di Pietro Baragiola
Gli studiosi hanno individuato nel DNA di Adolf Hitler alcune varianti genetiche collegate a predisposizioni all’autismo, alla schizofrenia e al disturbo bipolare. L’indagine rappresenta il primo tentativo documentato di condurre un’analisi del genoma del Führer smentisce definitivamente la teoria secondo cui Adolf Hitler avrebbe avuto origini ebraiche.
Personaggi e Storie
Gli Altri Profughi: riemerge la voce dell’esodo dimenticato dai Paesi Arabi
Alla Biblioteca Nazionale d’Israele, il 30 novembre 2025 storie a lungo rimaste nell’ombra troveranno finalmente la loro voce. Gli Altri Profughi – Le storie non raccontate degli ebrei sefarditi e mizrahi è molto più di un evento: è un ritorno a casa per le memorie, le voci e il patrimonio di intere comunità sradicate dai paesi arabi e dall’Iran.
Italia, Ucraina, Israele: il lungo viaggio di Giulia Schiff
di Nathan Greppi
Nell’aprile 2018, la giovane era un’allieva dell’Aeronautica Militare Italiana, ma è stata vittima di violenza da compagni di corso, in un presunto “rito di iniziazione”. Partita volontaria a combattere in Ucraina, dove ha conosciuto e sposato un soldato ebreo israelo-ucraino, Victor Frydman, oggi vive in Israele al confine con Gaza. Qui il suo racconto del viaggio che dal Veneto l’ha portata sui due fronti di guerra più dibattuti del nostro tempo.
Dal Nepal all’America: le vittime di Hamas del 7 ottobre dimenticate dal racconto mediatico
di Nina Deutsch
Dal Nepal al Brasile, dal Sudan alla Thailandia, dall’Europa all’America: il massacro di Hamas ha colpito un mosaico di studenti, migranti, professionisti e lavoratori provenienti da tutto il mondo, inclusi arabi e beduini israeliani. Un caleidoscopio di vite spezzate, storie invisibili che il dibattito pubblico ha ignorato, cancellando sogni e biografie. Un’umanità che Israele, estremamente variegata sul piano etnoculturale e religioso, ospitava e che la violenza ha annientato. (da sinistra, Joshua Moitu Mollel e il tailandese Sudthisak Rinthalak)
«Le vittime del 7 ottobre che il mondo ha scelto di ignorare». È questo il titolo, asciutto e amaro, dell’articolo pubblicato su The Jewish News a firma di Gary Cohen che riporta all’attenzione un aspetto rimasto ai margini del racconto mediatico. Un titolo che spalanca uno squarcio su una dimensione per lo più ignorata: la pluralità umana che il massacro di Hamas ha travolto.
Una pluralità che racconta cos’è davvero Israele – non soltanto un Paese, ma uno specchio del mondo. Una società intrecciata e multietnica, attraversata dalle storie di studenti, ricercatori, lavoratori migranti, caregiver, agronomi, persone in cerca di un’occasione. E sono proprio queste vite, venute «per costruirsi un futuro migliore», a essere state cancellate da una violenza che nulla aveva di politico, rivoluzionario o liberatorio.
Molti di loro provenivano da Paesi che gli stessi attivisti occidentali evocano quando parlano di “Sud globale”: Thailandia, Nepal, Tanzania, Filippine, Sri Lanka, Cambogia. Raccoglievano frutta nei campi, assistevano anziani, studiavano tecniche agricole per riportarle a casa e migliorare la propria comunità. «Avevano nomi che in Occidente molti faticherebbero perfino a pronunciare», scrive Cohen. Eppure le loro storie parlano a tutti – e dicono qualcosa anche su chi, oggi, sceglie di ignorarle.
Tanzania – Il silenzio sugli alberi del Kibbutz
Clemence Felix Mtenga, 22 anni, era arrivato al Kibbutz Nir Oz da appena tre settimane. Partecipava a un programma agricolo pensato per aiutare giovani tanzaniani a sottrarre le proprie famiglie alla povertà. Il 7 ottobre è stato ucciso, il corpo ritrovato solo dopo quarantuno giorni. Sulla sua tomba, in Tanzania, è inciso un versetto scelto dal padre, tratto dal Deuteronomio: «L’albero del campo è forse un uomo, perché tu lo assedi?». Una domanda che pesa come un macigno sul presente.
A pochi chilometri da lì, un altro giovane tanzaniano, Joshua Loitu Mollel, 21 anni, arrivato al Kibbutz Nahal Oz per imparare l’irrigazione a goccia appena 19 giorni prima dell’attacco, è stato massacrato. I terroristi hanno filmato la sua esecuzione e diffuso il video online; Human Rights Watch ne ha verificato l’autenticità. Il suo corpo è stato trascinato a Gaza e restituito soltanto nel novembre 2025. Anche questa è una parte della verità che molti preferiscono non vedere.
Thailandia – Lavoratori invisibili anche da morti
Dopo gli israeliani, i thailandesi rappresentano il gruppo più numeroso di vittime straniere: stando ai dati citati da HRW, trentadue thailandesi sono stati assassinati, di cui dodici giustiziati nel kibbutz Alumim, situato nel deserto del Negev nord-occidentale, nel sud di Israele. In tutto i morti sono una quarantina, ventidue i rapiti e diciannove i feriti. Il corpo di uno di loro, Sudthisak Rinthalak (a destra nella foto), è ancora a Gaza.
In un filmato presentato all’ONU, un terrorista di Hamas decapita un bracciante thailandese con una zappa, urlando “Allah hu Akbar”: era un lavoratore migrante che mandava soldi a casa; un semplice lavoratore brutalmente decapitato davanti alle telecamere.
Nepal – Il coraggio nel dormitorio assediato
Anche diciassette studenti nepalesi di agricoltura si trovavano al Kibbutz Alumim. Erano venuti per imparare le nuove tecniche moderne e tornare a casa con nuove competenze. All’alba, Hamas ha lanciato granate contro il loro dormitorio. Dieci morti, sei feriti, uno rapito: Bipin Joshi, 23 anni. Prima di essere catturato, ha afferrato una granata e l’ha rilanciata fuori, salvando i suoi compagni. Un ragazzo dotato di grandissimo coraggio e di generosità che merita di essere onorato e ricordato. Bipin è stato ucciso in prigionia dopo essere stato filmato da Hamas. La sua salma è rientrata in Nepal avvolta nella bandiera del Paese. Un ritorno che non ha lenito il dolore dei familiari, rimasti con un’unica, straziante domanda: perché?
Cambogia – Uno studente qualunque, in un mattino qualunque
Chan Oudom, studente di veterinaria, è morto sul colpo nel suo appartamento colpito dai razzi il 7 ottobre. Era uno dei 400 cambogiani in Israele per tirocinio presso il kibbutz Holit, nella regione di Hevel Shalom, nel sud-ovest di Israele. Il giovane ha partecipato a un programma ufficiale gestito in collaborazione con centri di formazione come “Agrostudies” e MASHAV, l’Agenzia israeliana per la cooperazione allo sviluppo internazionale. Il re e il primo ministro della Cambogia hanno inviato le condoglianze ufficiali. In Occidente, il suo nome non l’ha ricordato quasi nessuno.
Le badanti – L’ultimo gesto, restare accanto ai fragili
Nel kibbutz Be’eri e in altri villaggi, alcune caregiver straniere hanno compiuto un gesto di puro eroismo: non abbandonare gli anziani affidati alle loro cure. Grace Cabrera, Paul Vincent Castalvi, Anola Ratanika, Sujit Yatawara, Angelyn Aguirre: molte di loro sono morte stringendo porte, proteggendo persone non autosufficienti, opponendosi a una ferocia che non lasciava scampo. «Non facevano parte di questo conflitto. Ci sono stati trascinati dentro», ha detto il direttore del kibbutz Be’eri.
Arabi e beduini israeliani, massacrati da Hamas che non ha chiesto passaporti
Per Hamas la “liberazione” non riguarda i fratelli arabi in Israele che sono stati uccisi senza pietà: paramedici, lavoratori, intere famiglie. Come il 23enne Awad Darawshe, un paramedico arabo-israeliano, colpito mentre soccorreva i feriti al festival Nova. O la famiglia beduina Ziyadne, rapita quasi al completo. O la neonata Naama Abu Rashed, ferita nel grembo materno e vissuta solo quattordici ore.
ProPal che ignorano i loro fratelli uccisi da Hamas
Chi nelle piazze occidentali parla di oppressi e oppressori, di giustizia globale e di solidarietà internazionale, sembra dimenticare che tra le vittime del 7 ottobre c’erano persone che incarnano proprio quelle categorie: neri africani, studenti del Sud del mondo, donne migranti, lavoratori poveri. Eppure, queste vite sono scomparse dal racconto pubblico. «L’intersezionalità funziona solo quando le vittime servono alla narrazione», osserva amaramente Cohen.
La realtà, conferma Human Rights Watch, è che il 7 ottobre è stato «un attacco sistematico contro civili». Joshua, Clemence, Bipin, Grace, Awad, Naama e tutti gli altri non sono morti per errore, non sono “danni collaterali”, non sono simboli da usare a piacimento. Sono persone a cui è stato strappato il futuro. Raccontare i loro nomi è il minimo che possiamo fare. Perché – come conclude Cohen – «se non siete indignati, siete complici».
Ex ostaggi di Hamas danno una testimonianza agghiacciante alle Nazioni Unite
di Nina Prenda
I due coniugi, tenuti prigionieri da Hamas, sono comparsi davanti al Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti (UNCAT) a Ginevra mercoledì 12 novembre 2025, fornendo testimonianze strazianti sull’umiliazione, la violenza e gli abusi sessuali che loro e altri ostaggi hanno subito in cattività.
Gal Gadot vince il Genesis Prize 2026: donerà 1 milione di dollari per aiutare gli israeliani a guarire
di Nina Prenda
L’attrice donerà il suo premio da 1 milione di dollari alle organizzazioni che aiuteranno gli israeliani a guarire, ricostruire e recuperarsi dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023.
Addio ad Ada Feinberg-Sireni, testimone della nascita d’Israele
di Pietro Baragiola
La sua storia, che parte da Roma e attraversa la guerra d’indipendenza, i kibbutz di confine e la politica, riassume quasi un secolo di storia israeliana. Figura schiva ma determinata, Feinberg-Sireni ha rappresentato per molti la generazione che ha trasformato un ideale collettivo in una realtà concreta, fatta di vita quotidiana e partecipazione civile.
La risposta digitale all’odio online: TalkIsrael educa i creator a raccontare il vero volto di Israele
di Pietro Baragiola
L’obiettivo della nuova piattaforma online formare giovani creator ebrei, israeliani e non, per condividere storie personali legate al vero volto di Israel. A partire dal 7 ottobre 2023, il sito di TalkIsrael afferma di aver facilitato oltre 500 collaborazioni, generando miliardi di visualizzazioni tra TikTok, Instagram YouTube e X. Fra i partecipanti, l’arabo israeliano da milioni di follower Nas Daily e l’influencer Montana Tucker.
A 60 anni da Nostra Aetate, Papa Leone: “Documento molto importante oggi” nel rapporto tra cristiani ed ebrei
di Nina Prenda
Papa Leone XIV martedì 28 ottobre 2025 ha celebrato il 60° anniversario del documento vaticano che ha rivoluzionato le relazioni della Chiesa cattolica con gli ebrei, riaffermando l’impegno per il dialogo in un momento di crescente antisemitismo a seguito della guerra Israele-Hamas a Gaza.
L’ultimo combattente del ghetto di Varsavia muore a 99 anni
di Nina Prenda
Smuss e suo padre si trasferirono a Varsavia, dove vissero nel ghetto di Varsavia dal 1940 fino alla rivolta del 1943. Sopportarono la fame e la malattia costanti, sopravvivendo grazie al loro lavoro in una fabbrica di riparazione di attrezzature militari per l’esercito tedesco.
Come aggirare i boicottaggi dei paesi islamici: il caso dell’azienda israeliana IDE Technologies
di Nathan Greppi
Secondo un’inchiesta del giornale economico Calcalist, l’azienda che si occupa di desalinizzazione dell’acqua, ha lavorato nell’ultimo decennio aggirando il boicottaggio delle compagnie israeliane da parte di paesi arabi e musulmani come Arabia Saudita, Pakistan e Kuwait, con cui Israele non ha relazioni diplomatiche ufficiali, operando tramite una “società di facciata” con sede in Svizzera.
Maoz Inon: dal lutto del 7 ottobre a una missione di pace entro il 2030
di Anna Balestrieri
Nel 2005, molto prima del conflitto che avrebbe cambiato la sua vita, Inon aveva fondato a Nazareth il Fauzi Azar Inn, una guesthouse aperta in un’antica casa araba. Dopo avere perso i suoi genitori il 7 ottobre, fa un sogno in cui vede un cammino di pace: crea quindi InterAct, insieme all’attivista palestinese Aziz Abu Sarah, con l’obiettivo di costruire fiducia e creare spazi condivisi. E arrivare finalmente alla pace.














