Il grande mistero degli ebrei siciliani nel libro “L’albero di Carrubo”

Libri
di Roberto Zadik
Un eccellente excursus storico, ricco di testimonianze inedite, nel libro L’albero di Carrubo di Alessandro Hoffmann, dalle vicende dallo Statuto Albertino ai giorni nostri

Finora ben poco era noto al pubblico riguardo all’ebraismo meridionale, soprattutto da Napoli in giù, ma l’interessante libro di Alessandro Hoffmann L’albero di carrubo. Essere ebrei in Sicilia (pp. 219, Kalos editore, 18 euro) ha acceso una luce sull’importante ed interessante tema.

Ad introdurre il testo, frutto del monumentale lavoro di ricerca da parte dell’autore e ultima opera della trilogia ebraico-siciliana che comprende anche Gli amici di Moise e la Pupa di Zabban, la prefazione di Giuseppe Savagnone con l’interrogativo “Ma ci sono ebrei in Sicilia?”.

 

Proprio riguardo a questo complesso quesito ruota la trattazione di Hoffmann che evidenzia come gli ebrei siciliani siano sia quelli nati e rimasti lì, sia quelli emigrati in altri luoghi, oltre a coloro che immigrarono nella Regione come una serie di ebrei ashkenaziti, proveniente da famiglie ebraiche Est Europee. Tra questi ultimi,  Federico Mausner, Arnold Rosenstigl ed Ervino Stuckgold, poi italianizzato in Stuccoli, che, con l’avvento delle leggi razziali, vennero salvati dalla Chiesa  ad opera di grandi personaggi come Mons. Giuseppe Palatucci, vescovo di campagna, che aiutò a fuggire anche il nonno dell’autore, ed altri Giusti del Clero come l’arcivescovo di Palermo Ernesto Ruffini e il pastore valdese Tullio Vinay.

 

Il libro approfondisce,  con meticolosità, una serie di argomenti inediti e di grande rilievo. Il testo riporta che le comunità ebraiche siciliane erano costituite da circa duecento ebrei, dai tempi dello Statuto Albertino, fino al censimento del 1938, prima della catastrofe della Shoah; i centri più popolati erano Palermo, con 96 ebrei, e Catania con 75 mentre, a quell’epoca, c’erano  oltre 58.000 ebrei in Italia, di cui 38.000 italiani e il resto stranieri.

 

Il livello intellettuale delle comunità siciliane era molto alto con autorevoli docenti come Renato Treves o Giacomo De Benedetti, importanti ebrei piemontesi che insegnarono all’Università di Messina, e industriali rinomati come i Fratelli Jung proprietari di una ditta che, come ricorda l’autore,”controllava un enorme numero di affari import export”.

Fra le curiosità del libro, preziosi i racconti riguardo alla  comunità palermitana  che divenne rinomata in vari campi, dalla scienza all’industria, con famiglie come i Lecerf per la chimica, gli Ahrens per i mobili e il vino e, nel ramo bancario, con Giuseppe Dell’Oro presidente del Banco di Sicilia, per arrivare ai medici come Maurizio Ascoli e Louis Philipssohn fino a umanisti e intellettuali come, in primo luogo, la scrittrice Natalia Ginzburg e poi  Mario Fubini, Felice Braun ed Ezio Levi che brillarono fra i migliori docenti dell’Università di Palermo.

Una storia sconosciuta e, per certi aspetti, tragica quella dell’ebraismo siciliano che dopo anni di splendore industriale, economico e culturale, da citare la Biblioteca Filosofica e il Circolo Matematico, venne flagellato dal fascismo e dalle leggi razziali.

Molto interessante anche l’approfondimento riguardo alla comunità ebraica catanese che ebbe un ruolo fondamentale nel salvataggio degli ebrei locali, grazie agli ottimi rapporti con la Chiesa, e in cui spiccarono personaggi geniali come l’astronomo Azeglio Bemporad e l’importante famiglia ebraica ucraina dei Grinstein, esportatori di agrumi molto in vista in città, che però poi dovettero emigrare negli USA.

L’opera di Hoffmann colpisce per rigore storico e freschezza narrativa nel raccontare aneddoti, vicende e complessità rimaste nell’ombra per troppo tempo, come i vari ebrei che “sparirono” con le deportazioni e le Leggi razziali, dalla russa Frumi Rubinstein ai polacchi Ignazio Fruchter e Melech Reiss che, perseguitati dal nazifascismo, non si sa che fine abbiano fatto.

Mappe molto ambigue e poco chiare, riguardo  alla presenza ebraica in Sicilia, circolavano ai tempi del fascismo; infatti, la popolazione ebraica presentava oscillazioni dai duecento ai trecento soggetti nell’aprile 1939, molti dei quali stranieri e “naturalizzati” siciliani.

Comunità accoglienti e cosmopolite, non numerose ma comunque compatte, molto colte e raffinate con una presenza predominante a Palermo e Catania e con numeri molto ridotti in altre città, da Messina a Ragusa. Molto spazio viene attribuito ai vari ebrei che morirono nelle deportazioni e a quelli che miracolosamente vennero aiutati a fuggire, dal già citato Mausner a Carlo Todros  e a Sophie Minden.

 

Ma qual è la situazione attuale? Nel libro viene accennata una ripartenza dagli anni Novanta con la nascita dell’Istituto siciliano di studi ebraici e, nel 2017, la nomina di Palermo come capofila della Giornata della Cultura ebraica e la firma di un importante documento da parte dell’Unione Comunità Ebraiche Italiane (UCEI) con varie autorità, fra cui il presidente della Comunità di Napoli, per trasformare l’Oratorio di Santa Maria del Sabato in luogo di culto e cultura ebraica.

Un’altra parte importante del libro è quella che racconta i rapporti che alcuni ebrei locali o diventati tali, ebbero con il Vaticano e le vicende difficili di chi, pur di salvarsi la vita, arrivò a convertirsi  al cattolicesimo come Hans Heydermann,  Margherita Lausch e il nonno dell’autore omonimo Alessandro Hoffmann, ebreo tedesco, che venne liberato, con la moglie e il figlio cattolici, grazie al coraggio di Mons. Palatucci. L’ultima parte è dedicata a quei valorosi personaggi che lottarono a tutela degli ebrei siciliani, dal già citato cardinal Ruffini, al diplomatico Mario Di Stefano, al pastore Vinay, a Giorgio La Pira dichiarato oppositore del fascismo, al maresciallo Li Castri che salvò dalla deportazione l’ebreo Enrico Ancona e la sua famiglia. Un mondo scomparso, quello dell’ebraismo siciliano e oggetto di grande riscoperta e interesse grazie, anche e soprattutto, a questo testo cosi documentato e coinvolgente.