Dimissioni a sorpresa del Presidente della Comunità Leone Soued

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Durante l’ultima seduta del Consiglio della Comunità, avvenuta venerdì 8 maggio dalle ore 13.30 alle 16.30, il presidente Leone Soued ha rassegnato, a sorpresa, le sue dimissioni. Irrevocabili, ha ripetuto Soued più e più volte davanti alla costernazione generale dei membri del Consiglio. Sono andati a vuoto i tentativi dei membri delle tre liste, Per Israele (lista a cui appartiene Soued stesso), Chai, Kadima, di convincere il presidente a tornare sui propri passi respingendone le dimissioni per far così rientrare la crisi. È stato convocato un Consiglio straordinario per martedì 12 maggio alle ore 19.30.
Gravi le frasi pronunciate da Soued: “Dopo lo spettacolo sconfortante dell’ultima seduta di Consiglio (quella di mercoledì 6 maggio, ndr), dopo aver assistito a quello che io ritengo un penoso tira e molla, rimetto il mio mandato di presidente ed esco dal gruppo Per Israele. È un mio diritto e lo rivendico. Se volete prendere a picconate le istituzioni ebraiche, prego accomodatevi. Me ne vado perché è stata lesa la mia persona, non la mia carica. E inoltre, alludo a Gionata Tedeschi, non si possono minacciare le proprie dimissioni ogni volta che non passa la propria linea o posizione. Ritengo che questo modo di fare sia una barbarie, un ricatto, perciò mi rifiuto di starci. Spero che questo Consiglio regga e ho deciso comunque di continuare a farne parte. Ma non più come presidente”.

La sensazione è che le cause reali di queste dimissioni vadano ricercate in una pluralità di motivi: una fronda interna cresciuta in seno al gruppo Per Israele nei confronti di Soued, le dimissioni dal Consiglio anticipate il mese scorso da Gionata Tedeschi per iscritto, discusse nel Consiglio del 6 maggio e oggi operative in maniera definitiva, la questione delle conversioni.

Immediata è stata la replica dei membri del gruppo Chai: Gionata Tedeschi e Avram Hason, dopo aver respinto le dimissioni del presidente, hanno proposto di andare a elezioni anticipate, nel caso Soued non facesse marcia indietro. Ha detto Gionata Tedeschi: “Abbiamo esaurito una serie di obiettivi che che ci eravamo proposti di realizzare governando con il gruppo Per Israele. Sono venuti meno, oggi, i presupposti di questa coalizione: ecco perché mi sono dimesso, ecco perché penso che si debba andare a elezioni anticipate. E poi non possiamo continuare a ignorare la realtà dell’ebraismo italiano: noi non dobbiamo più alzare muri ma gettare ponti (allusione al rifiuto di far partecipare formalmente i gruppi riformati alla festa di Yom Hatzmauth, ndr). Non mi sarei aspettato che una comunità alzasse barriere così alte”. Gli fa eco Avram Hason: “Sono spiacente ma non ritengo affatto una barbarie dimettersi dal Consiglio, come ha fatto Gionata Tedeschi. Quando il patto fatto con l’elettorato viene meno allora le dimissioni diventano legittime”. Ha rincarato il consigliere anziano Emanuele Cohenca: “Non credo che lo scioglimento del Consiglio sia percorribile. Sarebbe un fatto traumatico e lesivo dell’immagine della Comunità, specie in questo momento, con importanti questioni finaziarie sul piatto. Va assolutamente ritrovata la sintonia col presidente”.

Dagli appelli a non far prevalere lo scontro ideologico e la radicalizzazione delle posizioni, invocati da Doron Kohanan del gruppo Per Israele, fino all’invito “a tornare a camminare compatti perché la Comunità è un bene comune che va difeso con le unghie e con i denti, il lavoro va chiuso e sono dispiaciuta di aver deluso Soued, sia come gruppo che come persona”, parole di Adriana Segre (gruppo Per Israele), il Consiglio è proseguito nel nervosismo generale. Il vice presidente Sara Modena ha rivolto parole accorate a Soued: “Abbiamo lavorato 3 anni con problemi giganteschi. Ora che siamo quasi giunti alla meta, tu rinunci? Hai rapporti eccellenti con le istituzioni, sul tappeto ci sono questioni importanti. Prendiamoci dieci giorni per ripensarci e a bocce ferme decideremo se sciogliere o no il Consiglio”.

“Minacciare le dimissioni come ha fatto Tedeschi è stato un modo per esprimere il proprio disagio, per parlare, per discutere, ed è una normale prassi politica”, ha detto Paola Mortara del gruppo Chai a cui Soued ha subito replicato che “se vuoi essere costruttivo non metti in dubbio il Consiglio minacciando dimissioni. E poi caro Gionata sei o non sei consigliere? Se non lo sei più non hai diritto di parola…”. La risposta è scattata immediata: “Le mie dimissioni non nascono come tentativo strumentale di far cadere il Consiglio ma come maniera forte di far capire certe cose. Credo che questo Consiglio abbia esaurito il suo periodo di vita. Ciononostante respingo le dimissioni di Soued e propongo di andare a elezioni anticipate tra alcuni mesi”.

Nella tensione generale, sono intervenuti anche gli appelli di Yoram Ortona del gruppo Kadima e consigliere dell’Ucei. “Queste dimissioni, quelle di Soued e di Tedeschi, sono gravissime e io le respingo. Chiedo di ridisegnare una giunta che abbia le competenze tecniche necessarie per arrivare alla fine di questo mandato senza andare a elezioni anticipate. Questo tsunami deve rientrare. Faccio appello alla vostra anima ebraica, al senso di responsabilità. Facciamo tutti un passo indietro, basta con i giochi di corridoio. Chiedo di ricostituire la Giunta e di ridare mandato a Soued chiedendo di scegliere le persone in base alle competenze e capacità. Un governo tecnico, non politico”. Anche per Roberto Jarach, leader di Kadima ,“la situazione è gravissima ma non deve diventare ingestibile, non accetto queste dimissioni come un fatto ineluttabile. Anche sulla faccenda delle conversioni, la comunità non può alimentare questi conflitti interni. Ci sono delle regole. Sulle conversioni e sul riconoscimento dei Reformed le singole kehillot non hanno autonomia. C’è lo statuto dell’Unione e la cosa va risolta in quella sede”. Altro problema scottante sul tappeto, è stato infatti il problema del riconoscimento dei Riformati su cui rav Arbib è stato molto chiaro dicendo che “non spetta a me questo riconoscimento ma all’Ucei”.

A chiusura dell’intera seduta, il rabbino capo ha concluso: “Un passo della Torà ci dice che davanti a un momento grave e urgente si possono annullare le mitzvot. E questo è, oggettivamente, per la Comunità, un momento gravissimo. Chiedo a tutti quindi di mettere da parte i propri convincimenti per un bene superiore. Se lo prevede persino la Torà, potrebbero prevederlo anche i membri di questo Consiglio”.