di Michael Soncin
La scoperta condotta dei ricercatori dell’Università di Tel Aviv, che permette la diagnosi della malattia neurodegenerativa del morbo di Parkinson, 15 anni prima della comparsa dei sintomi, potrebbe in futuro rendere concreto un trattamento precoce, o addirittura prevenire la patologia, tutt’ora incurabile.
Lo studio, pubblicato sulla rivista peer-reviewed Frontiers in Molecular Neuroscience, è stato effettuato grazie alla microscopia ad altissima risoluzione, che ha rilevato degli aggregati proteici anomali nelle cellule, non dal cervello, ma bensì dalla pelle, concentrandosi nello specifico su 2 mutazioni genetiche comuni tra gli ebrei aschenaziti.
«Ci auguriamo che nei prossimi anni sarà possibile offrire trattamenti preventivi ai familiari dei pazienti affetti dal morbo di Parkinson che sono a rischio di sviluppare la malattia», ha detto al Times of Israel il professor Uri Ashery, che assieme alla dottoranda Ofir Sade, ha guidato il gruppo di ricercatori provenienti dai centri di ricerca di Israele, Germania e Stati Uniti.
Come ha sottolineato Ashery le cure attuali sono alquanto limitate, poiché il paziente si trova già in una fase avanzata dalla malattia. Al mondo sono attualmente 8,5 milioni di persone affette da questo disturbo cerebrale, che provoca dolori, contrazioni muscolari, tremori e difficoltà di parola. Il Parkinson, com’è noto, ha come causa la degenerazione dei neuroni dopaminergici, nell’area del cervello nota come substantia nigra. Quando compaiono i sintomi motori, tra il 50 e l’80% di questi neuroni responsabili della produzione di dopamina, sono già morti, rendendo di fatto limitati i rimedi attualmente disponibili.
È risaputo che l’aggregazione proteica è un segno distintivo del Parkinson, dimostrato anche dall’alta correlazione esistente. «Per vederla abbiamo utilizzato la microscopia ad altissima risoluzione che ci consente di vedere una singola molecola o un aggregato di molecole. La proteina in questione, l’alfa-sinucleina si trova in ogni cellula nervosa, non solo nel cervello ma anche nelle cellule nervose delle ghiandole sudoripare e dei follicoli piliferi. Quando si osserva il cervello di una persona morta di Parkinson, si vedono grandi blocchi di aggregazioni proteiche anomale», ha detto Ashery. Grazie all’analisi computazionale avanzata, il gruppo di ricerca è stato in grado di mappare gli aggregati e la distribuzione delle molecole di alfa-sinucleina.
È da questa nuova indagine che potrebbero nascere nuove possibilità. Al momento gli studiosi hanno ottenuto risultati promettenti sui topi e hanno iniziato da poco le sperimentazioni cliniche sull’essere umano.