In memoria di Matilde Bassani Finzi

L’intelligenza e la passione.

È scomparsa una persona che mi è molto cara, Matilde Bassani Finzi. Ricordo lei e Ulisse, straordinari padroni di casa a Torrevilla in Brianza quando ricevevano i loro amici e gli amici dei loro figli. Tra loro c’eravamo noi tre: Shimon, me e nostra figlia Letizia, allora bimbetta di 5 anni che frequentava quel bell’’esperimento educativo che fu il Centro di Gioco di Valeria, figlia di Matilde in Corso di Porta Nuova. Gli amici dei figli diventavano subito amici anche dei due autorevoli genitori. Ulisse sempre tranquillo e riflessivo seduto in poltrona con in bocca la sua pipa, amava ascoltare e interrompeva i discorsi irruenti, e insoliti per lui, sulla militanza ebraica di mio marito solo per annuire o piazzare qualche parola. Matilde occupata a fare da padrona di casa, ci raggiungeva poco dopo e intraprendeva con noi lunghe conversazioni nelle quali teneva testa su ogni argomento.

Appena la conobbi, mi accorsi subito che era un temperamento da leader. Bastava che aprisse bocca e subito saltava fuori qualcosa di divertente, osservazioni, battute. Parlava volentieri del suo impegno nella lotta partigiana; come socialista, era stata una delle rare donne ad avere ruoli di rilievo nella resistenza. Di lei, Concetto Marchesi, Rettore dell’’università di Padova e uno dei padri della patria ha scritto: “Il suo nome suonava allora come quello di una intrepida compagna che dava agli anziani l’esempio della fermezza, dell’intelligenza, dell’onore”. Ma con Matilde si parlava di ogni cosa: del suo impegno per il Tribunale dei minori presso la Corte d’Appello; della sua partecipazione all’Unione Femminile Nazionale; della sua vita spesa in favore della riforma del Diritto di Famiglia; del suo impegno femminile nell’Unione Donne Italiane; dei suoi studi e delle nuove teorie pedagogiche sulla prima infanzia. Tutto era pensato secondo il filo conduttore della giustizia sociale da perseguire a tutti i costi. Erano per me momenti belli e spensierati, in cui cercavo di assorbire il più possibile da lei, come da due altre persone che ho avuto la fortuna di conoscere in quella stagione della mia vita: oltre a Matilde, Eloisa Ravenna e Miriam Novitch, tre grandi donne ebree da ricordare.

Aveva il gusto giocoso del paradosso, sapeva definire ogni persona per quello che era, ne descriveva con levità i difetti, ma sapeva anche trovarne i pregi. Non era mai distruttiva, sempre bonaria verso gli altri. Aveva una innata generosità intellettuale. Per Israele stravedeva, con quello speciale strabismo ebraico per cui di lei si diceva scherzosamente “Matilde è una donna di sinistra civile, ma di destra ebraica” intendendo con questo che approvava tutto quello che da Isreale veniva, spandendo per esso tutto il suo amore e vivendo assai male l’ abbandono della sua causa da parte delle sinistre intellettuali e politiche.

Appresi da lei che si può essere una madre di famiglia contemporaneamente impegnata su più fronti, che il tempo non è un parametro limite per fare le cose che ritieni giusto fare.
Matilde ci ha lasciato la forza della passione che ha percorso tutta la sua vita e la passione è l’eredità più preziosa che una persona possa lasciare.
Sia il suo ricordo in benedizione!