Noè secondo i rabbini

Libri

Presso una piccola casa editrice di ambito cattolico esce questo volume di non grande mole ma di estremo interesse per una serie di ragioni.
Innanzi tutto è il terzo di una collana diretta da Elena Lea Bartolini, diretta a quanti in ambito cristiano desiderano conoscere ed approfondire la lettura ebraica della Torah. Prima di questo volume sono usciti il commento di Rav Elia Kopciowski allo Shemà ed un volume della stessa Bartolini su Gerusalemme nella tradizione ebraica.
Anche gli autori, che sono marito e moglie, di questo volume non sono ebrei. Essi vivono, studiano ed insegnano a Gerusalemme ormai da più di dieci anni. Andreina Contessa è storica dell’arte e medievalista e insegna presso il Dipartimento di Storia dell’Arte dell’ Università Ebraica di Gerusalemme e collabora con altre istituzioni accademiche in Israele e in Europa. Raniero Fontana è ricercatore presso l’ Istituto Shalom Hartmann di Gerusalemme e, tra le altre attività, insegna “Ebraismo rabbinico e origini della religione cristiana” sempre all’ Università Ebraica di Gerusalemme.
In particolare egli sta elaborando da molti anni una “teoria del noachismo” rifacendosi agli scritti di Elia Benamozegh ed alla vicenda del suo discepolo Aimé Pallière, di cui ha anche scritto una biografia intellettuale e spirituale.

Il libro consta di una prima parte, ad opera di Raniero Fontana, in cui vengono analizzate le fonti rabbiniche su Noè e sulla sua vicenda, in tutti i suoi diversi aspetti, di una seconda parte in cui Andreina Contessa analizza l’iconografia ebraica medievale ebraica su Noè e di una breve terza parte in cui R. Fontana propone la sua lettura dell’alleanza noachide.
“ Noè camminava con Dio” dice la Torah, ma nel midrash è detto che “questo può essere paragonato a un re che aveva due figli, uno cresciuto e l’altro bambino. Al bambino disse: cammina con me, ma all’adulto egli disse : cammina davanti a me. Similmente ad Abram, la cui forza [morale] era grande, [Egli disse]: Cammina davanti a me Gen 17,1; di Noè, la cui forza era debole [il versetto dice]: Noè camminava con Dio Gen 6,9.quindi nella tradizione ebraica Noè è ritenuto un giusto di fronte a Dio, ma in tono, in un certo senso minore. Egli è definito un uomo giusto, integro ai suoi tempi , ed egli fece tutto ciò che Dio gli aveva comandato.
In effetti la figura di Noè è per molti aspetti singolare, egli sembra caratterizzarsi per il fatto di non intervenire mai nel dialogo con Dio. Dio dice e Noè obbedisce: persino le misure dell’arca sono stabilite ed anche la presenza di un’unica finestra per guardare fuori. Noè non è nemmeno a conoscenza della promessa divina di non colpire mai più l’umanità con il castigo del mabul, il diluvio, visto che Dio la formula tra sé e sé, nel proprio intimo (Gen 8,21). Noè sembra accettare passivamente le decisioni di Dio e non si sente mai la sua voce, a differenze di Abramo, che impegnerà Dio in un riv a proposito della distruzione di Sodoma e Gomorra. Ma è veramente così? Un midrash rimprovera a Noè di aver accettato senza opporsi il decreto di condanna della sua generazione. Egli se ne lamenta dopo la fine del diluvio, e Dio gli risponde perché non l’hai detto prima (sottinteso: forse ti avrei ascoltato)? E’ molto umana, quasi fosse tratta da un romanzo di Camus, questa immagine di Noè, scampato con i suoi familiari perché “giusto” eppure coinvolto in profondità nella condanna del mondo cui apparteneva.

Eppure anche Noè, in un suo modo particolare si esprime, risponde. Per esempio inviando in esplorazione il corvo, per vedere se il diluvio fosse finito. Il corvo è un animale crudele, perché abbandona i suoi piccoli. Noè lo sceglie proprio per questa ragione, preferendolo agli uccelli che non abbandonano i loro piccoli, evitando così di farli soffrire. Ma in realtà Noè usa il corvo come remez, come commento all’agire crudele di Dio. Del resto, fa notare Fontana, fu proprio allora che Dio prese a temere la vittoria, preferendole a volte la sconfitta, come è riportato in Pesiqta abbati: “quando vinco perdo… ho vinto la generazione del diluvio, ma non sono io che ho perso avendo distrutto il mio mondo?”.

Il libro esamina i diversi aspetti della vicenda di Noè secondo le fonti rabbiniche in maniera davvero interessante, dal disordine del creato della generazione del diluvio (quindi le ragioni per cui Dio decide di ricominciare da capo un percorso di alleanza con il genere umano), alla cronologia del diluvio, all’ordine ritrovato e al segno di tale alleanza, l’arcobaleno. Fino agli aspetti meno accettabili della storia del personaggio, la sua ubriachezza, la conseguente esposizione della sua nudità, fino al controverso rapporto con i figli, alla maledizione di Cam e della sua discendenza (Canaan) , all’“allargamento” di Iafet, e alla scelta delle tende di Sem per la dimora della Shekinah.

Una parte più breve, ma non per questo meno interessante, è quella del saggio di Andreina Contessa sul midrash per immagini costituito dalle rappresentazioni dell’arca di Noè nell’arte ebraica medievale.
Si tratta di un approccio assolutamente originale e di cui in italiano non esistevano precedenti. Lo stesso vale per il saggio da lei pubblicato alcuni anni fa su Gerusalemme memoria e profezia in cui i analizzava l’iconografia ebraica medioevale sulla città di Davide.
Qui le miniature dei manoscritti medioevali, purtroppo riportate solo in bianco e nero, dimostrano come il midrash fosse accolto e, per così dire, riprodotto anche nei capoversi e nelle illustrazioni dei manoscritti. In particolare è interessante vedere come si crei una sorta di accostamento tra l’arca di Noè e l’arca dell’alleanza costruita da Israele dopo il dono della Torah al Sinai. Ma è anche interessante vedere come gli illustratori si pongono il problema dell’illuminazione nell’arca di Noè, della diversa sistemazione degli animali secondo le loro categorie e degli umani, e persino dei rifuti prodotti durante la permanenza dell’arca. Le fonti iconografiche sono per lo più haggadoth di Pesach, da quella di Serajevo a quella di Prato alla Haggadah Catalana. Fino ad una edizione della Bibbia detta “del Duca di Alba” , prima edizione della Bibbia in castigliano, dell’inizio del secolo XIV, e, caso unico nell’epoca, pur essendo una bibbia cristiana fu tradotta in castigliano da un rabbino, Moshe Aragel di Guadalajara, il quale fu anche responsabile di parte dei commenti e dell’apparato iconografico.
Di particolare suggestione è la raffigurazione dell’arcobaleno, riprodotta anche sulla copertina del libro: “l’illustrazione non rispetta con esattezza il testo biblico, in cui l’arcobaleno appare solo dopo l’uscita dell’arca: qui invece si rende visibile quando ancora le acque ricoprono il mondo silente. Solo Noè lo osserva affacciato alla finestrella della sua arca, fatta di assi inchiodate.
E il rabbino Moshe Aragel che commenta il testo spiega che l’arcobaleno fu creato al momento in cui fu creato il mondo. Ma divenne visibile solo al momento del diluvio. In questo modo si spiega l’improvviso apparire dell’arcobaleno che non è menzionato nella Torah prima del diluvio, secondo una teoria che era già stata di Saadia Gaon.
Il libro, anche se non di grande mole è da leggere tutto con estrema attenzione, anche dal punto di vista della halakà, per esempio sul problema dell’osservanza del sabato e delle altre norme che verranno comunicate ad Israele con la berit del Sinai, dal punto di vista giudiziario (i sette precetti noachidi) e anche per quanto riguarda le regole alimentari: solo dopo il diluvio, infatti, gli esseri umani possono cibarsi delle carni di animali, ma con una serie di limitazioni che, tra l’altro, ricorderanno loro di non essere i padroni del creato, della vita e della morte degli esseri viventi, ma solo i custodi di esso, sempre ricordandosi che anch’essi sono creature.

ANDREINA CONTESSA – RANIERO FONTANA – NOE’ SECONDO I RABBINI. Testi e immagini della tradizione ebraica – Effatà editrice – pp. 126 – euro 11,00