Resistenti ebrei d’Italia: presentata la seconda parte del progetto del CDEC

di Michael Soncin
Nella giornata di martedì 18 aprile 2023, pochi giorni prima delle celebrazioni del 25 Aprile, è stata presentata presso il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea – CDEC (video), la seconda parte del progetto Resistenti ebrei d’Italia. Una ricerca storica sulla resistenza, come ha spiegato il Direttore del CDEC Gadi Luzzato Voghera, non ancora terminata ma che è in divenire, resa possibile anche grazie al supporto economico di istituzioni come l’Ambasciata di Germania in Italia e il Bolton Group.

Prima di entrare nel merito della conferenza ha preso la parola il Console Generale Aggiunto di Germania Tatjana Olivieri Schenke: «Proprio oggi nella giornata di Yom HaShoah commemoriamo la tragedia della Shoà, il genocidio che portò alla morte 6 milioni di ebrei. In Germania dopo la II Guerra Mondiale ci è voluto parecchio per riconoscere la responsabilità della Shoà e gli altri crimini commessi durante il nazionalsocialismo. Negli ultimi anni, il lavoro compiuto dall’Italia e dalla Germania, per ricercare e documentare la storia comune, proprio durante il nazionalsocialismo e il fascismo, ha prodotto dei risultati significativi, come l’Atlante delle stragi Naziste e Fasciste in Italia, che elenca per la prima volta in modo dettagliato quando, dove e quali crimini di guerra furono commessi dal 1943 al 1945 riportando anche da chi furono commessi. La ricerca Resistenti Ebrei d’Italia è un altro prezioso contributo a una cultura della memoria comune italo-tedesca ma non solo. Oggi sappiamo ben poco della partecipazione degli ebrei alla Resistenza in Italia, però grazie all’impressionante operato di Liliana Picciotto e dei suoi colleghi è venuto alla luce il ruolo degli ebrei nella resistenza e nella ricostruzione degli ebrei in Italia».

A dialogare con la storica del CDEC Liliana Picciotto che è a capo del progetto di studi condotti è intervenuto il giornalista Mario Calabresi (da sinistra nella foto).

Tutto iniziò nel 1955
«Era il 1955 quando si iniziò a raccogliere il materiale per sapere quella che era stata la resistenza degli ebrei d’Italia. Su questo portale non trovate soltanto i nomi delle persone, ma anche le storie, oltre a dei podcast (clicca qui per ascoltarli). Dall’inizio del progetto Liliana Picciotto ha ricostruito 340 vite ed esistenze. Un progetto che continua, perché non siamo ancora arrivati al Nord Italia. Mancano infatti regioni come il Piemonte e la Lombardia», ha detto Calabresi nel tracciare i punti del progetto.

«Il CDEC è nato da parte di un gruppo di giovani nel 1955, che hanno voluto subito cercare la documentazione sulla lotta partigiana. Si è così formato un nucleo documentario che è diventato il primo nucleo degli archivi del CDEC. Poi il progetto è subito stato abbandonato, perché in quel periodo ci sembrava necessario sapere di più su quelli che erano scomparsi. Erano gli anni ’70. La ricerca è stata ripresa due decenni dopo. Ci è voluto tanto per capire le vicende di ciascuno: la sua provenienza, dov’era stato arrestato. Grazie ai documenti sono state fatte molto scoperte, messe a disposizione dalla storia di questo paese, dove nessuno pensava che gli italiani non avessero avuto un ruolo nella persecuzione in Italia. È così venuto fuori che perlomeno la metà degli arresti non erano stati fatti dai tedeschi, ma dagli italiani. Quanto affermo è scritto nero su bianco e nessuno può negarlo, perché abbiamo tutti i documenti di appoggio che lo provano», ha spiegato Picciotto.

E proprio quest’ultimo punto è stato ricordato, come racconta Calabresi, dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante la sua visita a Auschwitz-Birkenau, durante Yom HaShoah. «Ricerche come queste servono infatti anche per la politica. La nostra ricercatrice Alberta Bezzan, ancora oggi a 80 anni di distanza sta trovando i nomi delle persone che sono scomparse», ha aggiunto la storica.

I partigiani ebrei
La studiosa ha sottolineato che questa ricerca parte dalla contestazione sul fatto che in qualsiasi fase della resistenza gli ebrei sono scomparsi. Non sono menzionati, è come se non esistessero. «Se gli ebrei esistono solo perché solo delle vittime c’è qualcosa che non va. È giusto ricordare, come nelle giornate dedicate al 27 gennaio, ma bisogna sapere che gli ebrei sono anche soggetti di storia».

«L’età media dei partigiani non ebrei racconta di persone che non vogliono andare a combattere a fianco di fascisti e nazisti. Sono giovani tra i 18 e 21 anni, nati tra il 1924 e il 1926. Mentre se guardiamo all’età dei partigiani ebrei gli anni di nascita sono vari. Ci sono addirittura quarantatreenni o cinquantenni, anche se la maggior parte ha tra i 30 ed i 35 anni. Essi hanno un movente diverso da quello dei ragazzi che non vogliono andare a combattere. Poi man mano che le ricerche proseguiranno ed avrò più numeri in mano, potrò concentrarmi meglio su questo aspetto. Resta però il fatto che sono persone istruite, di sicuro diplomate e molte laureate, capaci di leggere la realtà che li circonda».

Liliana Picciotto ricorda che tra loro ci sono anche giovani ragazzi di 14 e 16 anni, e tra tutti Franco Cesena un bambino di appena 12 anni, che per essere ammesso aveva in verità dichiarato di essere più grande. Ci sono poi coppie di partigiani che sono della stessa famiglia, come due fratelli, padre e figlio. «Non oso fare illazioni ma devo ancora cercare di capire com’era l’educazione famigliare, morale, può essere che fosse quello il movente. Voglio sottolineare che avere un partigiano in famiglia, specie per una famiglia ebraica è un problema, perché deve nascondersi, e per un  ventenne è molto faticoso».

La presenza delle donne
«Quando pensiamo ai partigiani non pensiamo ad una bella persona in divisa, forte con le munizioni a tracolla. In realtà non è così. La vita di partigiano è una vita molto povera, di armi, di vestiti, di tutto. Le fotografie che vediamo di loro, rimandano ad un’immagine poco veritiera, scattate in un secondo momento».

Picciotto sottolinea anche la “preferenza” di utilizzare il termine resistenti invece che partigiani, poiché si tratta di un’autodifesa civile non armata. Persone che erano aiutate nella resistenza da associazioni segrete, attraverso la donazione di denari che dagli Stati Uniti venivano spediti dalla Svizzera e poi portati a Genova. «Tra queste persone abbiamo identificato una ragazza belga emigrata dalla Polonia, appartenente ad una famiglia molto religiosa di nome Lea Loewenwirth».

Una storia che ha dell’incredibile. «Quando sono arrivati i tedeschi ad Anversa, Lea ha indotto la mamma ed i fratellini a lasciare la città. Questo è stato possibile grazie alla sua determinazione assoluta che le ha permesso di prendere in mano la guida della famiglia, visto che il padre era incapace di prendere decisioni. E così per tentare di sfuggire andò dalla polizia tedesca, inventandosi fatti assurdi, mentendo spudoratamente, ma non dicendo mai ovviamente che era ebrea. È stata capace di far viaggiare i fratellini fino al Sud della Francia». Ma questo è solo l’inizio della storia, che prosegue, fino a quando il padre esausto decide di consegnarsi ai tedeschi, ma lei con la sua tenacia glielo impedirà. E poi ancora in viaggio verso Firenze, per andare a Roma ed infine emigrare in Israele.

L’intellettuale Mario Finzi
Nell’Emilia Picciotto cita la persona di Marzio Finzi. “Era un intellettuale, un musicista straordinario, un genio, divenuto magistrato quando vengono proclamate le leggi antiebraiche. Durante questo periodo conosce molti intellettuali che come lui sono antifascisti del Partito d’Azione. Quando arriva l’occupazione tedesca, i suoi amici gli consigliano di andare in montagna, posto più sicuro della città, ma si rifiuta perché era di aiuto nella produzione di documenti falsi e non voleva sottrarsi a questa mansione”.

Purtroppo, verrà arrestato e mandato ad Auschwitz, dove morirà, “ma ha lasciato di se tracce straordinarie, la sua musica, le lettere agli amici, dove traspare l’amore per l’arte che definisce consolatoria per tutto quello che sta avvenendo”.

Un archivio in continuo movimento
Il dibattito si è concluso da parte della storica, con una previsione per i progetti per il futuro, che esprimono la speranza di uscire nel 2025 con un volume sulla resistenza che comprenda tutte le regioni. Quotidianamente al CDEC arriva materiale di persone che ritrovano documenti tra i cassetti mai aperti dei proprio famigliari, alcuni sono documenti ordinari, altri davvero unici.