“Buongiorno dottore, mi fa male qui”. Un racconto

di Ghila Piattelli*
In memoria del Cap. Daniel Perez z”l , 22 anni, caduto in battaglia il 7/10/23. Il suo corpo è ancora tenuto in ostaggio da Hamas.

 

Buongiorno.

Buongiorno dottore.

Mi dica, come la posso aiutare?

Mi fa male qui.

All’altezza dello sterno?

Sì, ma un po’ più a sinistra.

È un dolore fisso o intermittente?

Mi fa sempre male.

Capisco.

Però ci sono dei momenti della giornata in cui fa più male.

E dei momenti in cui il dolore fa solo da sfondo, c’è, ma è meno presente. A volte per qualche minuto riesco addirittura a dimenticarmene. Ma poi si risveglia e fa ancora più male.

Quando per esempio?

Quando è il mio turno, e accompagno mio figlio e due dei suoi amici a calcetto. Li sento ridacchiare sui sedili posteriori, e penso che gli abbiamo mentito quando gli abbiamo detto che il giorno in cui… loro non saranno costretti a … come abbiamo fatto noi… invece adesso sappiamo che anche loro dovranno.

Capisco. E poi?

E poi quando vedo i volti e sento i nomi… delle ragazze soprattutto.

Ok…ci sono altre occasioni in cui il dolore si acutizza?

Sì, la mattina quando accendo il telefono e leggo che l’esercito ha reso noto un altro nome. Quando mi imbatto nelle storie delle famiglie sono state cancellate, le famiglie con i bambini, oppure quando penso ai ragazzi della festa. E poi…

E poi…

Quando sento delle parole specifiche. Anche usate in altri contesti…

Come ad esempio?

Bruciare, rapire, legare, abusare.

Abbandonare, dimenticare.

Capisco. Vede signora, il suo è un caso classico, sa quanti pazienti ho come lei?

Questo non mi consola, dottore.

Dovrebbe, invece. Lei ha una ferita aperta, in parte si rimarginerà, ma resterà lì per il resto della sua vita, proprio lì all’altezza dello sterno, ma un po’ più a sinistra. A volte sanguinerà e le farà più male, a volte il dolore le darà pace. Dipende da lei.

Da me?

Sì, ci sono delle cose che può fare per alleviare il dolore. Guardi le scrivo il numero di Moshe, a pochi chilometri da qui ha delle piantagioni di agrumi. È rimasto senza operai, gli agrumi vanno assolutamente raccolti. Una volta alla settimana per sei mesi può bastare.

Va bene.

Secondo, le scrivo il numero di Leora, è la coordinatrice della casa dei soldati senza famiglia. C’è sempre qualcosa da fare lì, piegare i bucati, cucinare. Una volta a settimana per un anno, basterà. Anche perché suppongo che lei abbia un lavoro. Di che cosa si occupa?

Sono ingegnere edile.

Bene. Per quanto riguarda suo figlio…lo guardi negli occhi, e gli dica che, quando sarà grande, quando finirà la scuola lui e i suoi amici non dovranno… mi capisce? Gli dica pure che non ce ne sarà bisogno.

Ma così gli sto mentendo.

È un ottimo rimedio per alleviare il dolore della ferita. Ossigena.

Capisco.

Un’ultima cosa. Quest’anno nel giorno del ricordo dei soldati caduti… durante la sirena… non abbassi il capo. È pericolosissimo per la ferita, non favorisce il rinnovamento dei tessuti, e ne impedisce la guarigione.

Quindi…

Alzi la testa e guardi il cielo. In quei due lunghissimi minuti, faccia dei respiri profondi a testa alta, farà bene alla ferita, a lei, farà bene anche a loro…sa, anche io lo farò.

Perché dottore anche lei?

Sì, anch’io.

E dove?

Proprio qui, all’altezza dello sterno, ma un po’ più a sinistra.

 

*Ghila Piattelli è nata a Roma. Vive in Israele dal 1992, dove lavora come insegnante. Nel 2020 ha pubblicato Resta ancora un po’, il suo romanzo di esordio, e nel 2022 è uscito Innamorato di una dossa, un libro per ragazzi. 

 

In copertina: illustrazione di Noa Kelner, concessa gratuitamente come contributo al momento drammatico che Israele sta attraversando.