Boicottaggio, antisionismo, ostilità… E il rifiuto arabo. Siamo davanti a un conflitto ipernazionale

di Paolo Salom

Salom1L’antisemitismo è in crescita, com’è noto, ahimè. Pochi, oggi, oserebbero confutare quella che appare una mera constatazione dei fatti. In fin dei conti, nel Vecchio Mondo il sentimento di ostilità contro gli ebrei si perde lungo i secoli. Si illudeva chi, all’indomani della tragedia della Shoah, chiuso il Concilio Vaticano II, aveva sperato in un’epoca di scomunica nei confronti di questo (spesso sanguinoso, sempre odioso) fenomeno? In parte sì, in parte no.

L’illusione riguarda l’Occidente in senso proprio: l’antisemitismo è rimasto, come brace sotto la cenere, pronto a riemergere. Però gli episodi violenti contro gli ebrei che hanno caratterizzato le cronache degli ultimi anni – con omicidi, pestaggi, sinagoghe bruciate e cimiteri vandalizzati – si inseriscono in un fenomeno nuovo. Analogo al precedente per i suoi tratti distintivi ma nuovo nei protagonisti e nelle modalità. Parliamo dell’odio maniacale e fisico trasportato dal Medio Oriente in Europa da un’immigrazione sempre più proattiva e presente nelle differenti nazioni europee. È quel genere di ostilità che viene insegnata in tutte le scuole arabo-islamiche, con rare eccezioni (in Marocco, per esempio, gli ebrei hanno un’antica storia di integrazione): gli ebrei vengono indicati come i responsabili di tutti i mali, i coloni che hanno spossessato i poveri palestinesi, l’avanguardia di un Occidente pronto a invadere e “digerire” il mondo arabo, distruggendone valori e stili di vita.

Che sia vero o meno, non ha alcuna importanza. Questo antisemitismo è il tratto comune (assimilato con facilità da molti gruppi autoctoni, e qui torniamo in Occidente), che cementa il fronte della guerra perpetua contro Israele, in tutte le forme possibili. Il terrorismo contro i suoi cittadini in Eretz Israel, la propaganda e le aggressioni ovunque nel mondo contro chiunque si dimostri vicino allo Stato ebraico. Ecco dunque le iniziative, sempre più numerose, di boicottaggio, compresa quella partita negli atenei italiani contro ricercatori e studenti delle università israeliane. Cortei e manifestazioni nelle piazze del lontano Occidente. Vessazioni e propaganda anti sionista (ovvero anti ebrei) nei campus americani, dove gli studenti di fede ebraica ormai devono girare in gruppo per paura di essere aggrediti. Insomma, non è più soltanto ostilità contro una minoranza. È un vero e proprio conflitto “ipernazionale” che riguarda noi tutti. E non si creda che la “soluzione a due Stati” sia la panacea che risolverà tutto in un istante. È vero il contrario: quest’ondata bellicosa è soprattutto il frutto del rifiuto (da parte arabo-palestinese) di una soluzione negoziata, e quindi pacifica, al conflitto. Attrezziamoci.