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Il peccato di Sodoma

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anche quello che potrebbe sembrarci lontano nel tempo e nel modo di fare, è, in realtà, un insegnamento attuale per l’uomo. In un periodo di crisi economica dobbiamo aiutare con amore chi ha più bisogno di noi.

La famiglia ebraica fondamento della Comunità

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I dieci giorni che vanno da Rosh Hashanà a Yom Kippùr sono chiamati Asèret yemè teshuvà, i Dieci giorni penitenziali. La teshuvà, il pentimento, l’esame di coscienza, l’analisi del proprio comportamento, l’assunzione di impegni e responsabilità per il futuro sono al centro di queste giornate. La teshuvà è una mitzvà strettamente individuale, ognuno deve analizzare il proprio comportamento e assumersi le sue responsabilità.
Esiste però una dimensione collettiva della teshuvà. Un aspetto della nostra vita in cui la dimensione individuale e quella collettiva si toccano ed è la formazione di una famiglia.

Relazioni ebraico-cristiane

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la dichiarazione di rav Giuseppe Laras, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana, dopo il comunicato vaticano sulla preghiera per gli ebrei.

Rav Laras: una pausa di riflessione nel dialogo

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che intendiamo adoperare per riflettere su quanto accaduto e per coglierne implicazioni e prospettive”. Nel dialogo Ebraico-Cattolico una interruzione è necessaria dopo l’iniziativa papale sulla preghiera per gli ebrei.

Tradizione religiosa e progresso scientifico

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accenderà la chanukkià in piazza San Carlo. In questa occasione Aurelio Ascoli, primo collaudatore in Italia di una pila a combustibile ci ha scritto: “Tradizione culturale e religiosa e progresso

Legge ebraica e pena di morte

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è la Giornata Mondiale contro la pena di morte. L’iniziativa italiana all’ONU ha riaperto il dibattito su questo tema, che interessa in modo trasversale tutto il pianeta, perché viene applicata sia da Paesi democratici sia da regimi autoritari e ha sostenitori e oppositori in tutti i continenti.

Rosh Hashanà e la via del ritorno

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Dopo il peccato del primo uomo, Dio gli chiede: “Dove sei?”. Ovviamente Dio sa benissimo dove fisicamente l’uomo si trovi ma vuole fargli capire che si è spiritualmente allontanato da Lui e chiedergli di tornare, di fare teshuvà.

Le parole del Rav, la Comunità che tutti vogliamo

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In un mondo dove quasi tutti pretendono di improvvisarsi qualcosa che non sono (e che non possono essere), incontrare qualcuno che esprime opinioni fondate è un’emozione sempre più rara. In un pianeta, come quello dove abitiamo, dove i tromboni hanno sempre fiato da sprecare, non facciamo mai abbastanza sforzi per ascoltare chi parla a bassa voce. Si potrà o meno concordare di caso in caso con quanto dice, ma il rav Alfonso Arbib, il rabbino capo di Milano, appartiene certamente a quella rara categoria di persone che non ci assordano di parole pronunciate a sproposito. Non alza la voce, non sgomita per apparire, non si sente in dovere di dare pareri irrevocabili su tutto e tutti. Parla poco, agli occhi di qualcuno corre il rischio di sembrare quasi timido. Eppure in due recenti occasioni ha messo giù concetti solidi come le pietre angolari necessarie a sostenere le grandi costruzioni.
E proprio per queste ragioni i suoi interventi devono essere considerati con la massima attenzione.

Crescere da ebrei

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C’è davvero una ricetta ebraica per il problema dell’educazione? Evidentemente c’è e le testimonianze che la nostra cultura millenaria ci offre incessantemente non sono ferme agli antichi testi ereditati dai nostri padri. Proteggere le nuove generazioni e aiutarle a crescere in una maniera equilibrata costituisce una sfida fondamentale e inevitabile per qualunque cultura umana. E’ tanto vero che là dove si fanno più vaghe le idee su cosa abbiamo da trasmettere ai nostri figli e là dove prendono piede le confusioni di ruoli di ogni genere, le società finiscono per esprimere tassi di natalità particolarmente bassi. Questo è quanto avviene, per esempio, nell’Italia contemporanea che abitiamo e di cui facciamo parte: una società che esprime uno dei tassi di natalità più bassi fra quelli mai effettivamente registrati in una cultura umana.

Pensieri per Reizi

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avete visto quanta gente vi vuole bene? Le malheur de votre fille, come diceva Malherbe quattro secoli fa, il lutto di vostra figlia è stato anche il nostro lutto, tutti abbiamo pregato e sperato e alla fine abbiamo pianto con voi, come piangevano senza freni quei rabbini austeri che di solito parlano in yiddish, ma l’altro giorno