I relatori del convegno all'Università Statale sul linguaggio dell'odio

Il linguaggio dell’odio: un convegno all’Università Statale

Eventi

di Ilaria Myr
“Il linguaggio dell’odio fra memoria è attualità”: questo il titolo di un interessante convegno organizzato il 27 gennaio per il Giorno della memoria dall’Università degli Studi di Milano, che ha affrontato il tema dell’odio e dell’antisemitismo da una prospettiva di grande attualità, quella relativa al linguaggio e ai cosiddetti “discorsi d’odio”, purtroppo oggi molto attuali, affrontati da punti di vista diversi: storico, artistico, linguistico e giuridico. Articolato in tre sessioni – “L’odio nell’Italia fascista e nella Germania nazista: una prospettiva storica”, “L’odio dal Terzo Reich ad oggi: l’aspetto linguistico”; “L’odio oggi: fra norme, comportamenti e usi”), il convegno ha proposto a una sala gremita, in via Sant’Antonio 12, una ampia riflessione – fino ad oggi – sul peso delle parole, sui linguaggi e il lessico della propaganda dall’Italia fascista alla Germania nazista per arrivare alla contemporaneità e al tema dell’odio online.

La sala del convegno su Il lingiuggio dell'odio

Luzzato Voghera (Cdec): “Dobbiamo tornare allo studio della storia della Shoah”

La prima sessione, ha visto, fra gli altri, l’intervento di Gadi Luzzatto Voghera, direttore del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (Cdec). “Fino a oggi è stata privilegiata la dimensione emotiva legata alla funzione delle testimonianze ed è stata invece data meno rilevanza alla storia, la cui conoscenza è data per scontata – ha esordito -. Ora però che la memoria sta finendo, con la graduale scomparsa dei sopravvissuti, ci troviamo a chiederci cosa sarà giorno della memoria nei prossimi anni”.

Negli ultimi tempi, poi, si è assistito a una sovrapposizione erronea di antisemitismo e Shoah, con l’utilizzo di simbologie connesse alla Shoah da parte degli antisemiti (forni, camere a gas, Anna Frank) con alcune inevitabili conseguenze. “La prima è che l’antisemitismo è considerato come un retaggio del nazismo, ma è assolutamente antistorico – ha continuato – e ha come risultato il fatto che la società contemporanea non è disposta a vedere che l’antisemitismo possa essere qualcosa di più e altro rispetto alla Shoah”. La Shoah, ha continuato è stata anche fatta di meccanismi burocratici, di psicologia sociale, e di una meccanica di vantaggi economici: tutto questo ha costituito la macchina dello sterminio, come ben spiegato da Zygmunt Bauman nel libro Modernità e Olocausto.

“Il fatto che la stragrande maggioranza di messaggi antisemiti abbia a che fare con la simbologia prodotta dalla Shoah – continua Luzzatto Voghera – significa che molti anni di propaganda antisemita del fascismo, le leggi antiebraiche e un’educazione battente allo spirito antisemita hanno segnato tracce di lungo periodo nella società”.

Quali sono dunque i rimedi a questa situazione? Il primo è senza dubbio lo studio della storia. “C’è ancora molto da studiare e da insegnare, e questo è ancora più vero davanti alla riduzione delle ore nella scuola pubblica – ha spiegato lo storico -. Dobbiamo opporci, perché senza queste ore ci ridurremo a fare discorsi emotivi e retorici sulla Shoah, senza una conoscenza di base completa.

Importante però è guardare all’antisemitismo non solo come a un fenomeno storico, ma come un complesso fenomeno sociale e politico del presente. Un fenomeno in crescita allarmante, che rischia di minare nel profondo i principi della nostra convivenza civile”.

Vox Diritti: antisemitismo in crescita su Twitter

“Dal 2015 a oggi l’antisemitismo su Twitter è cresciuto esponenzialmente, arrivando al 25%. E da quando c’è stato “il caso Segre (che ha visto l’assegnazione della scorta alla senatrice a vita, ndr) i tweet antisemiti sono triplicati”. È quanto ha rivelato Silvia Brena, fondatrice di Vox Diritti, l’Osservatorio italiano sui diritti che da cinque anni monitora l’andamento dei linguaggi d’odio su Twitter. “Abbiamo scelto questa piattaforma social perché consente la geolocalizzazione – ha spiegato – e perché il meccanismo del retweet lo rende uno strumento molto potente”.

L’ultimo studio, divulgato il 25 gennaio 2020 e condotto insieme alle Università di Bari, di Milano (Cattolica e Università degli Studi) e di Roma Sapienza ha utilizzato una metodologia innovativa multidisciplinare che ha visto l’utilizzo di un software di “sentiment analysis”, in grado di intercettare e classificare i tweet contenenti messaggi d’odio e di classificarne il livello di aggressività. La massa di dati raccolta viene poi trasformata in grafici e mappe che permettono di osservare l’andamento dell’hate speech.

Dagli ultimi dati emerge che nei mesi di novembre e dicembre dello scorso anno i tweet di stampo antisemita sono stati 44.448, mentre a marzo e maggio il numero si attestava attorno ai 15mila. In termini percentuali, sul totale dei tweet negativi, si è arrivati al 24,1% rispetto al 10,01% dei mesi precedenti e allo 0,5% registrato nel 2015.

I picchi dell’ultima rilevazione coincidono proprio con i giorni in cui la senatrice a vita Liliana Segre viene messa sotto scorta. Accade anche nel caso del bambino di origine ebraica vittima di bullismo in una scuola media di Ferrara il 16 aprile 2019. In quel giorno si sono registrati oltre 3mila tweet contro gli ebrei, mentre solamente il giorno prima la cifra non raggiungeva quota cento.

Ma osservando i grafici prodotti dalla Mappa dell’intolleranza sembra emergere una correlazione anche con un certo linguaggio della politica. Il 27 marzo 2019 la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni twitta contro George Soros “Tenetevi i soldi degli usurai, la nostra forza è il popolo italiano”. In quel giorno la curva dei tweet di natura antisemita si impenna superando i 400 tweet. “Un certo linguaggio utilizzato dai politici sdogana certi discorsi d’odio – commenta Silvia Brena – e legittima la discriminazione sulla base di pregiudizi”.

L’altro dato interessante è quello che emerge dalla geolocalizzazione dei tweet. Se nelle precedenti analisi i discorsi d’odio si concentravano soprattutto nelle zone con una forte presenza dell’estrema destra come Roma e l’Alto Lazio, nell’ultima rilevazione ha rilevato un’espansione in tutta la Penisola del fenomeno in particolare nell’area nordoccidentale.

Come reagire a tutto ciò? “Insegnando nelle scuole a lavorare su narrazioni positive – ha spiegato -. Con il Comune di Milano abbiamo di recente promosso un manifesto per un Città libera dall’odio, mentre con il Cdec stiamo avviando una nuova collaborazione che porterà a una serie di azioni educative congiunte nelle scuole”.

Osservatorio Antisemitismo: il pregiudizio antisemita è trasversale

“Se fino a qualche anno dicevo che in Italia la situazione dell’antisemitismo era ben lontana da quella di altri Paesi europei, oggi devo ammettere che ci sono segnali preoccupanti”. Così Betti Guetta, direttore dell’Osservatorio Antisemitismo ha introdotto il suo intervento, illustrando gli ultimi recenti dati raccolti sugli episodi antisemiti in Italia nel 2019. In totale 251 episodi, suddivisi in: Antisemitismo nel Web (173), Diffamazione e insulti  (31), Graffiti e grafica (23), Minacce alle persone (9), Antisemitismo nei mass media (5), Banalizzazione (3), Vandalismo (3), Discriminazione (2), Aggressioni fisiche (2).

“E’ importante distinguere fra: pregiudizio antiebraico, inteso come opinioni e discorsi, e azioni – ha continuato -. L’antisemitismo viaggia su canali e media diversi, si esprime con livelli di aggressività differenti. In generale si osserva uno sdoganamento dei pregiudizi razzisti e antisemiti. Veicolo importante dell’antisemitismo sono il web e i social network. Nei discorsi antisemiti prevalgono il complottismo, la banalizzazione della Shoah, e l’antisemitismo legato a Israele. Importante, poi, è che mentre le azioni violente di ostilità anti-ebraica contraddistinguono i gruppi politici estremisti (destra, sinistra, islamisti), il pregiudizio è trasversale ai ceti socio-culturali e alle appartenenze politiche e non è correlato alla conoscenza”.