Come si fa ad essere genitori consapevoli?

Eventi

 di Marina Gersony

Una folta e nutrita presenza di relatori e psicologi iscritti alla Comunità. Claude Shammah: «La tradizione ebraica ci chiede di cercare un equilibrio tra emozioni e responsabilità»

Cosa vuol dire essere genitori? Come affrontare la paternità e la maternità in modo consapevole? La genitorialità oggi non è più un obbligo ma una scelta ragionata. Se n’è parlato lo scorso febbraio nel convegno Nuovi concetti di maternità e paternità presso l’Università Statale di Milano; hanno partecipato relatori di prestigio, tra i quali Cristiana Rinaldini, psicologa coordinatrice di gruppi di sostegno per malati oncologici; Michela Levi, pubblicitaria, docente IED ed Accademia di Comunicazione; David Fargion, medico psicoanalista, psicoterapeuta e presidente AME Milano (Associazione Medica Ebraica) e Claude Shammah, avvocato penalista di cui riportiamo di seguito l’intervento.

Claude Shammah è stata membro del Comitato Pari Opportunità istituito presso l’Ordine degli Avvocati di Milano e si occupa di questioni riguardanti l’antisemitismo per conto della Fondazione CDEC.
«Nell’affrontare il tema di questo Convegno pensavo che mi sarei trovata di fronte ad un certo parallelismo: società arcaica, giovinezza istintiva; società evoluta, maturità consapevole. L’approfondimento, invece, dell’argomento da me scelto Istinto e consapevolezza nella riproduzione, da indagare sotto il profilo ebraico, mi ha invece condotto in una diversa direzione.
Sono partita da un episodio della Bibbia legato alla nascita di Mosè. Il Midrash racconta che dopo l’editto del faraone, che aveva stabilito la morte di tutti i neonati ebrei maschi, gli anziani del popolo di Israele avevano statuito che tutte le coppie avrebbero dovuto separarsi per evitare di mettere al mondo un bimbo destinato a morire. Sorvolo per questione di spazio sugli argomenti testuali della Torah su cui si fonda questo racconto, per precisare solo che viene attribuito a Miriam, sorella maggiore di Mosè e ragazzina di circa 16 anni, la consapevolezza ed il coraggio di aver affrontato l’assemblea degli anziani di Israele per far presente che la loro decisione era peggiore di quella del faraone che aveva destinato a morire solo i maschi mentre loro, di fatto, avevano decretato la fine del popolo ebraico.

Uno straordinario romanzo di Abraham Yehoshua racconta lo scontro tra Ben Attar, un ricco mercante ebreo poligamo in partenza da Tangeri con le sue due mogli e la “nuova” moglie del nipote, che “disapprova” fortemente lo stile di vita, appunto poligamo, dello zio.
La disputa investe ogni aspetto dell’esistenza ricca, generosa, esuberante dello “zio” e quella invece più severa e fredda del mondo del Nord.
Ovviamente il libro, non essendo un saggio, descrive superbamente l’atmosfera in un serrato intreccio tra i diversi istinti, i sentimenti e la consapevolezza mentre i Rabbini, che dovevano prendere posizione, alla fine concludono contro la poligamia.
Più significativo ancora per la tesi che mi sembra di poter sostenere, è l’ultimo libro di Yehoshua La comparsa, ambientato in Israele ai giorni nostri.
La protagonista Noga è cambiata. Non è più sposata dopo che il marito l’ha abbandonata perché lei si rifiutava di avere un figlio. Noga stessa cerca di capire i motivi che l’hanno portata a questa decisione. Mi sembra di poter azzardare un’ipotesi: Noga rifiuta di essere per il marito, per i genitori, per la società, strumento di riproduzione. Il suo istinto materno è rimasto soffocato dalla pressione che ha sentito su di sé verso la riproduzione. La tradizione ebraica sottolinea, credo di capire, che bisogna cercare un equilibrio tra emozioni e responsabilità».