostruire Gaza costa 53 miliardi di dollari con la condizione di lasciare i gazawi sul territorio e l’incertezza del ruolo di Hamas al governo.

Il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi ha detto che la proposta approvata dai leader arabi, che è stata successivamente accolta da Hamas ma respinta dagli Stati Uniti e da Israele, era stata accettata alla chiusura di un vertice che ha ospitato al Cairo martedì. Al-Sissi ha detto all’incontro che era certo che Trump sarebbe stato in grado di raggiungere la pace nel conflitto.

Le controparti israeliana e americana lamentano che il piano non ha chiarito quale sarebbe il ruolo di Hamas nel futuro di Gaza, non ha né condannato né menzionato il massacro del 7 ottobre 2023 in Israele né è stato stabilito quali Paesi fornirebbero i soldi per la ricostruzione della Striscia. Il documento non nomina direttamente Hamas, riferendosi invece a “più fazioni armate palestinesi”, una “questione… [che] rimane impegnativa”.

Il documento egiziano afferma: “Il piano si basa sulla preservazione dei diritti, della dignità e dell’umanità dei cittadini del popolo palestinese e la prospettiva della soluzione dei due Stati”. È scritto inoltre che il piano “Raggiunge anche le aspirazioni del popolo israeliano a vivere in sicurezza”.  Il progetto mira a “mantenere il cessate il fuoco a Gaza” ed esorta la comunità internazionale a “dedicare la massima attenzione al sostegno degli sforzi di Egitto, Qatar e Stati Uniti”.

Il piano aspira a creare uno Stato palestinese che comprenda Gaza e Cisgiordania secondo la divisione dei territori del 4 giugno 1967, permettendo ai palestinesi di vivere in queste terre. Nel documento è scritto che “verrà istituito un comitato per l’amministrazione di Gaza nel gestire gli affari di Gaza per un periodo transitorio di sei mesi. Questo comitato è un organismo indipendente composto da tecnocrati e figure non faziose che lavorerà sotto l’egida del governo palestinese; la sua istituzione rientra nel quadro dei preparativi per il pieno ritorno delAutorità Nazionale Palestinese a Gaza”. Il comitato sarebbe responsabile della supervisione degli aiuti umanitari e della gestione degli affari della Striscia per un periodo temporaneo, in preparazione del ritorno dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP).

In una dichiarazione, Hamas ha detto di accogliere con favore il piano e la formazione del comitato palestinese ma crede che andrà rispettata il “consenso nazionale” riguardo al governo. Nel documento, il ruolo di Hamas non viene chiarito né il suo nome scritto esplicitamente come riferimento al governo che attualmente controlla Gaza. Non c’è neanche alcun riferimento al massacro del 7 ottobre 2023 compiuto dai terroristi di Hamas ai danni di Israele.

Si propone che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) inizi uno studio per stabilire una presenza internazionale in Cisgiordania e a Gaza, anche attraverso l’adozione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per il dispiegamento di forze internazionali di protezione e mantenimento della pace con un mandato e termini di riferimento chiari. La prospettiva politica del piano è che questo porti ad un risultato unico e chiaro che sia “l’attuazione della soluzione dei due Stati. Non c’è alternativa alla fondazione di uno Stato palestinese”, è scritto.  “Si prevede che il ritiro completo di Israele da tutto il territorio palestinese segnerà la fine di tutte le relative attività di resistenza palestinese, così come di tutte rivendicazioni palestinesi e israeliane e l’inizio di una fase transitoria per la normalizzazione delle relazioni, da definire in dettaglio in un accordo tra le due parti”, recita il testo. 

Il documento stima che le perdite materiali totali nella Striscia di Gaza siano approssimative a 29,9 miliardi di dollari, mentre le perdite economiche e sociali ammontano a 19,1 miliardi di dollari, portando le perdite totali e il fabbisogno a 53,2 miliardi di dollari.

Secondo il testo i settori più danneggiati sono i seguenti: il settore immobiliare, quasi nella sua totalità (16,3 miliardi di dollari); commercio e industria (8,1 miliardi di dollari); sanità (7,6 miliardi di dollari); istruzione (4,1 miliardi di dollari) e trasporti (circa 2,9 miliardi di dollari).  Il piano prevede tre fasi:
Fase uno: la Striscia sarà gestita da un comitato di tecnocrati ed inizieranno le operazioni di pulizia e costruzione – 200.000 case da costruire, 60.000 edifici restaurati entro sei mesi;
Fase due: continueranno pulizia e la costruzione degli edifici, tra cui 400.000 case da costruire, ripristinare i servizi: acqua, rifiuti, telecomunicazioni ed elettricità; fornire alloggi per l’intera popolazione entro 30 mesi; costruire 120 ospedali, una zona industriale, un porto peschereccio, un porto commerciale e un aeroporto;
Fase tre: il comitato tecnocratico sovrintenderà agli aiuti umanitari e alla governance. Un consiglio di direzione e gestione – un fondo che sostiene i tecnocrati – sosterrebbe il processo in tutto; sarà prevista un’elezione che potrebbe svolgersi l’anno prossimo se le condizioni lo permetteranno. 

La risposta americana e israeliana

La Casa Bianca si è opposta al piano arabo. Il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Brian Hughes ha detto in una dichiarazione al Times of Israel che il piano “non affronta la realtà che Gaza è attualmente inabitabile e i residenti non possono vivere umanamente in un territorio coperto di detriti e ordini inesplosi”. “Il presidente Trump sostiene la sua visione di ricostruire Gaza libera da Hamas”, ha aggiunto Hughes.

Il Ministero degli Esteri israeliano ha detto che il piano egiziano “non riesce ad affrontare le realtà della situazione”. “È degno di nota che il feroce assalto terroristico di Hamas non è menzionato, e non c’è nemmeno una condanna di questa entità terroristica omicida, nonostante le atrocità documentate”, ha detto la dichiarazione. Il Ministero ha ribadito il sostegno di Israele al piano di Trump di reinsediare la popolazione di Gaza altrove, descrivendolo come “un’opportunità per gli abitanti di Gaza di avere la libera scelta basata sul loro libero arbitrio”, un giorno dopo che il primo ministro Benjamin Netanyahu ha nuovamente dato il suo pieno sostegno alla proposta, definendola “visionaria e innovativa”.

Le discussioni nel mondo arabo

Il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty ha criticato il rifiuto di Israele definendolo “inaccettabile” e descrivendo la sua posizione “ostinata ed estremista”. La proposta egiziana dice che è “illogico” ignorare il desiderio dei palestinesi di rimanere a Gaza e sollecita anche le elezioni in tutte le aree palestinesi entro un anno, se le condizioni supportano tale mossa.

Il primo ministro dell’AP Mohammed Mustafa ha detto che il fondo di ricostruzione avrebbe cercato finanziamenti internazionali e supervisione e probabilmente si troverà nella Banca Mondiale. Il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas, presente nel vertice al Cairo, ha detto che anche lui ha accolto con favore il piano egiziano e rivendica la governabilità sia in Cisgiordania sia nella Striscia di Gaza, nonostante dai sondaggi e dalle acclamazioni popolari Hamas sia fortemente e maggiormente apprezzato in entrambi i territori dal popolo palestinese. Abbas ha ripetutamente promesso di tenere le elezioni ma nel corso degli anni ha spesso fatto marcia indietro.

I leader degli Emirati Arabi Uniti e del Qatar, Paesi che avrebbero i miliardi di dollari necessari, non hanno parlato durante le sessioni aperte del vertice.

La posizione di Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti  

Seppure il mondo arabo sia compatto nel credere che i palestinesi non vadano trasferiti fuori da Gaza, non ci sono posizioni univoche riguardo al futuro di Hamas, l’organizzazione terroristica che ha scatenato la guerra con il massacro del 7 ottobre 2023 contro Israele, che ha ucciso circa 1.200 persone e preso altri 251 ostaggi.

Gli Emirati Arabi Uniti, che vedono Hamas e altri islamisti come una minaccia esistenziale, vogliono un disarmo immediato e completo del gruppo terroristico, mentre altri Paesi arabi sostengono un approccio graduale, ha detto a Reuters una fonte vicina alla questione.

La stessa agenzia riferisce che una fonte vicina alla corte reale dell’Arabia Saudita ha detto che la continua presenza armata di Hamas a Gaza è stata un ostacolo a causa delle forti obiezioni degli Stati Uniti e di Israele.

La risposta dell’Onu

Il Segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha detto di sostenere pienamente il piano egiziano. “Accolgo con favore e sostengo fortemente l’iniziativa guidata dagli arabi per mobilitare il sostegno per la ricostruzione di Gaza, chiaramente espressa in questo vertice”, ha detto. “L’Onu è pronta a collaborare pienamente in questo sforzo”.

 

Hamas rivendica il consenso nazionale a Gaza

Il portavoce di Hamas Hazem Qassem ha detto martedì che il gruppo terroristico accetterà solo un piano guidato dagli arabi per la ricostruzione postbellica di Gaza che ottiene il sostegno dei palestinesi nella Striscia, rifiutando le “forze esterne”.

“La nostra posizione è chiara, qualsiasi piano per il futuro di Gaza… deve essere raggiunto attraverso il consenso nazionale e faciliteremo il processo”, ha detto Qassem all’agenzia di stampa turca Anadolu.

In precedenza, il portavoce senior di Hamas Sami Abu Zuhri ha detto che il gruppo terroristico non avrebbe deposto le armi e non lo avrebbero fatto neanche le altre organizzazioni palestinesi armate. “Qualsiasi discorso riguardo alle armi della resistenza è una sciocchezza. Le armi della resistenza sono una linea rossa per Hamas e tutte le fazioni della resistenza”, ha detto Abu Zuhri, parlando nel contesto di potenziali negoziati per porre fine all’attuale cessate il fuoco.

Il piano egiziano difetta di elementi chiave

Oltre a mancare i riferimenti del massacro del 7 ottobre 2023, il piano arabo non spiega quale sarebbe il ruolo e il destino di Hamas sul governo di Gaza né tocca il delicato punto di come impedire al gruppo terroristico di intimidire i funzionari o lanciare razzi su Israele e attaccarla.

Il documento chiede all’Egitto e alla Giordania di addestrare la polizia palestinese e una bozza di versione ha incoraggiato l’esame di una forza internazionale in Cisgiordania e Gaza. A medio termine, Israele e l’Autorità palestinese negozierebbero le questioni di stato finale.

Il piano prende ispirazione dalla ricostruzione di Hiroshima e Berlino, città devastate durante la Seconda Guerra Mondiale. Inoltre non lascia che la costa di Gaza sia solo organizzata dal programma di Donald Trump. Il documento egiziano richiede anche l’edificazione di resort e villaggi turistici sulla spiaggia.

Il vertice del Cairo si è svolto mentre Israele e Hamas si trovano in un vicolo cieco sul futuro di un fragile accordo di cessate il fuoco iniziato il 19 gennaio 2025. Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu lunedì ha avvertito Hamas che “ci saranno conseguenze che non puoi immaginare” se gli ostaggi ancora detenuti a Gaza dai terroristi palestinesi non saranno rilasciati.

 

(Nella foto da sinistra Mahmoud Abbas e il presidente egiziano Abdel-Fattah Al Sissi. Screenshot)