Un vento di guerra sulle nostre vite…

Libri

di Redazione

Memoria e dintorni: saggi, romanzi, racconti, testimonianze… Ecco classici e novità. Per saperne di più

Le conversioni di Edith Stein
Martire ebrea e santa cattolica, esigente intellettuale tedesca e mistica carmelitana, tutto questo è stata Edith Stein. È difficile afferrare e comprendere la biografia di una donna geniale e punto di incontro di mondi spesso ritenuti inconciliabili: ebraismo e cristianesimo, fede e ragione, accademia e monachesimo, tradizione e contemporaneità. La Stein fu donna di conversioni: da un credo a un altro; dall’università alla vita religiosa; dalla filosofia alla mistica; dalla fede alla non-fede e, nuovamente, alla fede. Abbandonò l’ebraismo, abbracciò il cristianesimo cattolico, per poi morire da ebrea nel lager. La sua densissima e drammatica esistenza è stata avvertita da molti cristiani come un modo per avvicinarsi all’ebraismo, condannando l’antisemitismo e l’antigiudaismo; al contempo, la sua conversione e la successiva canonizzazione risultano motivo di inevitabili e ben comprensibili imbarazzi e contrarietà da parte ebraica, temendo ambiguità insidiose e cristianizzazioni indebite della Shoah.
Vittorio Robiati Bendaud, Edith Stein. Sulla storia di un’ebrea, edizioni San Paolo, pp. 180, 16,00 euro.

 

Vite spezzate, un viaggio nella memoria
Fotografie scattate dall’autore ad Auschwitz e Birkenau, insieme a testimonianze sui viaggi della memoria e riflessioni sull’importanza di ricordare ciò che è stato. Un volume sottile, ma pregno di contenuti e immagini eloquenti, nato dall’incontro a Rodi con Sami e Selma Modiano, che ha spinto l’autore a recarsi nel più grande campo di sterminio per vedere con i propri occhi. Le sue fotografie dal forte impatto visivo, insieme alle testimonianze di insegnanti, giovani che hanno visitato i luoghi e figli e nipoti della Shoah, creano nel lettore grandi emozioni e accrescono la consapevolezza di quanto, ancora oggi, sia importante tramandare la memoria. (I. M.)
A cura di Paolo Mansolillo, Vite spezzate, Calibano editore, pp. 158, 14,00 euro.

 

Ritrovare l’affetto per non perdere la speranza
Hédi Fried era ancora una bambina quando il suo mondo, fino ad allora idilliaco, venne lentamente divorato dal sempre più forte antisemitismo nel suo paese natale, la Romania. Un clima di crescente tensione e paura che culminò nel 1944 quando, ventenne, venne deportata con tutta la famiglia ad Auschwitz e a Bergen Belsen, da cui fecero ritorno solo lei e la sorella Livia. In quel periodo buio, l’unica luce che teneva accesa la speranza era il suo cane Bodri, che la attese fino alla fine della guerra. Una storia che la donna, oggi residente in Svezia e già autrice di diversi libri sulla Shoah, ha raccontato nel libro per bambini La storia di Bodri, illustrato da Stina Wirsén.
Il volume ne racconta l’infanzia e l’adolescenza in Romania, la famiglia benestante della borghesia ebraica locale (tra l’altro la sua città natale, Sighetu Marmației, è la stessa in cui nacque un altro importante scrittore sopravvissuto alla Shoah, Elie Wiesel). Nathan Greppi
Hédi Fried e Stina Wirsén, La storia di Bodri, trad. di Alessandra Albertari, Einaudi Ragazzi, pp. 32, 13,90 euro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

10 + 1 libri indispensabili sulla Svizzera e gli ebrei, per saperne di più
– Silvana Calvo, A un passo dalla salvezza. La politica svizzera di respingimento degli ebrei durante le persecuzioni 1933-1945, Zamorani, 2010
– Silvana Calvo, L’informazione rifiutata. La Svizzera dal 1938 al 1945 di fronte al nazismo e alle notizie del genocidio degli ebrei, Zamorani, 2017
– Renata Broggini, La frontiera della speranza, Mondadori, 1998
– Renata Broggini, Terra d’asilo. I rifugiati italiani in Svizzera (1943-1945), Il Mulino, 1993
– Liliana Picciotto, Salvarsi, Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah 1943-1945, Einaudi, 2017
– Gualtiero Morpurgo, Il violino rifugiato, Mursia 2006
– Chiara Zangarini (a cura), Azioni belliche e caccia agli ebrei al confine con la Svizzera (1943-1944), Macchione Editore, 2018
– Corrado Vivanti e Clelia Della Pergola, con Alessandro Vivanti (curatore), Da Mantova alla Svizzera. In fuga per la salvezza, Zamorani, 2019
– Guido Codoni, Marco Della Casa, L’«Otto Settembre 1943» al confine con la Svizzera Italiana. 74 fotografie originali di Christian Schiefer scattate nel vivo degli avvenimenti, Macchione Editore, 2019
– Jean Ziegler, Svizzera: l’oro e i morti, Mondadori, 1997
– Gioele Dix, Quando tutto questo sarà finito, Storia della mia famiglia perseguitata dalle leggi razziali, Mondadori, 2015.

 

 

Al cinema la Svizzera, gli ebrei, la fuga e la speranza

Arzo 1943 del regista ticinese Ruben Rossello, prodotto dalla Radiotelevisione della Svizzera Italiana. Quanti furono gli ebrei italiani accolti e quanti furono i respinti? E cosa successe ad Arzo il giorno in cui si presentarono i Segre? Nuovi studi e ricerche chiariscono finalmente le dimensioni esatte del fenomeno e spiegano cosa portò al respingimento di Liliana Segre e di suo padre.
Il viaggio di Fanny, di Lola Doillon. Basato su una storia vera, il film racconta la vicenda di Fanny, una ragazzina ebrea di 13 anni che nel 1943, durante l’occupazione della Francia da parte dei tedeschi, insieme alle sorelline, viene mandata in una colonia in montagna. Lì conosce altri coetanei e, quando i rastrellamenti nazisti si intensificano, scappa per raggiungere il confine svizzero e salvarsi.
L’ultima speranza, di Leopold Lindtberg. Due prigionieri di guerra, un inglese e un americano, fuggono in Italia da un treno che li sta portando in Germania e cercano di arrivare alla frontiera svizzera. Si uniscono a un gruppo di fuggitivi e, con l’aiuto di un prete italiano e di un maggiore britannico, li guidano oltre il confine, in quella che credono la patria dell’umanità, ma si scontrano subito contro i paletti della burocrazia.
–  La barca è piena (1981), di Markus Imhoof, basato sul romanzo del giornalista e scrittore Alfred A. Haesler. Il titolo si riferisce alla metafora usata da Eduard von Steiger, capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia che in un discorso pronunciato il 30 agosto 1942 paragonò la Svizzera a una scialuppa di salvataggio troppo piccola e affollata per accogliere altri rifugiati.