Villa Giulia: «quando Ciano espropriò la nostra casa…»

di Ilaria Myr

Procedendo sul lungomare nella zona meridionale di Livorno, ad Antignano, non è possibile non vedere questa splendida villa che si erge sul mare e che qui è ancora tristemente conosciuta come “Villa Ciano”. Ma la sua storia va ben al di là degli anni in cui la famiglia Ciano vi abitò durante le vacanze estive, dal ’39 al ’43, e riporta al 1912, quando il medico ebreo livornese di origini tunisine Adolfo Liscia la fece costruire in memoria di sua madre Giulia, da cui prese il nome di Villa Giulia. Uno splendido edificio su tre piani, affacciato sul mare, dove nacquero i figli di Adolfo e sua moglie, Lea Corcos: Renato, Rodolfo e Aldo. Qui, fino agli anni ’30, la famiglia Liscia visse d’estate e d’inverno giorni indimenticabili e spensierati. Con l’avvento delle Leggi razziali, però, la situazione peggiorò, fino alla degenerazione tragicamente nota. Ma quello che rende speciale questa storia è l’interazione diretta con la famiglia del Duce e, soprattutto, il suo epilogo: quello di una famiglia ebraica che subito dopo la guerra inizia una causa giudiziaria contro la famiglia Ciano e, anni dopo, la vince, rientrando in possesso della villa.

A raccontare questa storia con dovizia di particolari è il figlio minore di Adolfo e Lea, Aldo Liscia, in un libro, uscito nel 2012 (Villa Giulia e i suoi figli, Salomone Belforte & C.); oggi, a 97 anni portati splendidamente, una volta andato in pensione ha cominciato a interessarsi alla casa di Antignano, della cui storia i suoi genitori gli avevano raccontato molto poco.
«Nel ’39 Costanzo Ciano, padre di Galeazzo, il genero di Mussolini, chiese di acquistare la villa a mio padre, che però si rifiutò dicendo, come scrisse in un documento lasciato alla moglie Lea: “risposi che la villa non l’avrei mai venduta perché lì erano nati i miei figli, perché (…) mi rifiutavo di fare qualsiasi trattativa né per il presente né per l’avvenire” – racconta Aldo Liscia a Bet Magazine-Bollettino -. Lo costrinsero allora a darla in affitto per un periodo di cinque anni rinnovabile automaticamente e con l’obbligo di non darla a nessuno se non a lui o a qualcuno della sua famiglia. E lui, ebreo nel periodo delle Leggi razziali, dovette firmare, accettando un prezzo decisamente inferiore». Ma nel 1941, morto Costanzo Ciano, l’allora podestà di Livorno, Aleardo Campana, convocò Adolfo per dirgli che Galeazzo Ciano voleva acquistare la villa: lui si rifiutò nuovamente, ma fu costretto ad accettare uno strano atto di affitto di 30+30 anni senza poterlo disdire.

«Tre mesi dopo mio padre fu nuovamente chiamato e gli fu intimato di vendere dal commissario fascista Bruno Baiocchi – continua Aldo Liscia – che gli disse che con le Leggi razziali non poteva opporsi alla vendita. Ma quello che convinse mio padre fu la velata minaccia che sarebbe potuto succedere qualcosa a me, che all’epoca stavo finendo il liceo a Nizza. Ebbe paura e firmò l’atto di vendita per 1/3 del valore della villa».
Per due anni Villa Giulia rimase ai Ciano, fino al 25 luglio del 1943, con la caduta di Mussolini: quel giorno Edda e i figli, che all’epoca si trovavano ad Antignano per l’estate, furono trasferiti d’urgenza a Roma da un’auto dei Carabinieri. «La villa divenne rifugio di molti sfollati, che la devastarono totalmente – spiega -. E così la ritrovammo alla fine della guerra».
Le umiliazioni e le difficoltà patite durante la guerra, però, non avevano piegato del tutto Adolfo e sua moglie, che subito dopo la fine del conflitto decisero di fare causa alla famiglia Ciano. È grazie ai documenti originali degli atti di affitto e di vendita ritrovati solo di recente (dopo la pubblicazione del libro), e grazie all’instancabile lavoro di ricerca negli archivi dell’avvocato livornese Monica Ciucchetti, che Aldo Liscia è riuscito a ricostruire nel dettaglio come andarono i fatti. «La prima causa fu vinta nel ’46 da mio padre, grazie alla testimonianza dell’allora podestà Campana, che testimoniò che la mia famiglia era stata obbligata da Baiocchi ad accettare l’affitto e poi la vendita – spiega Aldo -. Ma decadde perché la moglie di Costanzo Ciano a cui era stata intestata la villa non era reperibile. Solo nel 1948, ancora grazie a Campana, mio padre riuscì a ritornare in possesso della sua amata villa».
Ridotta a un rudere e man mano ricostruita, nei decenni Villa Giulia è tornata a vivere con i nipoti, pronipoti e tris nipoti di Adolfo e Lea, e oggi è un inno alla vita. Dal canto suo, instancabilmente, Aldo continua a far vivere Villa Giulia nelle testimonianze che fa in giro per l’Italia e nei libri in cui racconta la sua storia. «Ne sto scrivendo un secondo, in cui aggiungerò i documenti ritrovati in questi anni e altri aneddoti della vita della famiglia. Ne ho di cose ancora da raccontare…».

 

Aldo Liscia, Villa Giulia e i suoi figli (Salomone Belforte ed.), pp. 64, € 14,00