Hate Speech e istituzioni. Un confronto al Memoriale della Shoah

Italia

di Paolo Castellano

Sempre più spesso, l’odio online si manifesta nella vita reale mediante aggressioni, violenze e discriminazioni. Dunque, gli esperti si domandano come arginare tale fenomeno digitale che trova terreno fertile nel Web, in particolare sui social network.

Per questo motivo, il 30 gennaio, il Memoriale della Shoah di Milano ha organizzato una diretta streaming intitolata Post no hate con Milena Santerini, vicepresidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano e Coordinatrice Nazionale per la lotta all’antisemitismo, e Marilisa D’Amico, avvocato costituzionalista e curatrice della annuale mappa dell’intolleranza in collaborazione con Vox Diritti.

Il dibattito ha toccato molti punti. Innanzitutto si è parlato dell’influenza dei social network sui crimini d’odio. Come hanno sottolineato le due esperte, le parole online non sono neutre, ma provocano delle reazioni. Dunque, l’espressione d’odio fa parte di una piramide di violenza. La deriva comincia con insulti e parolacce indirizzate verso una minoranza per poi arrivare ad azioni concrete. Così è stato per la senatrice a vita e sopravvissuta alla Shoah Liliana Segre a cui è stata assegnata una scorta per le numerose minacce ricevute nel 2019.

«Come dimostra la nostra mappa dell’intolleranza, elaborata sui termini d’odio utilizzati su Twitter, abbiamo rilevato che al primo posto si trovano le offese nei confronti delle donne. Poi, sono presenti espressioni razziste, antisemite, espressioni contro l’Islam, e disprezzo per il disabili», ha ribadito D’Amico.

«Grazie alla geolocalizzazione, siamo poi in grado di capire dove si manifesti il linguaggio d’odio. Secondo le nostre ricerche, in Italia l’antisemitismo proviene soprattutto da tweet pubblicati nel Lazio e nel Nord Italia».

Come fare per contrastare l’odio Online? «Come Presidenza del Consiglio abbiamo recentemente fatto un accordo con Google per dare visibilità a contenuti scientificamente affidabili su temi legati alla Shoah e che costantemente subiscono una distorsione nel Web. Sul motore di ricerca abbiamo degli spazi gratuiti in cui spieghiamo correttamente elementi che possono alimentare pregiudizi antisemiti. Se un utente cerca “Savi anziani di Sion”, troverà la definizione degli esperti che gli spiegheranno che si tratta di un falso acclarato», ha dichiarato Santerini, aggiungendo che in futuro potrebbero esserci ulteriori accordi con altri giganti del Web.

Nella parte finale della conferenza, le due ospiti hanno espresso il loro pensiero sul tema della creazione di un linguaggio più inclusivo, rivolto soprattutto ad eliminare il gap di genere tra uomo e donna e i reiterati luoghi comuni utilizzati contro ebrei e altre minoranze. D’Amico ha citato il terzo articolo della Costituzione italiana che condanna il linguaggio d’odio e discriminatorio. Tuttavia, tale sensibilità dovrebbe riversarsi anche nell’ambiente dei mass media che troppo spesso utilizzano espressioni inopportune (“pazzo d’amore”) nel racconto dei femminicidi. Santerini ha invece ribadito la necessità di stigmatizzare e poi rieducare i soggetti che manifestano condotte intolleranti verso il prossimo.