Esce in Italia il diario di Carla Simons, da molti considerata “la nuova Anna Frank”

Libri

di Pietro Baragiola
“In questa mattina di inizio maggio sono in piedi davanti alla finestra aperta. Allungo le mani e mi lascio inondare dalle sensazioni…padre sia fatta non la mia ma la tua volontà”. Sono parole cariche di emozione quelle di Carla Simons, la scrittrice olandese ebrea uccisa nel 1943 nel campo di concentramento di Auschwitz, che riuscì a trovare la bellezza e la presenza di Dio anche nell’incubo della seconda guerra mondiale. Parole che, ispirate dal vangelo di Luca, quasi accettano la propria sorte, affidandosi ad un’eternità che travalica i confini di spazio e tempo fino ad arrivare ai giorni nostri dove, per uno straordinario gioco del destino, questo diario è stato ritrovato dalla curatrice Francesca Barresi e tradotto nel romanzo “La luce danza irrequieta”.

Ciò che la distingue dalle sue celebri contemporanee non è una semplice questione d’età (Simmons venne uccisa a 40 anni, mentre Etty Hillesum a 29 e Anna Frank a 16) ma il fatto che, mentre Anne ed Etty sognavano di diventare scrittrici, Carla era già un’autrice pubblicata con alle spalle diversi romanzi.

“Questo diario non è stato scritto come luogo di espressione personale bensì con la consapevolezza di creare un’opera letteraria contro la persecuzione e farla arrivare a più persone possibili” spiega Francesca Barresi al giornalista Alessandro Zaccuri durante la presentazione del libro a Milano, giovedì 26 gennaio.

La passione per la scrittura accompagnò Carla sin dai 25 anni, ai tempi studentessa dell’acclamata università di Amsterdam. Fu proprio qui che fece l’incontro che le cambiò per sempre la vita: Romano Guarnieri, docente di letteratura ed uno dei più celebri linguisti italiani del 900. Tra i due nacque una relazione sentimentale unita dal reciproco amore per la cultura italiana, spingendo Carla all’esordio da scrittrice con la pubblicazione del suo primo romanzo “Preludio”: la storia di una ragazza che si innamora del proprio professore, in crisi con la moglie.

Quando nel 1940 iniziarono i primi movimenti razziali, Guarnieri, legato al partito fascista, decise di usare la propria influenza per proteggere l’amata dalla tanto temuta “soluzione finale”. Il piano, seppure rischioso, era il seguente: avrebbe fatto espatriare Carla in Italia per poi sposarla, garantendole così l’immunità dalle persecuzioni grazie al matrimonio misto. In breve tempo il governo italiano concesse loro il lasciapassare ma, tragicamente, la conferma da Berlino si fece aspettare fino al giorno in cui, con la caduta di Mussolini, Carla ricevette una lettera, firmata da Adolf Eichmann in persona, che le vietava perentoriamente l’espatrio.

La situazione diventò disperata eppure l’autrice decise di non abbandonare la sua amata Amsterdam e, anzi, iniziò a scrivere quello che sarebbe diventato il suo ultimo libro, coprendo un arco di 15 mesi (dal gennaio 1942 al maggio 1943) fino alla sua deportazione. Fu Romana Guarnieri, figlia di Romano, a trovare il diario di Carla, conservandolo nel suo archivio di Bologna con un post-it con scritto “bellissimo. Da pubblicare anche in Italia”.

“Sono fiera di averne reso possibile la traduzione, visto il grande amore che Carla nutriva per l’Italia, da lei considerata un simbolo di speranza e salvezza” commenta, orgogliosa, la Dottoressa Barresi.

Quella che l’autrice descrive nelle sue pagine è una quotidianità in cui alberga qualcosa di oscuro e indecifrabile. “L’amata città cambiata, ora lontana per sempre sotto questo incantesimo terribile” scrive Simmons, elencando le numerose proibizioni patite dai cittadini ebrei a cui veniva persino vietata la spesa al mercato, paragonando Amsterdam alla stregua di un campo di concentramento.

Le pagine dedicate ai bambini sono quelle più angoscianti da leggere, descrivendo come molti di loro, strappati nel cuore della notte dall’abbraccio dei genitori, guardarono il cielo stellato con gli occhi ancora pieni di speranza nel futuro. Particolarmente straziante è la scena in cui Carla scopre che il figlio della sua parrucchiera è stato catturato dai nazisti, senza che nessuno riuscisse ad impedirlo. “Mi perdoni per la deportazione di suo figlio” implora Carla, facendosi carico delle colpe dei cittadini di Amsterdam che, guardando dall’altra parte, permisero alle persecuzioni di continuare.

Nonostante la collera verso coloro che non agirono, l’autrice respinge ogni invito all’odio verso i suoi aguzzini e, anzi, li compatisce, ritenendoli meno liberi di quanto lo fosse lei. Nelle sue parole descrive l’orrore ma anche la bellezza che lo sovrasta, citando il fedele amico Imre che, pur essendo cieco, era un pianista magistrale.

La letteratura fu la vera ancora di salvezza per l’autrice che non smise mai di trarre preziosi insegnamenti dagli scrittori del passato: “Vendetta, collera? È per questo che ho letto Dostoevskij?” Una lezione che oggi tramanda ai suoi stessi lettori, in modo che la memoria di quei giorni non vada mai persa, perché solo ricordando si può cambiare il mondo.

(Carla Simons, La luce danza irrequieta, a cura di Francesca Barresi, Edizioni La Storia, pagg. 128, 18 euro)