Drew Weissman e Katalin Karikó vincono il premio Nobel per la medicina grazie ai vaccini contro il Covid

di Pietro Baragiola
Lunedì 2 ottobre lo scienziato ebreo americano Drew Weissman, inventore della tecnologia che ha reso possibile i vaccini mRNA (RNA messaggero) contro il Covid-19, ha vinto il premio Nobel per la medicina insieme alla sua collaboratrice ungherese Katalin Karikó.

Diversamente dai sistemi tradizionali che utilizzano una componente chiave della proteina del virus o una sua forma indebolita, i vaccini a base di mRNA forniscono al nostro corpo le molecole che indicano quali proteine produrre per simulare l’infezione, addestrando così il sistema immunitario ad affrontarla.

Questa scoperta è stata introdotta da Drew Weissman e Katalin Karikó che, dopo il loro incontro all’Università della Pennsylvania, hanno collaborato per oltre vent’anni in modo da sviluppare in maniera efficace la tecnica che recentemente è stata utilizzata per contrastare la crisi pandemica, in cui persero la vita quasi 7 milioni di persone.

“Grazie al loro contributo innumerevoli vite sono state salvate e il mondo ha iniziato a riaprirsi” ha dichiarato la giuria dei premi Nobel 2023. “La loro scoperta ha garantito ai vaccini di avere un ritmo di sviluppo senza precedenti durante una delle più grandi minacce dei tempi moderni.”

La scoperta di Weissman e Karikó

Nata in Ungheria nel 1955, Katalin Karikó è stata da sempre affascinata dall’mRNA e dalle sue potenzialità nel combattere le più diffuse patologie ed infezioni. Dopo i primi studi al centro di ricerche biologiche dell’Accademia delle Scienze di Budapest, nel 1985 Karikó si trasferì negli Stati Uniti, scappando con la sua famiglia oltre la cortina di ferro per inseguire un dottorato all’Università della Pennsylvania,

Nonostante i suoi numerosi sforzi, però, nessuno credeva ancora nel valore della sua ricerca e, senza finanziamenti, la studiosa fu più volte sul punto di rinunciare. Tutto cambiò nel 1998 quando, in fila davanti ad una delle fotocopiatrici dell’università, Karikó incontrò lo scienziato Drew Weissman.

Figlio di padre ebreo e madre cattolica, Weissman era stato cresciuto celebrando i riti e le festività ebraiche. Le sue ricerche in campo medico lo avevano presto portato a lavorare per l’Istituto Nazionale della Sanità Americana che, sul finire degli anni ’90, stava studiando un vaccino per contrastare l’HIV. Dopo il suo incontro con Karikó, lo scienziato capì subito che l’mRNA poteva essere la risposta che anche lui stava cercando e perciò decise di aiutare la ricercatrice a rendere questa molecola più stabile in modo da essere controllata ed utilizzata in maniera efficiente.

Attraverso questa collaborazione, verso la metà degli anni 2000, i due studiosi riuscirono a controllare le risposte infiammatorie presenti in molti soggetti animali, aprendo così la strada allo sviluppo di vaccini sicuri per l’uomo.

Il vero banco di prova di questi vaccini si manifestò però solo nel 2020 con lo scoppio della pandemia del Covid-19. Per contrastare il diffondersi di questa patologia, seguendo le scoperte di Weissman e Karikó, vennero somministrate iniezioni contenenti una sequenza di RNA corrispondente ad una parte specifica del virus: la proteina spike. Così facendo l’RNA entra nelle nostre cellule, fornendo loro istruzioni per ricreare questa proteina che il sistema immunitario impara a riconoscere e contrastare con anticorpi specifici, preparandosi per quando dovrà affrontare il virus reale.

Secondo l’EMA (European Medicines Agency), i vaccini contro il Covid-19 hanno salvato circa 20 milioni di persone in tutto il mondo ma il Dottor Paul Hunter dell’Università dell’East Anglia ha definito la tipologia a base di mRNA di gran lunga superiore a tutte le altre. “I nuovi vaccini hanno una tecnica di produzione molto più rapida e senza di loro probabilmente saremmo usciti solo ora dalla pandemia” ha dichiarato Hunter.

Il Dottor Bharat Pankhania, esperto di malattie infettive presso l’Università di Exeter, ha voluto però precisare che la tecnologia di Weissman e Karikó non è da limitarsi solo al Covid-19, bensì può essere utilizzata per perfezionare i vaccini contro l’ebola o la malaria e per creare iniezioni che immunizzino contro diversi tipi di cancro come il melanoma o malattie autoimmuni come il lupus. “Questa tecnica è molto più mirata delle precedenti e potrebbe rivoluzionare il modo in cui gestiamo non solo le epidemie, ma anche le malattie non trasmissibili” ha spiegato Pankhania.

Sin dalle sue origini il lavoro di Weissman e Karikó influenzò quello di molti altri. Uno studio che pubblicarono nel 2005 sugli effetti collaterali dell’mRNA ispirò il biologo canadese Derrick Rossi a lavorare su questa molecola fino ad ottenere i fondi sufficienti per aprire la sua azienda: Moderna.

Oggi Weissman ha 64 anni e insegna ricerca nel campo dei vaccini presso l’Università della Pennsylvania mentre Karikó, che a 68 anni mantiene ancora una cattedra in quell’ateneo, è professoressa dell’università ungherese di Szeged oltre a lavorare come consulente dell’azienda farmaceutica tedesca BioNTech di cui per quasi un decennio è stata vicepresidente. Grazie alla sua guida, BioNTech in collaborazione con il colosso Pfizer, ha somministrato 1,5 miliardi di dosi di vaccini a mRNA in tutto il mondo.

Il premio Nobel

La prima cerimonia dei premi Nobel avvenne nel 1901 per volontà del chimico e ingegnere svedese Alfred Nobel che nel 1867 brevettò la dinamite.

Quando alla morte di suo fratello, nel 1888, un quotidiano francese pubblicò per errore il necrologio di Alfred con scritto “Il mercante di morte è morto”, queste parole scossero a tal punto l’inventore svedese che decise di contribuire in maniera più significativa alla società istituendo un premio destinato a coloro che offrono i più grandi benefici dell’umanità.

Purtroppo Alfred morì nel 1896 e non riuscì mai ad assistere all’inizio di questa prestigiosa tradizione che tutt’ora si tiene ogni anno durante l’anniversario della sua morte, il 10 dicembre.

Il Nobel viene concesso a sei categorie principali le cui cerimonie si tengono in due città diverse: i vincitori del premio per la letteratura, chimica, economia, fisica e medicina vengono celebrati a Stoccolma, mentre il premio per la pace viene consegnato ad Oslo.

Oltre al trofeo, il riconoscimento prevede la consegna di 11 milioni di corone svedesi (1 milione di dollari) da dividere tra tutti i vincitori della stessa categoria. Quest’anno il premio è stato aumentato di 1 milione di corone a causa del crollo della valuta svedese.

Tra il 1901 e il 2022 la cerimonia ha visto la premiazione di oltre 900 individui e organizzazioni e circa il 22% dei vincitori sono ebrei, molti anche sopravvissuti all’Olocausto.

Tra di loro troviamo: la poetessa Nelly Sachs che dopo essere fuggita in Svezia nel 1940 vinse il premio per la letteratura nel 1966; Elie Wiesel, sopravvissuto ai campi di Auschwitz e Buchenwald e diventato un celebre attivista per i diritti umani vincendo il premio per la pace nel 1986; Il chimico viennese Walter Kohn che, portato in Inghilterra su un Kindertransport nel 1938, vinse il premio per la chimica nel 1998.

La rivista Times Higher Education ha indagato ulteriormente sul numero di premi assegnati alla popolazione ebraica, fino ad effettuare un censimento che, nell’agosto del 2015, posizionò Israele come la quinta migliore città del secolo in base al numero di Nobel vinti dai suoi cittadini.

Quest’anno Drew Weissman si è inserito nella categoria di ebrei premiati e persino Katalin Karikó ha segnato un importante traguardo, diventando la 13esima donna a vincere il Nobel per la medicina.

“Attraverso le loro scoperte rivoluzionarie Weissman e Karikó hanno cambiato radicalmente la nostra comprensione di come l’mRNA interagisce con il sistema immunitario e questo, in termini di salvataggio di vite umane, è stato molto importante” ha affermato Gunilla Karlsson Hedestam, una dei 50 giurati, membri del prestigioso istituto medico Karolinska di Stoccolma.

L’anno scorso il premio per la medicina è stato vinto da Svante Paabo (figlio di un altro vincitore del Nobel) che ha svelato i segreti dell’evoluzione umana attraverso lo studio del DNA dei Neanderthal, arrivando a fornire indicazioni fondamentali sul nostro sistema immunitario e spianando così la strada per la ricerca di Weissman e Karikó.

Dopo la premiazione, Karikó pensò immediatamente a sua madre, venuta a mancare 5 anni fa. “Da dieci anni, quando non avevo nemmeno una cattedra, mi diceva: ‘può darsi che il tuo nome venga pronunciato, e io sarò lì ad ascoltarlo’. Può darsi che oggi lei mi stia ascoltando dal cielo” conclude la scienziata, commossa.