Adolescenti israeliani e loro fragilità, al cinema, in “Una stanza tutta per sé”

di Roberto Zadik

Il film, uscito in Italia il 17 agosto, è l’esordio del regista Matan Yair: racconta Israele  fra introspezione e società

A nemmeno una settimana dalla la sua uscita, nei cinema italiani, lo scorso 17 agosto, molti siti web sono focalizzati sul nuovo film israeliano Una stanza tutta per sé che, diretto dal bravo Matan Yair, racconta le fragilità di un giovane adolescente di nome Uri. Proiettato, in questi giorni, a Milano al cinema Anteo, il lungometraggio richiama alla mente il titolo del romanzo-saggio della scrittrice inglese Virginia Woolf.

Il film narra le vicissitudini del ragazzo, abbandonato dal padre e tormentato da un perenne senso di inadeguatezza, con un racconto intimista che oltrepassa i soliti stereotipi dell’israeliano “tosto e senza paura”. La trama si concentra su questo tenero “nerd” che, dopo il divorzio dei genitori, dorme assieme alla madre e che viene respinto alle selezioni per ottenere un lavoro, per aver rivelato questo fatto in sede di colloquio.

A complicare la situazione  la rivalità con la sorella soldatessa, che vive assieme a lui e alla madre, e il suo carattere insicuro che  “si fa troppe domande che restano senza risposta”. Interpretato, con grande abilità, dal giovane attore Gilad Lederman, il protagonista è alla continua ricerca di una sua dimensione e fatica a relazionarsi coi suoi coetanei; oltre a ciò soffre molto per non avere alcun dialogo col padre la cui assenza gli impedirà anche di partecipare ad un viaggio in Polonia per visitare i lager perché manca la firma del genitore.

Affresco generazionale delicato e al tempo stesso intenso, come sottolinea la recensione di Leonardo Lardieri sul sito Sentieri selvaggi, la pellicola rappresenta l’esordio dietro la macchina da presa per il quarantaseienne Matan Yair “attivo soprattutto come sceneggiatore” ed è stata presentata, con grande successo, a luglio, al Festival del Cinema di Gerusalemme. Il cinema israeliano si conferma nella sua originalità e nel suo lucido realismo raccontando le ferite di una società assai stimolante ma non priva di problematiche e lati oscuri che registi audaci, come Yair, non hanno certo timore di affrontare presentandole al grande pubblico internazionale.

Interessato alle problematiche adolescenziali e scolastiche, come ha sottolineato il sito Mymovies.it, Yair ha inserito nella sua pellicola un elemento fortemente autobiografico. Infatti, come il protagonista Uri, anche i suoi genitori si separarono ed egli si trovò a dormire con la madre per cui, in questo film, realtà e finzione si fondono mischiando la riflessione intimista sui disagi del ragazzo a considerazioni, velate dalla fiction, sulle problematiche sociali e politiche dell’Israele odierno in uno dei suoi periodi più difficili.