Perplessità e indignazione

Opinioni

 

A proposito delle recenti decisioni di Benedetto XVI.

La recente decisione di Benedetto XVI, relativa al ritiro della scomunica nei confronti dei vescovi lefebvriani contrari al Concilio Vaticano II, non può che suscitare perplessità e indignazione. Perplessità che si aggiunge a quella già sollevata dal ripristino della liturgia in latino preconciliare, gesto che ha costretto il Rabbinato italiano a chiedere alla Chiesa cattolica una “pausa di riflessione” che ha impedito la celebrazione comune dell’annuale giornata per il dialogo del 17 gennaio.

Ed ora, proprio a ridosso della “giornata della memoria”, un nuovo gesto papale che non può che suscitare indignazione: il processo di reintegrazione dei vescovi lefebvriani, il quale non solo rimette di nuovo in discussione le aperture postconciliari che hanno riavvicinato cristiani cattolici ed ebrei, ma – come si e visto dalle dichiarazioni rilasciate in particolare dal vescovo Richard Williamson – lascia spazio alla negazione della Shoah e al revisionismo storico che alimenta l’antisemitismo.

Sconcertante è inoltre il fatto che la scuse pubbliche inviate dai lefebvriani con una lettera a Benedetto XVI per prendere le distanze dalle affermazioni di Williamson, sono rivolte al “sommo pontefice e a tutti gli uomini di buona volontà”, senza menzionare il popolo ebraico che della Shoah è stato la vittima principale. E se è vero che durante l’udienza di mercoledì 28 gennaio il papa ha ribadito la sua solidarietà con il mondo ebraico, ciò è avvenuto dopo che il rabbinato di Israele ha minacciato di interrompere i rapporti con il Vaticano.

Non si può che rimanere alquanto perplessi di fronte a questa situazione, che ripropone una visione del cristianesimo sicuramente non condivisa da tutti i cattolici, ma che rischia di causare conseguenze negative nel cammino di dialogo che ha caratterizzato gli ultimi cinquant’anni.
Tale situazione indigna sia gli ebrei che i cristiani, tra quali – da ambo le parti – non pochi sono impegnati nelle attività ecumeniche. Non possono tuttavia “gettare la spugna”: arrendersi adesso significa dare ragione a chi si oppone al Concilio Vaticano II, significa “tornare indietro”. Possiamo invece continuare a “guardare avanti” nonostante il momento difficile, denunciando ciò che è contrario alla verità e al bene comune, chiedendo a chi ha sbagliato dichiarazioni pubbliche e gesti concreti di pentimento. Sicuramente quelli che vogliono “andare avanti” sono molti di più di quelli che cercano di rimettere in discussione il cammino di dialogo intrapreso, che in questi anni ha prodotto notevoli frutti che non possiamo e non dobbiamo dimenticare.