di Roberto Zadik
L’acclamato e controverso regista ebreo francese di origini polacco-russe Roman Polanski ha rivissuto – il 15 ottobre – il suo difficile passato, omaggiando i coniugi Buchala che lo salvarono dalle deportazioni. Nato il 18 agosto 1933 a Parigi e fuggito tre anni dopo a Cracovia, città natale del padre, per sfuggire all’antisemitismo francese dell’epoca, il cineasta è di recente tornato in Polonia dalla capitale francese dove risiede da diversi anni, per rendere omaggio alla coppia che l’ha protetto dalle truppe naziste, insignita per questo dal Museo dello Yad Vashem del riconoscimento di Giusti fra le nazioni (che purtroppo arrivò postumo, visto che i due coniugi morirono nel 1953).
Incontrando il nipote dei Buchala, Stanislaw, in una cerimonia organizzata dal Museo della Shoah, presso il centro della Memoria ebraica della città di Gliwice egli ha ricordato Stefania Buchala come “una persona religiosa e di animo estremamente nobile” che ha mostrato grande coraggio, nonostante le difficoltà economiche, nel proteggere la vita del piccolo Roman insieme a quella dei propri figli Marcin e Jadwiga.
Presenti all’iniziativa il nipote della coppia che è stato premiato con una medaglia e l’onorificenza riguardo ai meriti dei suoi nonni, dall’ambasciatore israeliano, Tal Ben Ari Yaalon. Un evento importante che, a causa delle misure anti-Covid, si è però svolto in maniera contenuta e rispettando le norme di distanziamento sociale.
Ricostruendo la sua esperienza con i coniugi Buchala, Polanski ha rievocato che aveva 9 anni nel 1942 e i suoi genitori lo spinsero a scappare dal Ghetto di Cracovia, ormai invaso dalle truppe naziste, per mettersi in salvo presso la famiglia Buchala, che conoscevano da tempo. Questi lo accolsero a casa loro nel piccolo villaggio di Wysoka, nel sud della Polonia. Poco dopo i nazisti identificarono e catturarono i suoi genitori. La madre di Polanski, Bula Katz, di famiglia ebraica russa convertitasi al cattolicesimo morì ad Auschwitz mentre suo padre, internato a Mauthausen, sopravvisse a quegli orrori riuscendo a rivedere Roman dopo la fine della Guerra.
Una storia toccante, in una vita tempestosa in cui Polanski alternò successi cinematografici, affermandosi come cineasta versatile e talentuoso, passando dalla commedia con Per favore non mordermi sul collo, all’horror con Rosemary’s Baby, al film poliziesco con Chinatown; a drammi personali, dalla morte della sua prima moglie Sharon Tate massacrata da Charles Manson, alle accuse di molestie che dal 1977 ancora oggi gli impediscono di lasciare Parigi, tranne che in poche occasioni, come questo viaggio in Polonia.
(Foto: Georges Biard, da Wikicommons)