Dopo la preghiera per gli ebrei.
La decisione dell’assemblea rabbinica di interrompere il dialogo con il Vaticano fa scendere il gelo sul rapporto fra le due religioni?
In realtà non si tratta di un’interruzione del dialogo, ma, più semplicemente, di una pausa che intendiamo adoperare per riflettere su quanto accaduto e per coglierne implicazioni e prospettive. Più che di “gelo”, quindi, parlerei di difficoltà, da parte ebraica, a capire bene il senso dell’iniziativa papale. Viene comunque da pensare, paradossalmente, che la decisione di soprassedere provvisoriamente alla prosecuzione del dialogo ebraico-cattolico sia da attribuirsi, più che all’Assemblea Rabbinica Italiana, allo stesso Papa, che, evidentemente, non poteva non prevedere (almeno c’è da augurarselo!) le inevitabili conseguenze sul piano del dialogo con gli ebrei.
Voi vedete nel testo della preghiera del venerdì scelto dal papa un parziale ritorno al secolare pregiudizio cattolico sugli ebrei?
Sì, certo che lo vediamo. Forse anche al di là delle intenzioni. Questa preghiera, infatti, ha unimportanza simbolica non indifferente: per secoli, nella sua antica formulazione, ora parzialmente riproposta e modificata nella forma, è stata linfelice sintesi liturgica, paradigmatica, della teologia dellantigiudaismo cattolico e della predicazione conversionistica degli ebrei. Al contrario, la formulazione di questa preghiera voluta e adottata da Paolo VI appare di ben altro respiro, di ben altra sensibilità, espressiva di una autentica volontà di riconciliazione e di dialogo con il mondo ebraico, dopo la Shoah.
Qual è secondo Lei il motivo per il quale è stata scelta questa versione? E’ una concessione ai tradizionalisti o una provocazione versi gli ebrei?
Escludendo, per motivi etici, lipotesi della provocazione, alla base di questa decisione del Papa sembra verosimilmente esserci sia il desiderio di compiacere i tradizionalisti cattolici, e i Lefevriani in particolare, sia lintento, già dimostrato in altri precedenti e diversi contesti, di ribadire una linea rigida dellortodossia cattolica tradizionale, che non ammette deroga alcuna. Si tenga comunque presente che il richiamo, nella riesumata formula liturgica, alla salvezza degli ebrei attraverso la fede in Gesù Cristo risulta, oltre che offensivo per gli ebrei, la cui fede non sarebbe quindi portatrice di salvezza, anche potenzialmente pericoloso, perché potrebbe indurre i cattolici più oltranzisti o ignoranti a sviluppare dentro di sé un ulteriore risentimento antiebraico.
Fino a che punto la linea dura del Vaticano danneggia oltre 40 anni di dialogo interreligioso?
Il danno apportato a seguito delliniziativa papale purtroppo esiste e rimane. Questo significa che il dialogo così generosamente, ma anche faticosamente, alimentato, sia da ebrei che da cristiani nel corso dellultimo cinquantennio, ha subito, sicuramente, un duro colpo. Cè da chiedersi quanti di coloro che da parte ebraica si sono finora dedicati ad esso, con passione e dedizione, si interroghino sullopportunità di proseguire detto dialogo, se non, addirittura, di abbandonarlo definitivamente. È positivo, comunque, che molte componenti del mondo cattolico abbiano espresso al mondo ebraico, in questa circostanza, solidarietà, affetto e condivisione delle preoccupazioni da noi espresse e manifestate.
Quali sono le condizioni da parte vostra per la ripresa del dialogo?
Come sottolinea lo stesso Documento dellAssemblea Rabbinica Italiana, il senso della pausa di riflessione annunciata è quello di cogliere, da parte della gerarchia cattolica, iniziative chiare e inequivoche di una autentica volontà di proseguire questa esperienza comune, nonché, soprattutto, di una precisa e netta volontà di combattere lantisemitismo in tutte le sue forme ed espressioni.
Intervista a rav Giuseppe Laras, presidente dellAssemblea Rabbinica Italiana di Gerhard Mumelter per i giornali Der Standard (Austria) e JudischeAllgemeine (Germania)