di Michael Soncin
Giovedì 22 maggio 2025 ore 18:00, presentazione del libro “La sposa incatenata” di Chaim Grade. Presso la Libreria Claudiana in via Francesco Sforza 12/a. Con la partecipazione della traduttrice Anna Linda Callow e Miriam Camerini.
“Tra i più grandi, se non il più grande romanziere yiddish”. È con queste parole che Elie Wiesel aveva definito lo scrittore ebreo lituano Chaim Grade. L’ultimo romanzo, La sposa incatenata, dato alle stampe dalla casa editrice Giuntina specializzata in ebraismo, è ambientato a Vilna, in Lituania, città detta anche la “Gerusalemme del Nord”.
Qui troveremo Merl, la fedele moglie che dopo sedici anni sfinita nell’attendere il marito, decide con grande coraggio di sfidare le convenzioni, per rifarsi una vita tutta per sé. Itsik è partito per la guerra e lei durante questo lungo periodo non ha mai avuto nessuna notizia, rimanendo completamente abbandonata, senza nemmeno sapere se lui fosse ancora in vita o meno.
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Il titolo originale del romanzo in yiddish è די עגונה (Di ‘agune). Secondo le leggi ebraiche un’agunà è una sposa che è rimasta “incatenata” al primo matrimonio, poiché in assenza di testimoni che possano confermare la morte del marito, di cui se ne sono perse le tracce. Ed è in queste condizioni che si troverà la bella e indipendente Merl. Come uscirne? Come spezzare le catene? Solo un’autorizzazione rabbinica potrà liberarla dalla perenne stasi nella quale si trova.
Ambientato attorno al 1930, Grade dipinge le vicende di una donna battagliera, pronta a sfidare la propria famiglia, la comunità ebraica e le inflessibili leggi rabbiniche. Una donna, il cui temperamento indomito, farà emergere segreti inaspettati, dentro una cornice di eventi, dove passioni e rivalità si alternano, scanditi da tanta suspense.
Grade, come ci ha già dato prova con La moglie del rabbino e con Fedeltà e tradimento, riesce a farci rivivere con stupefacente maestria un mondo che non c’è più, cancellato dal nazismo. Un mondo di cui molti di noi sentono una tremenda nostalgia. Grade ci lascia una speranza che rimane ancora pulsante e forse timidamente silente nei nostri cuori: il desiderio che in futuro lo yiddish torni ad essere vivo più che mai, con i suoi splendidi scrittori e le sue meravigliose riviste, magari attraverso la stessa rivoluzione che è stata fatta per l’ebraico. C’è disperatamente bisogno di un Eliezer Ben Yehuda della lingua yiddish!
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