Al Conservatorio i Treni della Memoria di Steve Reich, per ricordare anche l’antisemitismo di oggi

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CONSERVATORIO – GIORNO DELLA MEMORIA 2024-01-28

di Redazione
«Ha ancora senso oggi il Giorno della Memoria? La domanda che ci siamo posti è se tutto ciò che è stato fatto in questi anni è servito, e quanto», si chiede il Rabbino capo di Milano Alfonso Arbib davanti a un’attenta e nutrita platea. Siamo nella Sala Puccini del Conservatorio di Milano, in occasione del 27 gennaio, Giorno della Memoria 2024.

E prosegue. «Vi offro qualche spunto di riflessione: siamo di fronte a un’ondata di antisemitismo senza precedenti, un antisemitismo di ogni tipo e tonalità, di destra e di sinistra. Com’è possibile? La Memoria doveva essere un’occasione educativa, e allora a che cosa è servita? Innanzitutto va detto che l’antigiudaismo esiste da un paio di millenni e che forse è stata un’illusione poter combattere qualcosa che ha radici così profonde nella cultura occidentale e europea. Forse abbiamo sottovalutato la pervasività di un sentimento di odio così antico e radicato? Credo di sì. Rav Jonathan Sacks paragona l’antisemitismo a un virus: certamente i virus si combattono ma presentano una particolarità, mutano, si trasformano per continuare a esistere. Qualcosa di simile avviene oggi.

Dall’antigiudaismo medievale e teologico all’antisemitismo razziale dell’Ottocento a quello fascista e nazista del Novecento, la radice resta la stessa, osserviamo la ripetizione degli stessi identici schemi che rivediamo oggi in una moderna riedizione dell’antigiudaismo, con le stesse accuse, gli stessi stereotipi e pregiudizi.

Esponenti illustri della Chiesa cattolica hanno rispolverato, ad esempio, l’idea di un Dio ebraico vendicativo e iroso contro il Dio cristiano di amore e bontà, e dobbiamo stare attenti perché queste sono idee incendiarie, pregiudizi pericolosi (e falsi, ndr), così si fomenta l’odio. C’è inoltre un antisemitismo diffuso che partendo dall’idea di difendere gli oppressi resuscita gli stessi modelli della giudeofobia medievale e del passato. Affinché il Giorno della Memoria serva e abbia un senso dobbiamo stare attenti alla retorica, affrontare l’antisemitismo per come si presenta oggi, nella sua nuova veste mutante». Così le parole di rav Alfonso Arbib risuonano nella Sala Puccini, in chiusura dei molteplici discorsi delle autorità, e hanno il potere di entrare in profondità e interrogare le coscienze dei presenti.

 

Riflettere sull’oggi e sull’ieri

Gli fa eco anche il discorso di Walker Meghnagi, Presidente della Comunità ebraica di Milano. «Noi ebrei ci portiamo dentro anche quello che è successo tre mesi fa: il 7 ottobre, il massacro: come si fa a non averlo presente?», ha esordito Meghnagi, quasi a voler rispondere a quanti si stupiscono del legame tra i fatti di attualità e quanto accaduto negli anni Trenta-Quaranta. E continua: «il popolo israeliano è stato aggredito e ha reagito, oggi c’è questa guerra e ovviamente tutti speriamo che finisca presto, per il bene di entrambe le parti. Io ho perso una nipote il 7 ottobre. Ma oggi è il Giorno della Memoria e, mi dispiace, devo dirlo, questa giornata è anche per loro, per i rapiti, per coloro che giacciono in cattività laggiù. Oggi, abbiamo un dovere: ricordare certamente chi non c’è più, ma soprattutto chi si rese responsabile. Non soltanto avere in mente chi commise i genocidi ma anche coloro che girarono la testa dall’altra parte, gli indifferenti di sempre, quelli che semplificarono e minimizzarono, oggi come ieri».

L’evento organizzato dall’Associazione Figli della Shoah nella sala Puccini del Conservatorio ha preso il via dopo i saluti di benvenuto del direttore del Conservatorio di Milano Massimiliano Baggio, di Nicoletta Mainardi del Coordinamento del Conservatorio per il giorno della Memoria, e le parole di alcuni politici milanesi. «Ci tenevamo a essere qui oggi, noi della Regione Lombardia, per testimoniare la nostra vicinanza nel ricordo del genocidio. Ed essere qui, dopo i fatti del 7 ottobre, è ancora più importante», ha dichiarato Giulio Gallera, consigliere della Regione Lombardia, un intervento che ha subito suscitato polemiche dal pubblico (“Che cosa c’entra?” è stato gridato più volte). – E viene da dire che colpisce come in una parte dell’opinione pubblica odierna sfugga il nesso tra l’ieri e l’oggi, tra il ricordo dell’antisemitismo di allora con l’antisemitismo di adesso, tra l’antico riflesso antisemita e quello nuovo che sta scuotendo l’Occidente, insomma il nesso profondo tra l’odio per gli ebrei che sfociò nella Shoah e l’odio puro che ha animato l’eccidio del 7 ottobre -.

Ha poi preso la parola Filippo Barberis, consigliere del Comune di Milano, che ha sottolineato l’importanza di mantenere alta l’attenzione sul tema della Memoria (e il suo eventuale collegamento con i fatti dell’attualità), «nessuna indulgenza postuma, nessuna minimizzazione di quanto accadde durante la Shoah», ha detto, sottolineando quanto il corpo sociale possa essere vulnerabile e pertanto occorra stare attenti e vigilare. Le Leggi razziali furono le premesse della Shoah, la Shoah fu conseguenza di quelle leggi e non un accidente della Storia, ha concluso Barberis.

Il parterre dei politici in Sala Puccini era nutrito: Roberto Cenati dell’Anpi, l’Onorevole Mariastella Gelmini, l’Onorevole Andrea Mascaretti, i consiglieri Manfredi Palmeri, Giulio Gallera, Filippo Barberis, Enrico Marcora, il console degli Stati Uniti d’America Douglas Benning, il console della Polonia Anna Golieg Mastroianni, la console generale aggiunta della Germania Federale Tatiana Schenke Olivieri, Alessandra Tripodi (capo ufficio gabinetto prefettura di Milano) e altre numerose autorità di polizia, carabinieri… L’evento aveva il patrocinio della Regione Lombardia, del Comune di Milano, dell’Associazione Milano e Memoria, UCEI, Comunità Ebraica di Milano, CDEC, Fondazione Memoriale della Shoah, con il sostegno di Banca Intesa San Paolo, Teva, e la collaborazione della Fondazione Corriere della Sera.

 

L’evento-concerto: musica e treni

Treni che partono e che arrivano, convogli che vanno e vengono, binari in fuga, banchine, stazioni, gente che saluta dai finestrini, paesaggi che scorrono e locomotive fumanti che serpeggiano nella campagna, vagoni che entrano e escono da tunnel e stazioni in vetro e ferro, sportelli che si aprono e gente che scende… Un’epopea ferroviaria bagnata di lacrime e di ricordi, un corto circuito della memoria che risuona nelle note composte da Steve Reich, musicista nato nel1936, nell’opera Different trains, una musica che si dipana mentre scorrono le immagini proiettate sullo schermo di tutti i treni che hanno popolato la sua vita e la vita della gente negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso. Treni americani e europei, di chi ce l’ha fatta e di chi no, treni della vita o treni verso la morte, in un resoconto autobiografico del compositore Steve Reich che intreccia elettronicamente i suoi ricordi di bambino ebreo negli anni Quaranta con i ricordi dei bambini sopravvissuti alla Shoah e che in seguito hanno registrato le loro testimonianze. «Da bambino viaggiavo spesso in treno tra New York e Los Angeles e ritorno… Sebbene all’epoca quei viaggi fossero piacevoli e divertenti ora mi guardo indietro e penso che se fossi nato in Europa in quel periodo, in quanto ebreo, avrei dovuto viaggiare su treni molto diversi. Così… ho voluto realizzare un’opera teatrale che rispecchiasse fedelmente l’intera situazione», scrive Steve Reich.

L’evento, ideato da Nicoletta Mainardi del Conservatorio, in occasione del 24° Giorno della Memoria, ripercorre con note musicali «testimonianze orali accompagnate da un quartetto d’archi che riproducono i contorni ritmici e melodici dei campioni vocali delle voci e testimonianze dirette dei sopravvissuti, secondo un metodo di melodia parlata ispirato a uno dei compositori preferiti da Steve Reich, ovvero Béla Bartok», ha spiegato Nicoletta Mainardi.

In scena infine i ragazzi musicisti, che hanno suonato in concerto, allievi del Conservatorio – bravissimi tutti -, un quartetto d’archi (Carlos G. M. Quinones Tommaso G. Pacheco, Tommaso Malacalza, Umberto Simonassi, Mirko Colombo, Federico Luzzardi, Francesca Seggioli), in un progetto a cura di Roberto Tarenzi e Davide Gagliardi.

 

 

Foto in alto: il Conservatorio di Milano (© Alberto Panzani – CC creative common)