Salone del Libro di Torino. Laura Forti e il trauma dei sopravvissuti alla Shoah

Libri

di Paolo Castellano

Un libro per riscoprire le proprie radici e per indagare intorno a un legame paterno negato. Dopo L’acrobata (Giuntina), la scrittrice e drammaturga Laura Forti ha dato alle stampe il suo secondo romanzo Forse mio padre (Giuntina) che è stato presentato il 17 ottobre al Salone Internazionale del Libro di Torino insieme alla giornalista Raffaella Silipo.

«Forse mio padre è un libro sulla memoria. Una storia a ritroso alla scoperta delle radici», ha sottolineato Silipo, raccontando brevemente la trama del libro. Il nuovo romanzo di Laura Forti si basa su una reale esperienza personale arricchita da elementi immaginari. Come ha sottolineato la scrittrice, la stesura di questo volume è stata anche l’occasione per approfondire i desideri, i sentimenti e l’identità ebraica della figura di sua madre.

Il romanzo inizia con una rivelazione di una verità nascosta conservata a lungo: poco prima di morire, una madre ebrea confessa alla figlia che l’uomo che l’ha cresciuta non è il suo padre biologico. Dunque, Forti ricostruisce il passato dei due genitori chiedendosi come sia nato tale segreto: come si sono conosciuti? perché si sono separati? chi era “davvero” suo padre?

Un meccanismo d’indagine che si presta particolarmente bene alla narrazione. Per di più, il lettore ha la possibilità di avventurarsi nella psiche di una giovane ebrea italiana che dovette fare i conti con le persecuzioni nazifasciste, ritrovandosi a 15 anni nel grossetano a combattere tra le fila della Resistenza. Per non parlare poi della decisione di trasferirsi per qualche anno in Israele, ad Haifa, per fare l’infermiera. Insomma, la trama del romanzo pone in scena un continuo dialogo tra passato e presente.

«Questo libro è una “forse memoria”. Il tentativo di ricostruire il passato partendo da una rottura interna e anche per parlare della generazione di ebrei le cui storie furono inascoltate dopo la guerra», ha commentato Laura Forti, sostenendo che dopo la Shoah si vennero a creare due categorie di ebrei: i combattenti e le vittime; i primi con un’intensa rabbia per la loro tragedia e i secondi caratterizzati dal fatto di aver abbandonato o persino cancellato la propria identità ebraica.

Dunque, Forse mio padre rappresenta il tentativo di raccogliere e raggruppare le scintille di un passato genitoriale sconosciuto, o perlomeno conosciuto soltanto nella sua “versione epica” emendato dai demoni e dai dolori post-bellici. Un trauma che secondo Laura Forti è stato persino trasmesso ai discendenti dei sopravvissuti.