La vice-sindaco di Gerusalemme Fleur Hassn Nahoum

Fleur Hassan-Nahoum (Vicesindaco di Gerusalemme): “Dagli Accordi di Abramo nuove opportunità di sviluppo per la città”

Personaggi e Storie

di Francesco Paolo La Bionda
Fleur Hassan-Nahoum riveste due cariche di grande importanza per Israele. Dal 2018 è Vicesindaco di Gerusalemme, con delega agli affari esteri, allo sviluppo economico internazionale e al turismo. Nel 2020 è stata inoltre la co-fondatrice dell’UAE-Israel Business Council (UIBC), associazione per lo sviluppo delle relazioni tra lo stato ebraico e gli Emirati Arabi Uniti degli Accordi di Abramo, e della sua diramazione dedicata all’universo femminile, il Gulf-Israel Women’s Forum.

In vista del primo anniversario dello storico avvenimento, l’abbiamo intervistata per scoprire lo sviluppo e le prospettive delle relazioni israelo-emiratine e le loro ricadute per la città che amministra.

A quasi un anno dalla firma degli Accordi di Abramo, quali sono stati gli sviluppi generati dalla normalizzazione delle relazioni con i paesi firmatari in Israele?

Parto da una premessa: ciò che gli Accordi di Abramo hanno permesso di realizzare, in primo luogo, è stato un riallineamento del Medio Oriente tra paesi che vogliono la pace e la prosperità e paesi che invece hanno altri obiettivi. Bisogna poi tenere conto che, a causa della pandemia, non abbiamo vissuto un anno normale e che Israele è ancora chiuso di fatto verso l’esterno. 

Gli Accordi hanno comunque creato una pace “calda” Israele e i paesi del Golfo firmatari, che ha permesso lo sviluppo di relazioni amichevoli e di partnership economiche. Oggi gli Emirati sono un paese di grande importanza per noi, non tanto per le dimensioni del mercato quanto perché Dubai è un hub infrastrutturale da cui guardare verso l’Asia Orientale e l’Africa. Offre quindi una nuova prospettiva a Israele, che tradizionalmente ha guardato più a Occidente anche se lavoriamo già con la Cina da un po’ di tempo. 

A nostra volta siamo una terra d’innovazione, ci occupiamo ad esempio di sicurezza alimentare e idrica già da molto prima che loro iniziassero anche solo a pensare al valore strategico di questi temi. Credo quindi che nel complesso di tratti di un’ottima accoppiata di competenze e di necessità complementari.

Alla fine dello scorso anno il valore degli scambi bilaterali con gli Emirati si è attestato su 1 miliardo di dollari, nonostante il coronavirus, ma nella prospettiva di lungo termine questo valore è destinato ad aumentare significativamente, soprattutto grazie allo sviluppo delle relazioni economiche anche con gli altri paesi.

Per quanto riguarda Gerusalemme, nello specifico, quali sono le prospettive future generate dagli Accordi? 

Vedo due principali direzioni strategiche per la città. La prima è utilizzare Gerusalemme Est come un centro di sviluppo e ricerca per l’intero Medio Oriente, perché il 40% dei residenti parla arabo e vedo una connessione molto naturale tra l’attitudine all’innovazione degli israeliani, la presenza della popolazione araba e la partecipazione degli altri paesi della regione. 

L’altro vantaggio, che spero potrà concretizzarsi in tempi anche più brevi, è quello di una nuova era di turismo musulmano che visiterà Gerusalemme per pregare nella moschea di Al-Aqsa, che è un luogo in cui ogni musulmano vuole recarsi in visita religiosa. Mi sto quindi impegnando per sviluppare le infrastrutture per accogliere questi nuovi pellegrini. E anche in questo caso ritengo che la popolazione araba di Gerusalemme potrà beneficiare significativamente di questo sviluppo.

Proprio la moschea di Al-Aqsa è stata recentemente al centro di violenti scontri. In che modo hanno impattato i rapporti con gli Emirati? I paesi firmatari possono aiutare a risolvere il conflitto?

Per noi è stata la prima grande messa alla prova degli Accordi di Abramo, c’era l’incognita se l’intesa avrebbe potuto reggere a un conflitto vero e proprio con i palestinesi. La buona notizia è che è successo. Non sto dicendo che non ci siano stati problemi, che non avessero preoccupazioni o domande anche difficili. Con il UIBC abbiamo organizzato una videoconferenza su Zoom dove i partecipanti emiratini hanno potuto porre tutte le domande che hanno voluto. Ma il coraggioso passo che hanno compiuto firmando un anno fa non sarà cancellato. In generale, si è dimostrato che i rapporti tra i nostri due paesi sono reali, autentici e di lunga durata.

Riguardo al Gulf-Israel Women’s Forum, come si stanno sviluppando le attività?

Quando abbiamo fondato l’UIBC, ci siamo resi conto che era necessario anche creare un’associazione collegata per le donne, che ritengo siano delle mediatrici naturali. Raduniamo le figure femminili leader in diversi ambiti, dal business alla cultura alla politica, e abbiamo tenuto numerosi incontri, anche in presenza quando si è potuto. Negli ultimi mesi hanno partecipato anche donne egiziane e di altri paesi che non sono firmatari degli Accordi. Sono quindi felice di poter dire che il Forum sta lavorando molto bene.

In ambito culturale, state registrando interesse da parte araba verso la cultura ebraica? 

Assolutamente, il primo evento che abbiamo organizzato in persona negli Emirati è stata una partnership tra il loro Crossroads of Civilizations Museum e il nostro Jerusalem’s Heritage Center for Middle East and North Africa Jewry. Ciò che ci unisce è una storia comune e, potenzialmente, un futuro comune. Stiamo lavorando a tanti nuovi eventi, da una mostra d’arte ebraica a Dubai, al padiglione israeliano per l’Expo, sempre nella città emiratina. Ci sono stati anche eventi sportivi, con tanto di trasferte, partnership tra fondi per la tutela dell’ambiente e molto altro.  

Tornando alla pandemia, qual è la situazione attualmente in Israele e a Gerusalemme? 

Il coronavirus ha unito tutti gli israeliani nella lotta alla pandemia, dal volontariato alle campagne di vaccinazione. Qui a Gerusalemme le campagne per l’immunizzazione hanno funzionato molto bene e il numero di casi è più basso che nel resto del paese e prego perché continuino a essere bassi.

Quando tutto sarà finito, quali piani avete per lo sviluppo urbano?

Lavoriamo già in una prospettiva di crescita. Stiamo costruendo un nuovo centro finanziario nel cuore della città e abbiamo in cantiere altri diversi progetti edilizi sia residenziali sia industriali e commerciali. 

Lei è del Likud, che in questo momento si trova all’opposizione a livello nazionale. Come sono i rapporti col nuovo governo?

Interagisco quotidianamente con diversi ministeri, da quello per gli Affari Esteri a quello dell’Economia, e al loro interno molte figure sono rimaste a prescindere dal cambio della guardia. Comunque quasi tutti i Ministri, a prescindere dalla loro appartenenza politica, comprendono cosa significhi amministrare Gerusalemme e quanto sia importante e intrattengono quindi buoni rapporti con noi. 

Quali sono, dal suo punto di vista, le peculiarità dell’amministrare una città unica come Gerusalemme, capitale nazionale e città santa di tre grandi religioni?

È molto sfidante sicuramente, ma allo stesso tempo dona grandi soddisfazioni, perché ciò che si riesce a risolvere a Gerusalemme si può risolvere ovunque. È molto complesso mantenere l’equilibrio tra le diverse componenti etniche e religiose, comprese quelle interne al mondo ebraico, ma la nostra forza è proprio la nostra diversità, e quando le persone riescono a vederne gli aspetti positivi sono in grado di aprire una nuova prospettiva.

Vuole aggiungere qualcosa per i nostri lettori?

Auguro alla comunità milanese e alla comunità italiana salute e che non possano non ripetersi gli scenari drammatici che si sono verificati con la pandemia, e attendiamo con ansia di potervi accogliere nuovamente qui a Gerusalemme quando il coronavirus sarà sconfitto.