Cultura e Società

L’”Affaire Dreyfus”

Spettacolo

la Corte di Cassazione francese proclamava la piena innocenza del capitano Alfred Dreyfus scagionandolo dalle accuse di “alto tradimento” per le quali l’ufficiale ebreo era stato trovato colpevole e deportato all’Isola del Diavolo. La sua riabilitazione metteva il punto finale alla drammatica vicenda durata 12 anni. Iniziato nel 1895 con l’arresto del capitano ingiustamente sospettato di aver venduto segreti all’addetto militare tedesco, lo scandalo era cresciuto sulla “fertile terra” dei pregiudizi antisemiti e si era è sviluppato all’ombra di silenzi, di bugie e di manipolazioni dell’allora potente casta dei militari.

Amos Oz e il tormentato rapporto col mondo tedesco

Personaggi e Storie


autore israeliano in Germania, in un paese dove gli scrittori israeliani non hanno mai goduto di vasto consenso: per la classe media colta tedesca i libri di Oz sono una lettura obbligata e i suoi articoli e le sue lezioni (Contro il fanatismo ad esempio, lezioni tenute a Stoccarda) sono un’unità di misura morale.

Il Sefer Torah e l’arte del sofer

Libri

rappresenta la più viva e autentica testimonianza di quella legge acquisita sul Monte Sinai che ha garantito la sopravvivenza millenaria del popolo ebraico. Il rapporto intimo che lega ogni ebreo a questo rotolo di pergamena, vergato a mano con devozione ed esperienza, giunge al punto che ogni ebreo, nel corso della propria vita, dovrebbe scriversene una copia personale o delegare qualcuno a farlo per lui”. Così si legge nell’introduzione di Rav Elio Toeff al libro Torah Immagini

FestAè – 1° Festival delle Arti Ebraiche

Spettacolo

2006 la prima edizione di FestAè – 1° Festival delle Arti Ebraiche.

L’evento nasce con l’intento di far meglio conoscere la cultura ebraica attraverso la cucina, la musica, l’arte e lo spettacolo, con particolare riguardo al suo aspetto gioioso e partecipativo.

La scelta di Ferrara quale sede di questo importante appuntamento è da ricercare nella storia che la città ha intrecciato per oltre otto secoli con quella della sua comunità. L’evento si svolgerà nelle vie dell’ex ghetto ebraico.

L’immagine di noi

Opinioni


del Consiglio della Comunità ebraica di Milano e dei delegati al congresso dell’Unione delle comunità ebraiche italiane sono ormai dietro le nostre spalle assieme alla massa delle consultazioni elettorali che ci sono piovute addosso in queste ultime settimane. Una nuova Giunta si è formata a Milano e ha già cominciato il suo lavoro. Sarebbe il momento giusto per parlare, prima della pausa estiva, di programmi, di prospettive, di scadenze. I problemi da gestire sono tanti, le prospettive e le speranze che chi si accinge a governare la comunità ha suscitato sono numerose. Eppure, prima di rimboccarsi le maniche, mi sembra sia utile fare qualche considerazione su un argomento solo apparentemente marginale. Una certa sensazione di imbarazzo, direi quasi di straniamento, si sta facendo strada fra gli ebrei italiani. Sta nell’aria, anche se è ancora difficile da descrivere, da definire con precisione.

Il caso Zolli

Libri

– Eugenio Maria Zolli, a 60 anni di distanza dagli avvenimenti cruciali è un episodio che fa ancora discutere e su cui esistono aspetti non chiariti, una sorta di piccola ferita ancora aperta. Certo i tempi sono cambiati, ma ancora nell’anno 2000 la San Paolo edizioni ha pubblicato un volume (Judith Cabaud, Il rabbino che si arrese a Cristo), il cui contenuto è ben esplicitato del titolo, e che suscitò polemiche vivaci. Colpiva, allora, che una casa editrice cattolica, che pubblicava testi di Martin Buber piuttosto che di Ibn Paquda, tra l’altro con una grande cura filologica e scientifica, potesse contemporaneamente pubblicare un testo di esplicita propaganda per la “conversione” degli ebrei al cristianesimo.

Contro il linciaggio della libertà

Opinioni


insegnano alcuni stimabili maestri, per non cadere nelle trappole della maldicenza: quello di non parlare mai delle persone, ma piuttosto di ragionare attorno alle idee, alle situazioni, alle problematiche. Nel mio piccolo cerco in genere di attenermi a questa regola. Mi è sempre sembrata assai edificante. Il lettore mi perdonerà, di conseguenza, se per una volta e facendo violenza a me stesso, mi concederò un’eccezione. Questa volta devo farlo. Non credo mi sarei data tanta pena per difendere la mia persona, e forse nemmeno chi mi è più caro. Le ingiustizie patenti, infatti, in genere si commentano da sole e come stanno le cose presto o tardi viene chiaramente a galla agli occhi delle persone oneste. Lo faccio, invece, e lo faccio volentieri, per un ebreo che conosco poco e frequento ancora meno. Il suo nome è Andrea Jarach.
A lui è stato dedicato anche il primo atto del nuovo Consiglio della Comunità: una lettera a L’Espresso per rispondere all’attacco di Enzo Biagi.