Moked: Le porte del Ghiur

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Oltre 200 partecipanti, molte decine di osservatori giunti dall’esterno hanno dato vita al Moked autunnale 5768 organizzato dal Dipartimento Educazione e Cultura dell’Ucei. Le porte diverse del Ghiur è il tema del percorso di studi che ha affrontato la delicatissima questione della conversione all’ebraismo.

I lavori hanno sviluppato un confronto intenso, attento e sempre composto fra i partecipanti e gli oratori. Fra i temi trattati Il problema della conversione nell’esperienza di un Bet Din (Rav Giuseppe Laras – Tribunale Rabbinico del Nord Italia); Esiste un proselitismo ebraico? (Rav René Gutman – Tribunale Rabbinico di Strasburgo); Il mondo ebraico nel 21° secolo: prospettive, sfide, politiche (Sergio Della Pergola – Università di Gerusalemme); La conversione nella Tradizione rabbinica (Dayan Rav Pinchas Toledano – Tribunale Rabbinico Londra-Amsterdam); Cosa significa amare il gher? (Rav Alfonso Arbib – Rabbino Capo Milano); I ritorni all’ebraismo: soluzioni possibili (Rav Pinchas Goldschmit – Rabbino Capo Mosca); La situazione delle conversioni nello Stato di Israele (Michael Corinaldi – Università di Gerusalemme). In calendario anche interventi dedicati a Ghiur ed educazione ebraica (Rav Benedetto Carucci Viterbi – direttore delle Scuole della Comunità di Roma); Modelli di Comunità e modelli di Ghiur: accoglienza e rifiuto del gher (Rav Scialom Bahbout – Bet Midrash Bet Tiferet Jerushalaim); Quali proposte operative possibili per un percorso nazionale ? (Rav Roberto Della Rocca – Direttore Dec Ucei).

“La decisione di affrontare in questo Moked l’argomento del Ghiur – ha dichiarato aprendo il Moked il presidente dell’Ucei Renzo Gattegna – deriva dall’esigenza sentita da noi come dirigenti, ma condivisa da molti, di approfondire un argomento forte, attuale, controverso, ma di grande rilevanza sia per il futuro dell’ebraismo che, nel presente, per le scelte di vita di numerosi nuclei familiari. Toccare un tema così scottante può essere pericoloso, ma non trovare il coraggio di farlo può essere letale”.

“Non vogliamo nasconderci – ha aggiunto rav Roberto Della Rocca, direttore del dipartimento Educazione e Cultura dell’Ucei – in questo Moked, che il problema del Ghiur è un problema dell’ebraismo italiano, anche se non solo dell’ebraismo italiano. Nascondersi che l’ebraismo italiano rischia di dividersi sul problema del Ghiur sarebbe ipocrisia. Una qualche forma di divisione si è già di fatto realizzata. Si tratta ora di vedere se faccia bene a un ebraismo di poco più di 25 mila iscritti dividersi e dare l’avvio a nuove polemiche e a nuove fratture. Il bene dell’ebraismo italiano lo si fa probabilmente con uno sforzo di unità e, in questo intento, con un grande sforzo di fantasia. Abbiamo voluto aprire la porta, o le molte porte possibili, sull’argomento del Ghiur, perché ci piacerebbe dimostrare che si può studiare, come ci hanno insegnato i nostri Maestri e, nello studio, si può iniziare un percorso comune”.

Il Moked si è concluso domenica 4 novembre, con la visita dei partecipanti alla Comunità di Pisa e gli interventi di saluto del rav Luciano Caro e di Bruno Di Porto.

“Il Moked che si è appena concluso – ha affermato dopo la chiusura dei lavori il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna – è stato contraddistinto da numerose adesioni e dalla trattazione di argomenti di grandissima attualità. Ho ritenuto fosse un dovere, per il presidente dell’Unione, non solo aprire i lavori, ma anche assistere a ogni singolo passaggio di queste giornate così intense e così significative”.?“Il livello di partecipazione – ha aggiunto Gattegna – la qualità degli interventi e delle relazioni e il tono di un confronto che si è sempre mantenuto sereno ci hanno consentito di comprendere meglio gli orientamenti prevalenti su tema. Abbiamo imparato molto su come il Ghiur è stato vissuto nella storia ebraica e abbiamo compreso che non esiste una interpretazione unica?e immutabile dell’istituto. Ha costituito un grande interesse anche assistere a un dibattito comprensibilmente attento e acceso. Questo argomento, che fino a qualche decennio fa rivestiva scarsa portata e scarso interesse, ha assunto rilievo con lo svilupparsi di flussi migratori di grandi gruppi di persone da Paesi in cui la vita ebraica era poco sviluppata o soffocata e ha fatto emergere casi controversi, spesso portati all’attenzione di autorità e tribunali. Abbia anche potuto constatare che questa esigenza di approfondimento è condivisa da tutto l’ebraismo mondiale e mette in gioco la nostra sopravvivenza in quanto minoranza nella Diaspora e in quanto società ebraica nello Stato di Israele”.

“È stato un convegno – ha commentato il responsabile della Cultura dell’Ucei Dario Calimani – di grande importanza. Abbiamo dibattuto con autorità di livello internazionale il tema delle conversioni, e ne abbiamo approfondito problemi e soluzioni possibili. Il tutto in un’atmosfera di grande serenità. Ne è emersa anche una serie di proposte di grande interesse e impatto sociale da parte di rav Roberto Della Rocca, che dirige il Dipartimento Educazione e Cultura dell’Ucei. Allo stesso tempo, in un incontro emozionante al tempio di Viareggio, abbiamo portato presenza e vita ebraica a una piccolissima Comunità isolata e dimenticata. Ritengo che si siano raggiunti in pieno i due scopi che con il Moked ci si era proposti”.

“L’ebraismo italiano – ha commentato rav Roberto Della Rocca – a differenza di altri in altri paesi, è un ebraismo ormai ai minimi termini, e ogni crisi può esserci letale. Abbiamo affrontato, qui, il problema del Ghiur come tema di studio, con contributi di grandi autorità ed esperti del campo, per poter affrontare, con cognizione di causa e con maggiore consapevolezza, non solo dibattiti e discussioni, ma anche e soprattutto proposte e percorsi di soluzione.
Ma prima di affrontare alcune proposte di soluzione bisogna stabilire chiaramente alcune premesse, al fine di sgombrare il campo da pericolosi e demagogici malintesi. La questione è stata affrontata troppo spesso da un’angolazione altamente influenzata dal vissuto personale, anzi, influenzata dai molteplici vissuti personali, sfociando spesso in una contrapposizione fortemente personalizzata fra singolo candidato Gher e il singolo rabbino a cui era demandato di rappresentare e riconoscere al candidato l’identità ebraica. Questo incontro, che talora è stato un vero e proprio scontro, spesso si è risolto in una polemica improduttiva e distruttiva, a volte inficiata da logiche di schieramento. Un problema dell’ebraismo italiano è l’assimilazione, la perdita di identità forte e vissuta consapevolmente. L’altro problema è quello demografico. Ma il rischio della nostra scomparsa e della chiusura delle nostre istituzioni non può essere risolto con una apertura irriflessa o con Ghiurim solo formali. Questa linea non sarebbe conforme alla Tradizione ebraica. E non farebbe neppure il bene di coloro che sono alla ricerca di una coerente e coscienziosa assunzione di identità ebraica. Sarebbero gherim utili solo a risolvere, e solo in parte, un problema demografico. Non siamo certi che si risolverebbe così anche il problema dell’assimilazione e della ricostruzione di una identità forte. E’ necessario ribadire, tuttavia, proprio per evitare equivoci, che la purezza del sangue non è mai stata una preoccupazione ebraica. Non è il sangue o il colore della pelle a fare di un essere umano l’uomo che è creato a immagine di Dio. L’uomo si giudica per se stesso e si definisce per le sue convinzioni e le sue azioni, non per le sue origini. Sta alle istituzioni dell’ebraismo italiano – ha concluso rav Della Rocca – elaborare un progetto da sottoporre a verifiche periodiche, che tenga conto della situazione reale senza farsene impaurire né travolgere. A volte il timore e la mancanza di fantasia sono alla base delle non scelte. Qui si tratta di osare. Osare sondando ogni percorso previsto dall’halakhah, che è la nostra strada. Osare aprendo tutte le porte che l’halakhah ci concede di aprire. Per la sopravvivenza e per l’unità del popolo ebraico e della nostra Comunità”.

“L’elevato tono degli interventi, – ha aggiunto il consigliere Ucei delegato alle piccole Comunità e ai rapporti con l’Assemblea rabbinica italiana Gadi Polacco – la numerosa e costantemente attenta partecipazione, l’emozione di aver rivisto pieno il Tempio di Viareggio per una tefillath Shabbath, sono le peculiari caratteristiche che rendono questo Moked, dedicato al delicato argomento del Ghiur, arduo da superare. Nell’essere grati ad organizzatori ed oratori, occorre rilevare che è emersa, nei suoi molteplici contorni, una tematica che, nel rispetto della tradizione ebraica, chiama a un’adeguata risposta rabbini e dirigenza ebraica nazionale e locale”.