Il mistero della lettera di George Washington

Il 18 agosto 1790 il rabbino Moses Seixes scriveva una lettera al presidente americano George Washington, a nome della Congregazione ebraica di Newport, Rodhe Island. Il presidente appena eletto, era in visita proprio in quei giorni a Newport. In quell’occasione il capo della congregazione gli consegnò la lettera. Era il ringraziamento espresso dalla Congregazione per la libertà concessa ai “figli della stirpe di Abramo” di vivere in un paese il cui governo “non dà sanzione al fanatismo nè appoggio alle persecuzioni”.
Washington rispose a quella lettera con una dichiarazione rimasta poi nella storia, a lungo considerata come la più importante dichiarazione americana sulla libertà e la tolleranza religiosa – “il governo degli Stati Uniti chiede soltanto che coloro che vivono sotto la sua protezione si comportino da buoni cittadini”.
Ebbene, l’originale di questo prezioso documento fino a qualche giorni fa sembrava letteralmente scomparso nel nulla. Lo scorso dicembre Jonathan Sarna, uno dei maggiori storici dell’ebraismo americano, durante una lezione in Inghilterra aveva sollevato il problema, sottolineando che la sua perdita era da considerarsi gravissima per la storia non solo degli ebrei d’America, ma di tutti gli americani.

In realtà la rivista “Forward”, una settimana fa circa, ha dato notizia di aver risolto l’arcano. Dopo mesi di ricerche è emerso che la lettera è di proprietà della Morris Morgensten Foundation e che per quasi 50 anni è stata lasciata in affitto al B’nai B’rith Klutznick National Jewish Museum di Washington.

Dal 2002, dopo il trasferimento del B’nai B’rith Museum, la lettera come altre collezioni del museo, sono state chiuse in un magazzino nei sobborghi di Washington, per mancanza di spazi espositivi adeguati. Da allora il pubblico non ha più avuto accesso al documento. Gli studiosi, ignari di questo “destino”, ignari della proprietà stessa del documento, hanno finito per chiedersi dove fosse finita la lettera, dandola persino per smarrita – come, appunto, nel caso recente di Sarna.
L’interrogativo posto dallo studioso americano ha ricevuto quindi una risposta dunque. Anzi, l’ispettore della Library of Congress che ha potuto vedere la lettera e valutarne lo stato di conservazione, ha affermato che il documento si trova in buone condizioni.

Rimane l’amarezza per la “clandestinità” di un documento così significativo, emblematico verrebbe da dire, per la storia americana.

Per chi si accontenta, comunque, sul sito dell’archivio George Washintgton conservato dalla Elderman Library della Virginia University, si può vedere la copia digitale della lettera, sia quella di Washington, sia quella di Moses Seixes.