Tanti auguri al grande Ben Harper, 50 anni per il cantautore dalle radici afro-ebraiche

Taccuino

di Roberto Zadik

Un po’ Bob Marley, un po’ Lenny Kravitz ma molto più versatile nello stile e nelle influenze, non tutti sanno che Ben Harper ha una mamma ebrea di origine lituana, Ellen Chase Verdries, che divorziò dal suo papà, afroamericano, e che visse col figlio tutta la sua adolescenza. È una donna speciale, anche lei musicista, e ha gestito un negozio di musica a Claremont per molti anni, allevando tre figli e insegnando a Ben a suonare la chitarra.

“Mia mamma ha fatto molte cose incredibili nella sua vita: ottenere il dottorato, gestire il primo e il più antico negozio di musica in California, crescere tre ragazzi, solo per citarne alcune, e ora pubblicare il suo primo disco da solista”, racconta Ben parlando di sua madre e del suo recente album “Light Has a Life of Its Own.”. “È un’ottima lezione di pazienza, perseveranza e impegno”, ha detto Harper con orgoglio filiale.

Questo bravo cantautore, californiano e non newyorchese, ha compiuto 50 anni il 28 ottobre e da quasi 30 anni è sulla scena, sempre capace di stupire e di incantare, di passare da brani decisi come lo scatenato reggae di With my own two hands o il rock aggressivo di  Shimmer and shine a melodie molto sentimentali come When she believes e la bellissima Boa Sorte, interpretata con la vocalist brasiliana Vanessa De Mata o ancora  l’emozionante Diamonds on the inside del 2003 che si è rivelata uno dei suoi più grandi successi.

Dagli anni ’90 ad oggi, il musicista ha continuato a cambiare genere musicale e varie band, dagli Innocent Criminals ai Relentless Seven e anche sentimentalmente si è rivelato piuttosto irrequieto, con tre matrimoni alle spalle, uno dei quali con l’attrice Laura Dern, famosa per classici di David Lynch come Velluto blu e Cuore selvaggio. Cinque i figli, dei quali l’ultimo due anni fa da Jacqueline Matfus.

Molto intenso nei suoi live, sportivo (si dedica allo skateboard), virtuoso della chitarra, che suona anche tenendola sulle ginocchia, e che ha cominciato a suonare da adolescente sulle orme del celebre bluesman Robert Johnson, quello di Sweet Home Chicago. In giro dal lontano 1990, il vivace e riservato artista non si è mai espresso sulla propria infanzia o in materia di religione, limitandosi ad affermare, come ha rivelato il sito www.theroot.com, in un’intervista ripresa dal sito One Way: “mio padre è nero e mia madre è ebrea ma non provo nessun senso di appartenenza. Sono disposto ad essere orgoglioso di quello che sono, ma senza che questa identità mi imprigioni”. Parole chiare, che rivelano la natura ribelle e vagabonda di questo personaggio estremamente stimolante ma complesso, che nella sua carriera ha spesso attinto dal passato, come nella bellissima cover di Strawberry fields dei Beatles o dagli anni ’90 inglesi, ricantando la commovente The drugs don’t work dei Verve. Buon compleanno a questo grande talento, in attesa di nuove canzoni e di altrettante sorprese a 3 anni dal suo ultimo lavoro Call It What it is del 2016.