neuroni Parkinson

Da Haifa, un nuovo studio che potrebbe fermare l’avanzamento del Parkinson

Salute

di Michael Soncin
Degli scienziati israeliani attraverso una tecnica innovativa di riprogrammazione cellulare sono riusciti a meglio comprendere nel suo complesso, i processi neuronali anomali che stanno alla base del morbo di Parkinson.

La scoperta – come riporta il Newsweek – potrebbe portare in futuro allo sviluppo di trattamenti in grado di bloccarne l’avanzamento. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista NJP Parkinson Disease del gruppo Nature, da una squadra internazionale di ricercatori, guidato dalla professoressa Shani Stern del Sagol Department of Neurobiology dell’Università di Haifa.

È risaputo che i soggetti con il morbo di Parkinson soffrono di una massiccia perdita di cellule nervose in un’area del cervello che normalmente è piena di neuroni dopaminergici, un tipo di cellule nervose secernenti dopamina, un neurotrasmettitore appartenente alla famiglia delle catecolamine. Questa molecola svolge funzioni di controllo su attività come il movimento, l’attenzione o i meccanismi di regolazione del sonno. Una deficienza di questa sostanza gioca quindi un ruolo importante connesso all’insorgenza del Parkinson.

Diagnosticare la patologia ai primordi, quando la perdita delle cellule nervose è più contenuta, è importante per sviluppare poi dei farmaci adeguati in grado di arrestarla o di limitarne notevolmente la progressione. Ebbene, lo sviluppo di farmaci adeguati è uno degli ostacoli riscontrati, questo perché solo il 15% dei casi di Parkinson è imputabile a fattori genetici noti, mentre il restante 85% è definito “sporadico” e per quest’ultimo non è possibile elaborare un modello sperimentale negli animali.

Per supplire a questo impedimento, il gruppo di biologi attraverso una tecnica all’avanguardia di riprogrammazione cellulare, ha identificato i processi neuronali malfunzionanti che li accomunano. Si tratta di disfunzioni già presenti molto prima che i pazienti affetti se ne accorgano. “Attualmente, la maggior parte dei trattamenti mira a prevenire l’esacerbazione della malattia piuttosto che a prevenirla”, ha detto Stern.

(Fonte foto: Wikipedia)